Massimo Sideri per il “Corriere della Sera”
peter thiel, elon musk fondatori di paypal
Tra tutti gli uomini del presidente potrebbe esserci lui: Peter Thiel, il miliardario delle contraddizioni. Unico uomo della Silicon Valley ad avere scommesso apertamente su Trump (un immobiliarista).
Primo gay dichiarato ad avere parlato alla convention repubblicana: «Orgoglioso di essere gay, repubblicano e americano». Uno dei pochi ad avere sbattuto la porta della società che aveva co-fondato con Elon Musk, Paypal, da cui viene il suo conto in banca a nove zeri.
peter thiel alla convention repubblicana
E, pare, uno che non dimentica mai: ha finanziato con dieci milioni il processo di Hulk Hogan contro Gawker Media per la pubblicazione del video hard della ex star del wrestling. Il motivo? Secondo Nick Denton, fondatore di Gawker (fallita dopo il processo), lo avrebbe fatto perché il sito nel 2007 aveva svelato la sua omosessualità. La vendetta è un piatto che si serve freddo. Lui lo ha servito gelato.
Ora Thiel, 49 anni, potrebbe entrare nella squadra di governo, anche se chi lo ha conosciuto sembra prudente: un miliardario vero (2,7 miliardi secondo Forbes ) ha altro da fare che aiutare un ex miliardario indebitato a fare il presidente. È questa la battuta che gira nella Valle del Silicio. Ma l' uomo dal gran fiuto - uno dei primi investitori di Facebook quando era poco più di un sito per universitari - potrebbe essere comunque l' ago della bilancia della «Trump Valley», la grossa incognita del momento. Da due giorni per Apple, Google e Amazon in Borsa è un incubo.
PETER THIEL ALLA CONVENTION DI CLEVELAND
Odio a prima vista, reciproco: mentre Thiel donava 1,25 milioni tutti gli altri si sbilanciavano sulla Clinton. Il cofondatore di LinkedIn, Reid Hoffman, a settembre aveva offerto in crowdfunding 5 milioni per indagare sulle tasse di Trump.
E anche una repubblicana «doc» come Meg Whitman, Hewlett Packard, aveva preferito voltargli le spalle. Ma è anche vero che Trump, in tutta la campagna, aveva solo citato le aziende della Silicon Valley in negativo. Mai una buona parola su AirBnb o Uber. Attacchi ad Apple e Amazon, quest' ultima non incidentalmente l' azienda di Jeff Bezos, editore di un giornale come il Washington Post che non aveva fatto mancare le sue critiche per i «trumpismi».
Facile collegare toni e temi della campagna di Trump al suo elettorato, fatto soprattutto dal popolo, sfiduciato, della old economy: fabbriche e mattone. Resta un fatto che i potenti «algoritmi» della Valley hanno sbagliato.
Se Barack Obama era volato a festeggiare nella Valley, Trump si vedrà difficilmente. Ma ha anche promesso 25 milioni di posti di lavoro. E la Valley non può credere sul serio alla secessione in stile «Lega californiana» proposta da Shervin Pishevar, finanziatore di Musk: le parti dovranno «turarsi il naso» e incontrarsi. E Thiel potrebbe essere il fazzoletto giusto per la Realpolitik 2.0.