VAFFANBANKA - LE NOZZE (SALTATE) TRA DEUTSCHE BANK E COMMERZBANK FARANNO PARTIRE IL RISIKO BANCARIO IN ITALIA
BANCHE, I FLOP DI DEUTSCHE E L’OMBRA DI TRUMP E PUTIN
Tonia Mastrobuoni per “Affari e Finanza – la Repubblica”
Nel 1998 Donald Trump è già uno stranoto bancarottiere. Un magnate con una scia di fallimenti alle spalle che lo hanno reso un paria nel sistema finanziario americano. Ma c' è una banca disperatamente a caccia di gente come lui per affermarsi a Wall Street, un mare infestato di squali dove bisogna avere denti aguzzi e rischiare profondità inesplorate per sopravvivere. Mike Offit è un top manager della Deutsche Bank, la parvenu tedesca che cerca di conquistare un posto nell' Olimpo delle banche d' investimento.
Offit è convinto, si legge in un' intervista, che l' unico modo di spiccare in un mercato saturo sia "quello di fare prestiti più rischiosi delle banche rivali". Così, lo spericolato banchiere annuisce benevolo quando Trump gli chiede 125 milioni di dollari per restaurare un grattacielo; gliene accorda altri 300 per costruirne uno nuovo; è felice di concedergli altre montagne di soldi per un casinò ad Atlantic City.
Offit viene poi licenziato in tronco ma per vent' anni la principale banca tedesca non si sogna mai di interrompere le sue relazioni pericolose con il futuro presidente americano. Una trama fatale tra che ora rischia di trascinare a fondo entrambi e che sembra rubata a un romanzo di John Grisham. Anche il successore di Offitt, Justin Kennedy, continua ad elargire generosi finanziamenti a Trump. In cambio ai top manager della sua banca arrivano inviti per lussuosi fine settimana a Mar-A-Lago. Dopo lunghe partite a golf nel resort di Trump in Florida, al bancarottiere newyorkese viene concordata ad esempio la garanzia per un mega bond che fallirà nel 2004.
L' ultima, generosa sacerdotessa della cornucopia di Trump è Rosemary Vrablic, che non disdegna di concedergli prestiti anche quando Trump è un candidato populista alla Casa Bianca che insulta gli avversari e i giornalisti invisi.
Persino quando la banca sa da un pezzo che il bancarottiere non vale neanche lontanamente i 3 miliardi di dollari che sostiene di valere. Quando Deutsche Bank fa fare la prima indagine interna, è costretta a constatare che il magnate trombone vale al massimo 788 milioni. E non sarà l' ultimo esame deludente delle reali ricchezze di Trump.
Eppure, il rubinetto dei tedeschi non si chiude mai. Neanche quando Trump fallisce per l' ennesima volta su un prestito da 45 milioni e denuncia Deutsche. La banca gli concederà poco dopo un altro prestito da centinaia di milioni di dollari. Vrablic, diventata negli anni un punto di riferimento in Deutsche per tutta la famiglia Trump, sarà ascoltata insieme ad altri top manager tedeschi dal Congresso americano per far luce sui complessivi 2 miliardi di dollari di prestiti che Trump ha ottenuto da Deutsche Bank in vent' anni senza grandi sforzi.
Ben due commissioni del Congresso hanno chiesto - e ottenuto - documenti sulla lunga relazione tra il presidente americano e la prima banca tedesca. E secondo Maxine Waters, presidente democratica della commissione Finanze, "ci sono molti indizi che Deutsche Bank possa essere stata un veicolo per criminali, cleptocrati e alleati di Putin desiderosi di muovere soldi fuori dalla Russia".
Una mina per Trump. Ma anche per Deutsche. La promessa di far luce sugli affari del capo della Casa Bianca è arrivata anche da un magistrato che gli ha dichiarato esplicitamente guerra. Letizia "Tish" James, procuratore di New York, sta indagando proprio sulle ricchezze gonfiate da Trump per ottenere prestiti da Deutsche, anche in base alle testimonianze scottanti del suo ex avvocato, Michael Cohen. E ad agosto dello scorso anno, il magistrato ha dichiarato senza mezzi termini che "il presidente deve preoccuparsi di tre cose: Mueller, Cohen e Tish James".
hans georg maassen e angela merkel
Dopo i dolorosi esborsi degli ultimi anni Deutsche Bank sarà costretta a pagare nuove, miliardarie sanzioni alle autorità americane? E' uno dei tanti interrogativi che affliggono oggi Christian Sewing, ceo di Deutsche uscito vincente in Germania dalla sua prima, grande sfida. Nel primo anniversario della sua nomina a capo della maggiore banca tedesca, il goffo tentativo del governo di mandare in porto il sogno proibito della super banca di bandiera fondendo il primo e il secondo istituto privato, Deutsche e Commerz è fallito.
