1. AMATO E BASSANINI CONTRO IL PREMIERATO: “COSÌ IL GOVERNO AVREBBE TROPPO POTERE”
Estratto dell’articolo di Alessandro Di Matteo per “La Stampa”
Il premierato non fa per l’Italia e, in realtà, non è adatto a nessun Paese al mondo, visto che dopo l’esperimento fallito in Israele nessun altro stato ha adottato questo modello. Il documento della Fondazione Astrid di Franco Bassanini e Giuliano Amato boccia senza appello la riforma costituzionale di Giorgia Meloni, ma suggerisce anche delle contro-proposte […]
Il “paper” è frutto del lavoro di un gruppo di costituzionalisti che collaborano con Astrid, oltre a Bassanini e Amato hanno partecipato al documento – tra gli altri – Enzo Cheli, Massimo Luciani, Andrea Manzella e Francesco Clementi. I giuristi di Astrid riconoscono che l’impianto istituzionale italiano ha bisogno di qualche ammodernamento perché «rispetto a quando la Costituzione italiana fu scritta molte cose sono cambiate».
Ma la risposta non è quella immaginata a palazzo Chigi: giusto intervenire per garantire più stabilità ai governi, ma è anche necessario ridare centralità a un Parlamento sempre più schiacciato dai voti di fiducia.
Nel “paper” si escludono i sistemi presidenziali e semi-presidenziali, ritenuti «poco adatti a un sistema politico molto frammentato e polarizzato come è oggi quello italiano». Peraltro, sottolineano, quei modelli prevedono una serie di contrappesi «a partire dalla elezione separata e autonoma dal Parlamento, al fine di evitare un’eccessiva concentrazione di poteri in capo all’esecutivo legittimato direttamente dal voto popolare».
L’elezione diretta del premier proposta da Meloni è peggio del presidenzialismo, spiegano: «Il progetto del governo non è né parlamentare né presidenziale, ma nasce da un assemblaggio di elementi tratti da modelli diversi, finendo per concentrare il massimo potere nelle mani del vertice del governo senza adeguati contrappesi».
Di fatto il premierato all’italiana «produrrebbe un forte indebolimento del ruolo di garanzia e di equilibrio finora assicurato dal presidente della Repubblica» e renderebbe «squilibrato il rapporto tra il capo del governo e il Parlamento».
Per rafforzare la stabilità del governo, […] meglio guardare agli altri Paesi europei, in particolare alla Germania: i costituzionalisti propongono sfiducia costruttiva (si può far cadere un premier solo indicando già un successore), fiducia al solo presidente del consiglio, che resterebbe nominato dal capo dello Stato, sia pure in base ai risultati elettorali, potere di proporre e revocare i ministri affidato al capo del governo.
Un sistema che andrebbe accompagnato da sistema elettorale «proporzionale selettivo», cioè con soglia di sbarramento adeguata o con «una ripartizione dei seggi in circoscrizioni relativamente piccole, […]» e con un «indispensabile» superamento delle liste bloccate, attraverso le «preferenze, con alcune cautele», o con collegi uninominali. Il ruolo del Parlamento, poi, andrebbe tutelato attraverso «limiti alla decretazione d’urgenza».
Infine, i partiti, […] per i quali va immaginato un «nuovo sistema di finanziamento attraverso […]». Infine, i costituzionalisti suggeriscono «un’adeguata disciplina dei nuovi mezzi di informazione» per «evitare fenomeni di manipolazione della libera formazione delle opinioni politiche».
2. LA RIFORMA PASTROCCHIO
Estratto dell’articolo di Michele Ainis per “la Repubblica”
Di ogni riforma possiamo valutare i fini oppure i mezzi, gli strumenti adottati per raggiungere lo scopo. E il vizio del premierato sta nella scelta dei secondi, anche ammesso che l’elezione diretta del presidente del Consiglio sia cosa santa e giusta.
Perché i mezzi si rivelano incoerenti rispetto al fine stesso di questa specifica riforma. Perché rischiano la mannaia della Consulta […]. E perché innescano una serie di contraddizioni. Almeno sei, ma forse anche di più.
Primo: il referendum. Palazzo Chigi auspica un accordo parlamentare abbastanza largo per scongiurarne la minaccia. Difficile, dato che servirebbe la maggioranza dei due terzi sia al Senato che alla Camera. Ma soprattutto illogico, insensato. Cioè: secondo quest’auspicio, con la riforma i cittadini guadagneranno il potere di decidere la scelta dei governi, ma non avranno il potere di decidere sulla riforma che li fa decidere. Una contraddizione politica e giuridica, anche perché non si possono cambiare le regole del gioco senza interpellare il pubblico pagante.
Secondo: l’investitura del presidente eletto. Deriva dal voto popolare, ma occorre altresì il voto di fiducia delle Camere. Insomma, una mezza elezione: per metà popolare, per metà parlamentare. […]
GIORGIA MELONI - MEME BY 50 SFUMATURE DI CATTIVERIA
Terzo: la legge elettorale. Stabilirà un premio di maggioranza che garantisca il 55 per cento dei seggi alla coalizione vincente. Così, giusto per dare i numeri. Numeri massimi, giacché di quelli minimi non si fa parola.
Tuttavia con quattro o cinque coalizioni in gara, può bastare il 30 per cento dei consensi per dominare il Parlamento. Smentendo di fatto il «principio di rappresentatività» che vincola la futura legge elettorale […]. E in ultimo ponendo la Carta costituzionale in contraddizione con […] i valori democratici che ne sorreggono tutta l’impalcatura. […]
Quarto: il popolo. Potente, ma in realtà impotente. Giacché in corso di legislatura al presidente eletto può subentrare un presidente non eletto, non votato dai cittadini nelle urne. Una mezza truffa, per una riforma che promette la scelta popolare del premier. […]
Quinto: il presidente non eletto. Fantasma che aleggia sulle sorti della legislatura, pronto però a materializzarsi con la statura d’un gigante. Perché quest’ultimo ha più poteri del presidente eletto: altra contraddizione. Può infatti minacciare lo scioglimento delle Camere per superare qualsiasi crisi politica, dato che la riforma vieta un terzo tentativo. Il presidente eletto, viceversa, non può farlo: in questo caso l’eletto è anche negletto.
Sesto: il presidente eletto. Il suo peso politico risulta indebolito, benché la riforma intenderebbe rafforzarlo. È infatti ostaggio dei piccoli partiti, se i loro seggi sono indispensabili per conservare la maggioranza in Parlamento. Giacché non è possibile sostituirli chiedendo soccorso a qualche frangia dell’opposizione […]: lo impedisce la norma “antiribaltoni”. Che ci consegna, in conclusione, un Premier incatenato, legato, ammanettato.
[…[ ci ostiniamo a fabbricare ibridi, creature imbastardite, succede perché abitiamo la terra del “quasismo”. Perciò inventiamo in ultimo un modello quasi presidenziale, quasi parlamentare. Diciamolo: è un pastrocchio, quasi.
TROPPO FORTE - MEME SU GIORGIA MELONI BY EMILIANO CARLI giorgia meloni al senato giorgia meloni alla camera 8 raffaele fitto giorgia meloni giorgia meloni alla camera 9 giorgia meloni alla camera 7 giorgia meloni alla camera 6 giorgia meloni alla camera 4 SERGIO MATTARELLA GIORGIA MELONI giorgia meloni alla camera 5 opinione degli italiani sul premierato sondaggio demos novembre 2023