LA REGINA DI INGHILTERRA ERA PELE’? NO, EUSEBIO – ADDIO AL “NUREYEV DEL CALCIO”, PRIMO CALCIATORE NERO A VINCERE IL PALLONE D’ORO

Francesco Persili per ‘Dagospia'

Era l'anno dei Mondiali/ quelli del '66. Ma la regina d'Inghilterra era Pelè solo per Venditti. La ‘perla nera' è un'altra. Gioca nel Portogallo, si chiama Eusebio. Doppietta contro il Brasile, poi la partita-capolavoro nei quarti. La Corea del Nord fatale all'Italia si ritrova in vantaggio di tre reti dopo 20 minuti. Ora li può salvare solo quel ragazzo nero del Mozambico. E li salva lui: 4 gol e l'assist per il quinto. Alla fine, il Portogallo conquista il terzo posto, Eusebio è il capocannoniere della competizione.

Tecnica e velocità. Corre i cento metri in undici secondi. Dribbling, tiro. Da «Ninguém» (niente, nessuno) a «Pantera». La «Pantera nera» del calcio. Una storia che inizia a rotolare sui campetti della periferia del mondo e finisce diritta nella leggenda del Novecento pallonaro, quella del più grande calciatore portoghese, morto a 71 anni per una crisi cardiaca.

«Nacque destinato a lustrare scarpe, vendere noccioline o borseggiare la gente distratta», così l'ha iconizzato lo scrittore Eduardo Galeano nel libro ‘Splendori e miserie del calcio'. Il suo talento basta per convincere l'ex portiere juventino Amoretti che lo scopre in Mozambico e lo consiglia alla Signora. Niente di fatto, tutto da rifare. Ci vuole poco a capire che il talento non basta, serve anche la tenacia per rovesciare quel destino scolpito in quel nomignolo, Ninguém. Una dannazione. Una liberazione. 2 maggio 1962.

Da ‘Niente' a ‘tutto', in 20 anni. Eusebio con la maglia del Benfica realizza la doppietta decisiva nella finale di Coppa Campioni contro il Real Madrid. ‘Non è di questo mondo'. Segnatevele queste parole: sono le stesse che convinsero Bela Guttmann a puntare su di lui. Dall'altra parte c'era il brasiliano Bauer, suo ex giocatore al Benfica, che gli consigliò quel ragazzo prodigio. Guttmann lo rubò ai rivali dello Sporting Lisbona. Letteralmente. Operazione Eusebio. Lo andò a prelevare direttamente sotto la scaletta dell'aereo e mise in sicurezza il suo tesoro. Quelli dello Sporting lo stanno ancora aspettando.

‘E ti compro pure Eusebio, così vinciamo la Coppa Campioni'. Chi non ricorda Nino Manfredi in ‘Operazione San Gennaro'? Anno di grazia 1966, of course. Erano passati 4 anni da quando il Benfica grazie al suo fenomeno era salito sul tetto di Europa. Eusebio aveva anche vinto nel ‘65 il Pallone d'oro, il primo per un portoghese, il primo per un giocatore nero. Black power.

Eusebio trascina il club delle Aquile anche in Coppa Campioni. La squadra portoghese perde in finale col Manchester United di Bobby Charlton e George Best. È l'uomo che vince le partite da solo, Eusebio. «Il Nureyev del calcio», lo ribattezzò così la regina del fado, Amalia Rodrigues per la sua potente eleganza. Guizzi e lampi di classe. Illumina la notte di Lisbona durante la dittatura di Salazar anche se nel 1975, l'anno dell'indipendenza del suo Mozambico in seguito alla Rivoluzione dei garofani, la stella del Benfica emigra oltreoceano. Stati Uniti, Canada, Messico, prima del ritorno in Portogallo, al Beira Mar.
Ambasciatore del calcio portoghese, Eusebio è stato celebrato anche con una statua all'ingresso dello stadio Da Luz.

È stato il più grande calciatore della storia del Portogallo. Almeno fino all'esplosione di Cristiano Ronaldo che oggi lo piange su Twitter: ‘Per sempre eterno, riposa in pace'. Ma i paragoni ad Eusebio non sono mai piaciuti. Quando gli chiesero se fosse più forte lui o Pelè, sbuffò: «Ognuno ha le sue caratteristiche ma Di Stefano resta il più completo». Il più grande per Figo, invece, continua ad essere Eusebio: ‘The king'. Sorriso dolce, anima guerriera. «Un fuoriclasse immortale», scandisce Mourinho. Da «Ninguém, niente» a «Immortale». E non c'è O'Rey (o Regina di Inghilterra) che tenga.

 

 

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