Francesco Persili per Dagospia
Una statua di fango, lacrime, fatica. Quella foto è il manifesto della classe operaia che doma “l’Inferno del Nord” e va in paradiso. E’ una storia da film quella di Sonny Colbrelli, il vincitore di una epica edizione della Parigi-Roubaix.
Non c’è nulla di convenzionale nella sua vita, a partire dal nome, Sonny, come il detective interpretato da Don Johnson di Miami Vice, il telefilm che furoreggiava in Italia negli anni ’80 e di cui il padre andava pazzo. Un’infanzia che sembra una pagina di neorealismo. Famiglia operaia, un rapporto conflittuale con la scuola. Brutti voti e le feroci prese in giro degli altri bambini perché era grasso e portava gli occhiali. Come Marco Pantani, il suo mito, ha trovato un nonno che è stato il primo a credere in lui.
Le prime vittorie in mountain bike, l'impiego da metalmeccanico e i turni massacranti alla catena di montaggio. Nel 2012 è il più giovane partecipante al Giro d’Italia. Nel 2019 è protagonista di una gag da commedia all’italiana al Tour de France. Due ragazzi si abbassano i pantaloni e mostrano il sedere agli atleti. Il velocista del team Bahrein-Merida toglie la mano dal manubrio e sculaccia uno dei due.
Altro Tour, altra scena. Stavolta sembra un poliziottesco. I Nas transalpini irrompono di notte nell’albergo della Bahrain, frugano nelle stanze e nei computer e procedono al prelievo dei capelli dei corridori. Colbrelli protesta: “Il taglio dei capelli è stato umiliante, non lo auguro a nessuno”.
La procura precisa: “Indaghiamo dal 2 luglio per acquisto, possesso, importazione di sostanze e metodi proibiti da parte di uno o più membri del team”. Il ciclista di Desenzano rincara: “Il blitz è stato istigato da avversari gelosi dei nostri risultati, frutto di lavoro durissimo”.
Dalla macchina del fango al fango sulla pelle. È così che 22 anni dopo Tafi, Sonny Colbrelli taglia il traguardo e porta l’Italia a conquistare di nuovo la Parigi-Roubaix in fondo a una giornata da tregenda. Pioggia e pavè. Inferno e paradiso, fango e cielo. Quello che volete, ma ora mandate Sonny a fare una doccia.
FRANCESCO MOSER: “IL SEGRETO DELLA ROUBAIX È LEGGERE LE PIETRE. HO RIVISTO ME STESSO IN COLBRELLI”
Cosimo Cito per repubblica.it
Francesco Moser, tre volte vincitore della Parigi-Roubaix (1978, 1979, 1980), ha seguito la gara in tv e ha avuto i brividi.
"Mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, di rivedere la mia vittoria del 1978".
Pioggia, freddo e fango come allora.
"L’unica differenza è che io arrivai da solo e Colbrelli ha vinto una volata a tre. Ma è stato bravissimo a non sprecare pedalate, a restare sempre coperto. È una vittoria che vale più di un Mondiale".
Alla sua prima Roubaix, nel ’74, lei arrivò 2° dietro De Vlaeminck. Colbrelli ha vinto al primo colpo.
"Non è incredibile perché la Roubaix è sempre diversa, puoi correrla anche 15 volte e ogni volta sarà come la prima. Del ’74 ricordo che una volta arrivati alle docce, trovammo l’acqua fredda. Quella calda l’avevano finita tutti i ritirati e quelli che avevano mollato prima. Sono tornato anni dopo, ogni doccia ha la piastra col nome di un vincitore del passato. La mia e quella di Merckx sono state rubate, portate via come trofei. Una bella soddisfazione".
Come si doma la Roubaix?
"Bisogna andare leggeri e dritti, cercare la migliore traiettoria, capire le pietre, saperle leggere. Oggi è molto più difficile, quando le condizioni sono queste, perché passano molte più macchine e moto, appiattiscono il fango e lo rendono fine e scivoloso come ghiaccio".
Le cadute sono state tantissime, in effetti.
"Molti hanno sbagliato a mio giudizio la scelta delle ruote e dei freni, quelle ad alto profilo sono molto rigide e i freni a disco si imbrattano di fango e non frenano come quelli tradizionali. Ai nostri tempi usavamo cerchi vecchi, in alluminio, che meglio si adattavano ai sobbalzi".
Peccato per il suo corregionale, il trentino Moscon, frenato dalla sfortuna.
"Ha fatto una grande corsa, gli è mancato poco, come troppo spesso nella sua carriera. Ma Sonny se l’è meritata ampiamente per l’intelligenza che ha messo sui pedali".
Come si corre con il fango addosso?
"Dopo un po’ non te ne accorgi, diventa come una seconda pelle. Se rivedete le foto del 1978, faticherete a riconoscere persino la mia maglia iridata. Chi ha paura di queste condizioni si pone dei limiti e non la vincerà mai. La Roubaix la vince chi spera di correrla con pioggia, fango e nella tempesta".
gianni bugno francesco moser marco pantani e cesare romiti 1998 sonny colbrelli