dictators can be brutal
— ian bremmer (@ianbremmer) April 22, 2022
they can be capricious
but they can’t be weak
serious problem for putin pic.twitter.com/OGFejK09i9
Marco Imarisio per www.corriere.it
Si ricomincia. Ogni volta che Vladimir Putin appare vicino a un altro essere umano, tornano i dubbi sul suo stato di salute, sia fisico che mentale. E ieri mattina, il presidente non poteva esimersi.
L’incontro con il suo ministro della Difesa Sergey Shoigu che gli annunciava la presa di Mariupol faceva parte del copione che prevede la celebrazione di una vittoria, una purchessia, per il prossimo 9 maggio, quando appunto in tutta la Russia si terrà l’annuale Festa della vittoria. Era una occasione solenne.
Ma il Putin visto ieri aveva caratteristiche ben diverse da quelle che si attribuiscono al Comandante in capo di un esercito trionfante. «Rattrappito», ha scritto di lui Ian Bremmer, politologo americano non certo simpatizzante ma autorevole.
Nei dieci minuti del video postato sul sito del Cremlino, si vede il presidente che ascolta in silenzio la relazione di Shoigu sulla caduta della città martire di questa guerra. Gli sta porgendo la preda tanto ambita, quella nelle speranze presidenziali dovrebbe giustificare un numero così elevato di vittime russe, per tacere dei civili ucraini, che a Mosca non vengono prese in considerazione.
Ma Putin appare tutt’altro che solenne. Obbligato a un colloquio diretto e ravvicinato, per essere protagonista del lieto evento, sembra invece avere voglia di sottrarsi a qualunque contatto.
Putin non siede appoggiato al tavolino, ma sembra schiacciarsi sulla poltrona, quasi a cercare di aumentare la distanza tra lui e l’interlocutore. Le mani non sono posate in modo normale sulla superficie del tavolo, ma afferrano entrambi i lati.
Anche qui, sembra che voglia spingerlo via da sé, come hanno sottolineato molti osservatori. Anche le sue parole sono asciutte, essenziali. Senza enfasi, che richiederebbe tempo. Boccia in modo perentorio l’idea di Shoigu di dare l’assalto all’acciaieria Azovstal, dove si è rifugiato da giorni il Battaglione Azov, fa i complimenti all’esercito, poco altro. Come se la recita dovesse a ogni costo essere breve.
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Anche la sua prima apparizione in pubblico dall’inizio della guerra aveva dato adito a qualche illazione. La visita del 12 aprile al cosmodromo era stata preparata con cura per evitare qualunque contatto con altre persone. La conferenza stampa con Aleksander Lukashenko si era tenuta con due leggii a distanza inusuale l’uno dall’altro. E alla fine non c’era stato neppure il tradizionale abbraccio, o la stretta di mano, con il fedele alleato bielorusso.
E allora si torna all’eterno quesito, che gli americani propongono con una formula semplice. «Putin the rational» o «Vlad the Mad»? Razionale o pazzo? Il confine tra la preoccupazione per il proprio (segretissimo) stato di salute e l’ossessione è molto labile.
faccia a faccia putin shoigu 1
Le voci sulle patologie delle quali soffrirebbe il presidente russo sono ormai diffuse (e qui ne aveva dato conto, in modo approfondito, Sandro Modeo), così come quelle sul suo stato di salute mentale.
Le prime si concentravano sui possibili problemi alla colonna vertebrale («per pregressi traumi sportivi o addirittura una neoplasia al midollo spinale, la cui sintomatologia sarebbe compatibile con alcune difficoltà deambulatorie e certe irrequietezze posturali», scriveva Modeo) e sul morbo di Parkinson («che spiegherebbe a sua volta certe alterazioni cinetiche, la "rigidità" di cui parlano Macron e altri, il rallentamento della risposta cognitiva e la ridotta ampiezza di oscillazione della mano destra rispetto alla sinistra»).
L’ultima apparizione, che doveva essere il maggior momento di trionfo per l’uomo che ha deciso di invadere l’Ucraina, non sembra destinata a spegnerle. Il mistero continua. E tale resterà, fino all’ultimo.
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