La scorsa settimana i colloqui sono stati interrotti e chiunque abbia letto con attenzione le tappe sa che Sewing non è mai stato convinto del piano di unire due debolezze architettato dal ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz e dal suo sottosegretario più a suo agio con la finanza, l' ex Goldman Sachs Joerg Kukies.
In futuro, Sewing dovrà varare probabilmente nuovi e dolorosi piani di esuberi e dovrà dimostrare di riuscire a uscire dall' angolo della redditività ridotta al lumicino e del bilancio imbottito di titoli tossici.
Nei giorni scorsi è emersa un' indiscrezione sulla possibilità che uno dei gioielli dell' istituto, la società di gestione patrimoniale DWS, si fonda con la gemella svizzera controllata da Ubs. Insieme amministrerebbero patrimoni da 1,4 miliardi di euro. Ma su Sewing gravano non solo le inefficienze di una banca zavorrata da anni di scelte sbagliate: c' è anche l' incognita delle cause in corso da un lato all' altro del globo.
Christian Sewing Deutsche Bank
Se il Congresso oggi sospetta, come dichiarato da Maxine Waters, che Deutsche sia stata un veicolo del malaffare russo che potrebbe incrociarsi col passato di Trump, è perché l' istituto di Francoforte è riemerso nelle carte di alcuni clamorosi casi legati al riciclaggio di denaro sporco. Da una regione - la Russia e le repubbliche ex sovietiche - con cui già il predecessore di Sewing, John Cryan, aveva tagliato tutti i ponti.
Ma che continua a produrre scorie, anche sotto forma di sanzioni miliardarie che rischiano di abbattersi sulla banca dalle autorità di vigilanza di vari Paesi. Si prenda il caso del "Russian laundromat", della 'Lavatrice russa", uno scandalo emerso due anni fa grazie a uno scoop di alcuni giornali e che secondo un rapporto interno di Deutsche rivelato la scorsa settimana dal Guardian, potrebbe ancora sfociare in "significative azioni disciplinari". Lo schema era semplice: una banca britannica X si faceva prestare soldi da una connazionale Y con la garanzia di una terza banca russa. La banca Y dichiarava fallimento e si faceva certificare il debito da giudici moldavi corrotti. Così la banca russa trasferiva i soldi dovuti dalla banca Y alla banca X attraverso una filiale moldava.
E dalla banca X i soldi prendevano il largo nel mercato globale della finanza. Uno dei veicoli privilegiati in quest' ultimo passaggio era Deutsche. Tra il 2010 e il 2014 con questo semplice trucco circa 80 miliardi di soldi russi "ovviamente rubati o di origine criminale", secondo uno degli inquirenti, sono stati puliti e immessi nel circuito legale internazionale. Tra i 500 oligarchi, faccendieri, agenti dei servizi russi e banchieri moscoviti coinvolti, figura anche un certo Igor Putin, cugino del presidente russo.
Indagini che vengono da un passato che Deutsche sperava di aver sepolto. Che si incrocianocon quelle dei Panama Papers su miliardi evasi nel paradiso fiscale, con la mega operazione di riciclaggio russa passata attraverso Danske Bank o con la truffa nota come "Project Square". Incubi che Sewing può solo augurarsi finiscano presto.
donald trump deutsche bank 4 mike offit 3 igor putin ANGELA MERKEL deutsche bank 2 deutsche bank deutsche bank commerzbank 1 jorg kramer commerzbank deutsche bank 1 L'ARTICOLO DEL 'FINANCIAL TIMES' SULLA FUSIONE DEUTSCHE BANK - COMMERZBANK commerzbank 6 commerzbank 7 commerzbank 5 commerzbank 4 deutsche bank commerzbank 2