Tommaso Fregatti per “la Stampa”
Mentre il giudice del tribunale di Siena, Ilaria Cornetti, legge la sentenza di condanna a sei anni di reclusione per uno stupro di gruppo avvenuto nel maggio del 2021 a danno di una studentessa toscana, Manolo Portanova, centrocampista ventiduenne del Genoa, scuote più volte la testa sconsolato. Lo si vede dai vetri dell'aula girarsi indietro, guardare negli occhi papà Daniele che trepidante aspetta notizie fuori e fargli un drammatico «no» con la testa.
Sono le 14,37 quando la sua vita e la sua carriera subiscono uno scossone che assomiglia più a un terremoto. È la prima volta che un calciatore professionista di seria A o B subisce una condanna per fatti che non riguardano la giustizia sportiva. Prima di lasciare il Palagiustizia di Siena, Manolo Portanova trova solo la forza di dire poche parole. «Sono innocente, sono innocente. Non ho altro da dichiarare».
Poi più nulla. «Lasciatelo stare, per favore», intima ai cronisti papà Daniele, anche lui provato, mentre lo fa salire in auto. Per il giudice il giocatore del Genoa è colpevole assieme allo zio Alessio Langella del reato di violenza sessuale di gruppo. Entrambi dovranno scontare sei anni di carcere, secondo il magistrato. Che poi sarebbero stati nove, dato che Portanova e lo zio hanno usufruito dello sconto di un terzo di pena previsto dal rito abbreviato.
Il magistrato, poi, ha disposto il rinvio a giudizio del terzo imputato Alessandro Cappiello, amico di Portanova che ha scelto il dibattimento. Resta pendente il giudizio sul fratello di Manolo, William, che all'epoca dei fatti aveva 17 anni e ora è sotto indagine da parte del tribunale per i minorenni di Firenze.
È stato sposato in pieno quello che era il quadro accusatorio della procura, rappresentata in aula dal pm Nicola Marini, che nella precedente udienza aveva chiesto per Portanova e lo zio sei anni di carcere. Il giudice ha anche fissato una maxi provvisionale da 100 mila euro di risarcimento per la vittima.
Ma ha anche invitato la stessa studentessa a rivolgersi alla Giustizia civile «per una migliore quantificazione del danno». Gli imputati dovranno pagare anche altri 30 mila euro ai familiari della studentessa e diecimila all'associazione «Donna chiama Donna», costituita parte civile. A parlare tramite il suo avvocato difensore Jacopo Meini anche Claudia, la studentessa che ha denunciato Portanova e i suoi amici e che per tre volte interrogata in questo anno e mezzo - dalla polizia giudiziaria, dal pm e dal giudice nel corso di un incidente probatorio durato più di sette ore a luglio - ha sempre confermato lucidamente tutte le accuse e fornito una dinamica lineare senza mai contraddirsi. «Quando ho saputo della condanna - spiega Claudia - ho pianto di gioia. Sono felice che la Giustizia abbia creduto in me. Voglio ringraziare tutto il team che ha lavorato e sofferto per me in questi mesi. In loro ho trovato una seconda famiglia che mi ha creduta e supportata fin dal primo istante».
Parole dure nei confronti di Portanova e dei suoi amici sono arrivate anche da Claudia Bini, presidente di «Donna chiama Donna»: «Spero che gli imputati facciano tesoro di questa condanna e utilizzino la loro notorietà per diffondere il messaggio del rispetto delle donne».
Cosa succederà a Portanova e a suo zio? Anche se non lo ha ufficialmente dichiarato il suo avvocato difensore Gabriele Bordoni (ha lasciato in silenzio il Palagiustizia) sarà presentato appello contro la sentenza. Il giudice ha fissato il deposito delle motivazioni in 90 giorni. Trattandosi di sentenza di primo grado Portanova non avrà restrizioni della libertà. La condanna diventerà esecutiva solo quando ci sarà il terzo grado di giudizio e la sentenza passerà in giudicato.
A pesare come un macigno nel futuro giudiziario del giocatore del Genoa ci sono le lesioni fisiche e psicologiche subite dalla vittima che sono state certificate dai medici dell'ospedale di Siena la mattina successiva alla violenza. I fatti si erano verificati alla fine di maggio del 2021 in un appartamento di Siena. Portanova si era appartato da solo con la studentessa ma poi aveva fatto entrare nella stanza zio, fratello e amico che nonostante il dissenso della giovane avevano abusato di lei.
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