Giorgio Meletti per il “Fatto Quotidiano”
Una storia tragica, un finale ripugnante. Solo adesso che sono tutti morti il grande Sandro Mazzola, erede calcisticamente degno del grandissimo Valentino, confessa che sì, in effetti suo fratello Ferruccio diceva la verità: la Grande Inter di Helenio Herrera e del mitico presidente Angelo Moratti dopava di brutto i campioni degli anni 60.
Niente di meglio della "coraggiosa denuncia" per dare sugo alle ambiziose intervistone di Walter Veltroni per il Corriere dello Sport. Solo che in questa storia di coraggioso non c' è proprio niente.
Perché nel frattempo Ferruccio Mazzola è morto, dopo lunga e terribile malattia e soprattutto dopo essere stato emarginato dal mondo del calcio tutto, fratello intesta. Al grido di "i panni sporchi si lavano in famiglia" partì una violenta e sleale aggressione giudiziaria. La firma ce la mise un altro mito che non c' è più, Giacinto Facchetti.
Ferruccio Mazzola aveva 4 anni quando suo padre, capitano del grande Torino, morì con i compagni nell' incidente aereo di Superga, il 4 maggio 1949. Sandro, il fratello maggiore, ne aveva 7.
Calciatori entrambi, ma con destini opposti. Sandro diventa uno dei maggiori campioni di sempre, Ferruccio non ha talento né fortuna, e soprattutto non ha il carattere e l' obbedienza necessari per fare carriera in un mondo che non ammette repliche.
Nel 2004 consegna la sua storia a un libro che già dal titolo dice tutto: Il terzo incomodo, la storia di un ragazzo schiacciato dal confronto con padre e fratello. Ma in quel libro c' è anche la verità sul doping.
Racconta che Helenio Herrera dava a tutti, soprattutto ai ragazzi e alle riserve, quasi fossero cavie, una pastiglietta da sciogliere sotto la lingua. Anfetamine? Pare proprio di sì. Va dal fratello maggiore, gli chiede consiglio. Sandro gli dice di sputare la pastiglia.
Herrera mangia la foglia, capisce che in troppi sputano e inizia a sciogliere la pastiglia nel caffè. Nel suo libro, Ferruccio compila la tragica lista dei giocatori dell' Inter stroncati in giovane età da malattie orribili, a cominciare da Armando Picchi, il capitano della Grande Inter, schiantato a 36 anni non ancora compiuti mentre iniziava la carriera da allenatore nella Juventus.
Il libro di Ferruccio Mazzola colpisce l' Inter come un tornado. In quegli anni è in corso la guerra sotterranea sugli arbitraggi truccati tra la Juve di Luciano Moggi e l' Inter di Massimo Moratti, figlio di Angelo, che diventerà pub blica con lo scandalo Calciopoli nel 2006. Il presidente dell' Inter è Giacinto Facchetti, altro campione degli anni 60, che con Sandro e Ferruccio aveva condiviso allenamenti e ritiri. Scatena l' offensiva giudiziaria contro il libro.
Chiede un milione di euro all' autore e all' editore Bradipolibri di Torino giudicandolo diffamatorio dell' immagine dell' Inter, di Herrera, dei dirigenti e di tutti i calciatori dell' epoca. Dopo 4 anni di processo, il Tribunale di Roma dà totalmente ragione a Ferruccio, affermando che il libro non usa "espressioni sconvenienti o offensive" e racconta fatti veri ("doping, calcio scommesse, partite truccate"). Condanna l' Inter a pagare le spese.
Alberto Foggia, l' avvocato di Ferruccio, racconterà poi che per avere il pagamento delle spese processuali dovette minacciare il pignoramento dell' incasso di San Siro.
Ma soprattutto spiegherà di essere rimasto sorpreso dal fatto che l'Inter ha fatto causa al Terzo incomodo, ma per anni si è ben guardata dal portare in tribunale testimonianze o documenti che sostenessero la sua posizione. Come se l' importante fosse dare risonanza alla notizia della causa intentata, sufficiente di per sé a screditare le rivelazioni di Ferruccio Mazzola.
Fu Sandro, il fratello maggiore, a scagliarsi contro Ferruccio e a intimargli che "i panni sporchi si lavano in famiglia". Da allora i due non si sono più rivolti la parola. Sandro continuò a lavorare per il giro che conta, Ferruccio raccontava di lavorare per una squadra giovanile di Roma, la Borghesiana, dove giocava suo figlio, e di impegnarsi particolarmente a mettere in guardia i ragazzini e le loro mamme dal pericolo del doping.
"Attenti al tè caldo, se non sapete che cosa c' è dentro", andava dicendo. Ciò che bastava a fare di lui un emarginato, un visionario rancoroso che era meglio perdere che trovare. E a questo vero e proprio mobbing il fratello maggiore ha partecipato, dando forza alla persecuzione. "Se lo dice anche il fratello...".
Dieci anni dopo, Sandro Mazzola, che da calciatore aveva nella velocità l' arma più micidiale, ha con grande lentezza, a oltre due anni dalla morte del fratello, ritrovatola memoria:
"Ferruccio aveva ragione, nell' Inter ci davano le amfetamine. Prima della partita, ci davano sempre un caffè. Non so cosa ci fosse dentro. Io a un certo punto cominciai ad avere, in campo, dei fortissimi giramenti di testa. Andai dal medico che mi fece fare tutte le analisi e mi disse che avevo problemi grossi. Mi disse che dovevo stare fuori almeno sei mesi. Ma questo Herrera non lo voleva". La verità 50 anni dopo, 50 anni troppo tardi.
Twitter@giorgiomeletti.