LA GERMANIA E’ LA QUINTA COLONNA CINESE IN EUROPA - LA DIFFUSIONE DEL CONTAGIO COVID IN CINA NON LASCIA SPAZIO A INTERPRETAZIONI: L’EUROPA DOVREBBE ADOTTARE MISURE DRASTICHE - MA L’INCONTRO, AI PRIMI DI NOVEMBRE, TRA IL CANCELLIERE TEDESCO SCHOLZ E IL LEADER CINESE XI JINPING ALIMENTA QUALCHE SOSPETTO SULLA LINEA CHE IL PAESE PIÙ GRANDE D'EUROPA INTENDA TENERE RISPETTO AI POTENZIALI PERICOLI PROVENIENTI DA PECHINO - SI FANNO I CONTI CON I BILANCI NAZIONALI E CON GLI SCAMBI COMMERCIALI PIÙ CHE CON LA SALUTE PUBBLICA…

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Claudio Tito per “la Repubblica”

 

OLAF SCHOLZ XI JINPING OLAF SCHOLZ XI JINPING

L'Unione europea impara dagli errori che ha commesso? L'interrogativo appare in questi giorni più che legittimo. E si concentra su un'emergenza che rischia di ripresentarsi: la pandemia Covid. Quasi tre anni fa i 27 si rivelarono impreparati e incerti su come affrontare l'ondata di contagi che veniva dalla Cina. Una indecisione che costò parecchio in termini di vite umane - in primo luogo - e anche di risorse economiche. In un primo momento l'Unione decise di non decidere. Sottovalutando quel che stava accadendo.

 

Il pericolo maggiore, adesso, è che si ripeta la medesima situazione. La reazione offerta nelle ultime 48 ore dagli uffici di Bruxelles, infatti, sembra perlomeno lenta. Giovedì scorso la Commissione Ue ha convocato il Comitato per la sicurezza sanitaria. Risultato? «Sorveglianza attiva». Ossia niente. E ieri è stata la commissaria alla Salute, la cipriota Stella Kyriakides, a confermare che l'Ue non intende muoversi per ora. «Invito a rimanere molto vigili - scrive in una lettera ai governi nazionali - poiché i dati epidemiologici o i test affidabili per la Cina sono piuttosto scarsi».

XI JINPING OLAF SCHOLZ XI JINPING OLAF SCHOLZ

 

E allora sorveglianza genomica, sorveglianza sulle acque reflue, sorveglianza su eventuali nuove varianti e campagna di informazioni per gli europei che vanno o tornano dalla Cina. Una sorta di nuovo attendismo.

 

Irresponsabile. Eppure la situazione comunicata dalle autorità cinesi - almeno stavolta - non lascia spazio a interpretazioni. Ma, forse, come tre anni fa l'Ue ha ricominciato a fare i conti con i bilanci nazionali e con gli scambi commerciali più che con la salute pubblica. Anche il recente incontro, ai primi di novembre, del Cancelliere tedesco Scholz con il leader cinese Xi fa destare qualche sospetto sulla linea che il paese più grande d'Europa intenda tenere in questo momento rispetto ai potenziali pericoli provenienti da Pechino.

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Evidentemente una prudenza in più viene considerata di troppo. Il desiderio umano di gettarsi alle spalle una fase difficile non può però essere confuso con il tentativo di mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. «Il Comitato per la sicurezza sanitaria dell'Ue - scrive ancora Kyriakides riferendosi alla richiesta di effettuare tamponi per chi arriva dalla Cina - ha dimostrato che esiste un ampio consenso sul fatto che i Paesi membri debbano agire in modo coordinato».

 

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Ma in questo caso dov' è il «coordinamento»? Come è possibile che si possa pensare di riconvocare il Comitato «nelle prossime settimane »? Come se il tempo fosse una variabile irrilevante in queste circostanze. Tutto questo non riguarda solo gli uffici di Bruxelles. Ma anche i singoli stati nazionali. E il governo italiano non se la può cavare con una linea di drammatica incoerenza: tamponi per i viaggiatori dall'estremo Oriente e poi liberi tutti in patria su vaccini e controlli. Un colpo alla botte di Pechino e uno al cerchio No Vax e No Green Pass che evidentemente tanti voti ha dato alla destra italiana nelle ultime elezioni di settembre.

 

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