1. IRAN AL VOTO, PEZESHKIAN E JALILI IN TESTA
(ANSA) - Gli ultimi risultati dello spoglio dei voti delle elezioni presidenziali tenute ieri in Iran vedono in testa il riformista Massoud Pezeshkian e il fondamentalista Saeed Jalili, rispettivamente con 5.354.000 e 4.875.269 voti: lo ha reso noto questa mattina il portavoce del Comando elettorale statale, Mohsen Eslami, citato dall'Irna. Secondo l'agenzia di stampa Tasnim, vicina alle Guardie Rivoluzionarie, finora il 40% degli aventi diritto al voto ha partecipato alle elezioni, con Pezeshkian che ha ottenuto il 42,6% e Jalili il 38,8% dei voti.
Gli altri due candidati in corsa, Mohammad Baqer Qalibaf e e Mostafa Pourmohammadi, hanno ottenuto rispettivamente 1.620.628 e 95.172 voti. L'agenzia Tasnim ha aggiunto che nessuno dei candidati otterrà il 50% dei voti, il che porterà molto probabilmente a un ballottaggio venerdì 5 luglio tra Pezeshkian e Jalili. I dati ufficiali sono attesi oggi dal Ministero degli Interni.
2. IL VOTO PER SALVARE GLI AYATOLLAH L’IRAN E IL MISTERO DELL’AFFLUENZA
Estratto dell’articolo di Andrea Nicastro per il "Corriere della Sera"
ali khamenei vota alle elezioni
Astenersi o legittimare il regime? Ribellarsi restando a casa o mettere un granello di moderazione negli ingranaggi del potere? Nel 2021 aveva scelto il presidente solo il 48,8% degli iraniani. Quest’anno appena il 41% aveva votato per il Parlamento. Ieri le stime di affluenza alle 17 dicevano 30%, ma c’era ancora fino a mezzanotte per scrivere un nome sulla scheda. […]
La schizofrenia ha dominato la giornata. Le tv di Stato mostravano code di elettori con la carta d’identità in mano. Sui social all’estero scorrevano invece i video di un Iran opposto: seggi deserti e scrutinatori annoiati a bere té. […] Il Paese è già in guerra con Israele attraverso le sue milizie estere e, soprattutto, ormai è a un passo dalla bomba atomica. Tanta ambizione costa cara: lo sforzo per finanziare Houti e Hezbollah più il peso delle sanzioni occidentali hanno portato l’inflazione al 53%. La classe media si è impoverita.
Le proteste del movimento Donne, Vita, Libertà hanno scatenato ancora più repressione. E allora? Meglio ignorare un sistema che non si riesce ad abbattere o mandare al governo qualcuno di meno peggio? Alcuni sondaggi vedevano in testa Masoud Pezeshkian, l’unico candidato «riformista». I cambiamenti che ha in mente questo cardiochirurgo non contemplano di intaccare il sistema clerico-militarista al potere. In pratica Pezeshkian è il miraggio di un’amministrazione quotidiana meno severa e più onesta rispetto a quella degli ultimi tre anni.
Altri sondaggi davano per vittorioso Saeed Jalili il più intransigente dei conservatori in lizza, pronto allo scontro con Israele e Stati Uniti. Seguono il generale (dei Pasdaran) Qalibaf e il turbante Mostafa Pourmohammadi. Chi ha votato ieri l’ha fatto pensando non solo a loro, ma anche al «Grande Satana» americano e al possibile ritorno di Trump. Ci vorrà un iraniano con la testa fredda per confrontarsi con lui. Il riformista Pezeshkian e il pragmatico Qalibaf sono per migliorare i rapporti con l’Occidente. Le altre promesse elettorali sono state comunque compatibili con lo status quo: meno corruzione, più aiuto ai poveri, migliore gestione dell’economia, meno o più severità verso il velo.
[…] In due settimane di campagna elettorale, tutti hanno criticato «come vanno oggi le cose», ma contemporaneamente hanno reso omaggio allo scomparso presidente Raisi e soprattutto a colui da cui tutto dipende: la Guida Suprema Ali Khamenei. Quindi? Se le cose vanno male e non si può cambiare chi comanda davvero, a cosa serve il presidente in Iran?
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