ALT! PASSA BOLT - IL GIAMAICANO TORNA CAMPIONE DEL MONDO PER UN CENTESIMO (9,79), SALVA IL SUO REGNO E PURE LA FACCIA DELL'ATLETICA, CHE STAVA PER PREMIARE IL PLURI-SQUALIFICATO GAITLIN - HA RISCHIATO DI USCIRE IN SEMIFINALE, MA QUANDO SERVE, USAIN C'È
Emanuela Audisio per “la Repubblica”
usain bolt batte gaitlin ed e campione del mondo 4
Non ci porterà più sulla luna e nemmeno su Marte, ma il viaggio sarà ancora con lui. Non staccate le puntine dal suo manifesto, perché la saga continua. E se non acceca più, pazienza. Basta il riverbero, un centesimo in meno. Al comando c' è ancora lui. Nessuno cancella il pianeta Bolt, nessuno può allontanare la sua orbita. The king isn' t dead. I 100 metri mondiali sono suoi per la terza volta. Sette anni dopo lo sprint non avrà un altro dio.
Anche se il suo 9"79 non è roba da allacciarsi le cinture. Ma un grande campione è questo: si arrangia con quello che ha, si fa bastare la stoffa per cucire e vincere i cento in maniera dignitosa. E lascia agli altri i rimpianti. La vita è questa: esserci quando serve. Non è più un Bolt clownesco, anzi è serio, quasi spaventato, quando va ai blocchi. Non si diverte nemmeno quando Lang Lang si mette al piano per una melodia mondiale da 9"58. Bolt allarga le braccia: ma pure questo qui devo sopportare?
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Come mandare Von Karajan a rallegrare i condannati a morte che vanno al patibolo. È sudato e invecchiato Bolt. Si mette le mani davanti al viso, non si è piaciuto per niente in semifinale, dove ha rischiato di uscire, inciampando sul quinto appoggio, faticando tantissimo, e scuotendo la testa: no, no, così non va. Mentre Gatlin era una lama tagliente e veloce, un missile da 9"77, miglior crono. Arrivederci, ragazzi. Ma la perfezione frega sempre, illude con la sua precisione, e con i suoi miraggi.
Gatlin è arrivato in finale sicuro che i suoi artigli già caldi avrebbero squartato. Bolt invece era incerto, ha guardato lo stadio con l' aria struggente dell' emigrante che per l' ultima volta saluta la sua terra. Tutto questo, avrà pensato, una volta era mio. Bè lo è ancora, Usain. Perché Gatlin che faceva finta di ringhiare ha scoperto che la corona, 11 anni dopo, poteva ancora tornare sulla sua testa. Era lì, a cento metri.
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Il cinque a forma di pugno che i due si davano sui blocchi sembrava quasi un passaggio di consegne. E così l' americano poteva rifarsi, dalla doppia squalifica del doping, dai 15 chili persi, da uno stile di corsa cambiato (da 43,4 passi a 41,6) e anche dall' ignominia. Perché con l' oro al collo non sei più uno sporco bastardo. Ricordate Ben Johnson? Era canadese, ma appena venne beccato, in patria tornò a essere giamaicano. La resurrezione era così vicina, da mettere paura. In quell' attimo Gatlin ha perso il vantaggio.
Bolt era a terra, affannato, e lui in volo. Ah che bella vista sui cento, senza fulmini. In finale Bolt non è partito male, ma Gatlin non ha fatto il vuoto. È passato avanti, ma non di tanto, forse di 60 centimetri, ai 70 metri era in testa, ma non fluido, poi ha perso i piedi, si è sbilanciato, è andato fuori giri, ai 90 ha buttato il petto avanti, un tuffo infinito, ansioso, prematuro, che non finiva mai. E intanto l' ombra dell' altro si allungava e gli toglieva futuro.
Perché quando un gigante ti corre accanto è come se ti succhiasse l' aria.
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Bolt ha stretto i denti, Gatlin li ha aperti. In quel centesimo c' è la differenza tra oro e argento, il margine più stretto di tutta la storia dell' atletica, in una finale dove tutti si sono qualificati sotto i 10".
Bolt a 29 anni ha salvato se stesso e l' atletica, molto imbarazzata dall' eventualità di dover a dare l' oro a un peccatore 33enne rientrato dopo una doppia squalifica per doping. Ha dimostrato che è uno sbruffone, ma non un buffone.
Sapeva di averla scampata, tanto che non voleva nemmeno fare il solito gesto, non se la sentiva, anche se alla sesta gara della stagione ha corso come non aveva mai fatto negli ultimi due anni. «Un sacco di gente mi dava per finito, quindi per me essere venuto qui ed aver vinto è stato molto importante. Questo successo per me significa moltissimo, perchè ci ho messo molto a fare funzionare i pezzi.
Voglio rimanere il numero uno finché non mi sarò ritirato. Sono venuto qui rilassato, ma la mia azione è ancora un po' arrugginita. Dopo la brutta semifinale sono andato a parlare con il mio coach che mi ha detto: tu ci pensi troppo. Aveva ragione ».
Domanda: l' ha vinta Bolt o l' ha persa Gatlin? Risposta: Bolt poteva perdere, Gatlin poteva vincere. L' americano è stato onesto: «Non ho fatto quello che volevo, ma non sono triste. Anzi sono fiero di me, dopo tutto quello che mi è capitato. Negli ultimi cinque metri sono quasi inciampato e quell' esitazione mi è costata la gara». I cento riconsegnano l' atletica ad un confronto tra uomini e a taglie meno extra-large del passato. Sembra quasi che i bisonti siano passati di moda.
Il bronzo a pari merito (9"92) a due ventenni, l' americano Bromell e il canadese De Grasse, indicano che c' è ricambio e nuovo che avanza. Per slacciarci da Bolt, ormai l' atleta più medagliato del mondiale, undici podi, di cui nove ori, bisognerà aspettare Rio. Non strapazzerà più il mondo, però ancora lo comanda.