Alessandra Rizzo per “La Stampa”
Dopo un anno record per numero di migranti che hanno attraversato il Canale della Manica, il Regno Unito di Boris Johnson si prepara a dare una stretta, e lo fa con una proposta che scatena polemiche prima ancora di essere annunciata: potrebbe deportare i migranti che facciano richiesta di asilo politico all'estero così da allontanarli dal territorio nazionale.
Le associazioni umanitarie insorgono, gli esperti di diritto prevedono una battaglia giudiziaria e le opposizioni parlano di idea «inumana». La ministra dell'Interno Priti Patel, falco del Partito Conservatore che ha da sempre una linea dura sull'immigrazione sebbene sia lei stessa figlia di immigrati, presenterà la settimana prossima un pacchetto di misure per una riforma del sistema post-Brexit.
Tra le proposte ci sarebbe quella di creare all'estero dei centri in cui far alloggiare i migranti mentre le loro richieste di asilo politico vengono esaminate. Secondo il Times, che insieme ad altri quotidiani inglesi ha dato la notizia, tra le possibili destinazioni ci sono Gibilterra, territorio britannico, e l'isola di Man, al largo delle coste britanniche, una dipendenza del Regno Unito. Peccato che entrambi i governi abbiamo immediatamente protestato.
Il Primo Ministro di Gibilterra, Fabian Picardo, ha fatto sapere di non avere avuto nessun colloquio con Londra, ma ha detto di nutrire «serie preoccupazioni» di fronte a un'ipotesi «completamente impraticabile». Dall'isola di Man, il primo Ministro Howard Quayle paragona l'ipotesi ad un pesce d'Aprile. La Turchia sarebbe un'altra opzione.
L'idea, una politica già adottata dall'Australia, non è del tutto nuova nemmeno per il Regno Unito. Nei mesi scorsi si era paventata la possibilità di mandare i richiedenti asilo politico in territori d'oltremare nell'Oceano Atlantico, o a bordo di navi da crociera per creare centri di smistamento galleggianti. Ipotesi poi giudicate irrealistiche dal governo.
Ma gli ultimi dati sul numero di sbarchi avranno rinforzato la determinazione di Patel. Nel 2020, circa 8.500 migranti sono arrivati sulle coste del Kent a bordo di gommoni o altre imbarcazioni di fortuna. Dall'inizio di quest'anno, secondo alcune stime di associazioni umanitarie, il numero sarebbe già di 800.
A destare preoccupazione sono anche le squallide condizioni di alcuni dei centri in cui sono attualmente detenuti gli immigrati: in un'ex caserma dell'esercito in cui centinaia di rifugiati hanno contratto il Covid si sono verificate nelle settimane scorse proteste violente, e un incendio che la polizia sospetta sia stato doloso.
la ministra britannica priti patel
Downing Street non ha confermato, ma nemmeno smentito la notizia. «Stiamo cercando di capire cosa possano fare gli altri Paesi», ha detto un portavoce. «Dobbiamo aggiustare un sistema che è rotto, per renderlo severo ma giusto». Patel ritiene che la misura non solo possa ridurre sensibilmente il numero di sbarchi, ma incontri anche il sostegno dell'opinione pubblica.
la ministra priti patel con il premier britannico boris johnson
Altre misure incluse nel pacchetto prevedono l'ergastolo per i trafficanti di esseri umani e controlli più severi sull'età dei richiedenti asilo, dopo casi in cui persone adulte si sono spacciate per minori.
Il governo spera di presentare un disegno di legge entro la fine dell'anno. Ma secondo alcuni esperti, l'idea di deportare chi arriva sul territorio britannico in attesa di una decisione sull'asilo politico rappresenterebbe una violazione della convenzione delle Nazioni Unite per i diritti dei rifugiati, esponendo il governo a potenziali azioni legali di fronte alle corti per i diritti umani.
migranti nel canale della manica
«Questa misura non fa nulla per affrontare il motivo che spinge le persone ad intraprendere un viaggio tanto pericoloso», ha detto la Croce Rossa Britannica. Per i laburisti si tratta di un'idea «assurda», che dimostra come il governo «abbia perso il controllo e la compassione», mentre per il liberal democratici è una proposta «impraticabile e inumana».