tota italia - scuderie del quirinale
Cinzia Dal Maso per "il Venerdì - la Repubblica"
La mappa dinamica nella prima sala dice già tutto. Mostra l' Italia antica col suo caleidoscopio di genti e indica poi come, a poco a poco, siano entrate tutte nell' orbita di Roma. Ci sono voluti tre secoli ma alla fine, nel I secolo a.C., tutto lo stivale era diventato romano. La mappa mostra con chiarezza come Roma si mosse con immediata disinvoltura nell' Italia centro-meridionale, mentre impiegò parecchio a fare breccia a nord.
Gli Etruschi, e ancor più i Galli, furono ossi duri. Ma alla fine il mosaico era composto, e Augusto poté dire che Tota Italia era dalla sua parte contro il «nemico della patria» Marco Antonio. L' Italia non era più solo un' entità geografica ma anche politica. Un tutto che Augusto suddivise poi in regiones simili ai territori di appartenenza delle singole genti, e simile in fondo anche alle nostre regioni d' oggi.
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Tota Italia, insomma, siamo noi. L' unificazione ottocentesca non si discostò molto, nell' impianto, da quella prima unificazione antica. Noi siamo Italia da allora, e da allora abbiamo stessa lingua e medesimi costumi, pur conservando le nostre diversità.
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È un bel messaggio, quello della mostra Tota Italia alle Scuderie del Quirinale. Un messaggio da cogliere e fare nostro, proprio come è stato colto dai musei di tutta la Penisola, che hanno prestato ognuno il meglio di sé, in un momento in cui i prestiti internazionali sono impossibili. Così in mostra si ammirano capolavori straordinari che mai si sarebbe pensato di vedere tutti assieme, e anche opere curiose sconosciute ai più.
Già la prima sala dà spettacolo e dice tutto, con il Trono Corsini, che richiama il mondo etrusco del Nord, in dialogo col Sostegno di mensa con grifoni da Ascoli Satriano, eco dell' ellenismo nell' Italia del Sud. Ma è solo l' inizio: poi è un trionfo di capolavori da tutti i territori dell' Italia antica, che mostrano le chiare differenze ma anche gli scambi costanti, nei secoli che videro l' incontro con Roma.
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I ricchissimi corredi tombali da Este, Montefortino, Paestum e Melfi traboccano di oggetti superbi realizzati da artigiani di ogni area. Le testimonianze delle lingue antiche sono sorprendenti, e si vede poi come furono a poco a poco soppiantate dal latino, lingua franca di allora, senza mai scomparire del tutto.
Le statue di dee madri, di Ercole o degli altri eroi fondatori delle città, sono spettacolari capolavori provenienti da santuari scenografici. Le guerre vengono narrate ponendo l' attenzione sulle tattiche e le armi che gli italici si scambiarono tra loro, combattendo fianco a fianco contro Roma, ma anche sui vantaggi di cui tutti godettero quando, divenuti ormai suoi alleati, furono al fianco di Roma nella marcia di espansione nel Mediterraneo.
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Agli alleati italici si aprirono tutte le strade: commerciali, di ricchezze, di idee. Il raffinato mondo greco ed ellenistico fu un modello di pensiero e di vita, specie per i ceti dirigenti delle città d' Italia, che raggiunsero livelli di lusso assolutamente inediti.
E, oltre a case e piazze, i ricchi vollero per sé anche funerali sfarzosi come mai: bellissimo il rilievo con corteo funebre da Amiternum, vicino all' Aquila; ma splendido è pure il letto in osso da Fossa, sempre in Abruzzo; e i vasi cinerari dei materiali più preziosi, da Napoli e Pompei, sono superbi.
Curiosa, nella mostra, è la sezione sui ritratti, dove, accanto ai tradizionali volti romani, realistici e caratterizzati, si ammira un gruppo di ritratti di medici dalla città di Elea/Velia, nella Magna Grecia, patria del filosofo Parmenide. Erano esposti in città assieme ai volti della famiglia imperiale e a quello dello stesso Parmenide: Velia, insomma, alla propria identità greca non voleva rinunciare.
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«Ed è proprio questa la peculiarità della mostra» osserva il direttore del Museo nazionale romano Stéphane Verger, che assieme al direttore generale dei musei dello Stato Massimo Osanna ha curato Tota Italia. «In genere, quando si parla della storia lontana d' Italia, ci si focalizza o sui popoli antichi, oppure su Roma. Qui invece abbiamo messo assieme le due "anime", mostrando la complessità e la ricchezza emerse dagli incontri e dagli scontri».
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E la chiusura della mostra è inevitabilmente affidata ad Augusto, che fece nascere un' era nuova. Impose nuovi valori, riti e simboli, basati sulle antiche tradizioni di Roma, ma in cui ogni gente d' Italia poteva riconoscersi, dando il via a una rivoluzione sociale e culturale, oltre che politica.
Modificò persino il calendario, aggiungendo celebrazioni legate alla propria famiglia, come i mesi di Iulius e Augustus (dedicati a Giulio Cesare e a sé stesso) o le Feriae Augusti, che noi ricordiamo ancora a Ferragosto.
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Ai suoi tempi invece c' era già chi poteva sfoggiare il proprio "orologio da taschino": una piccola meridiana portatile, gioiello del Museo di Este.
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