TUTTI GLI ARTISTI SI DICHIARANO IMPEGNATI, MA PETER KENNARD LO È DAVVERO – ANTONIO RIELLO: “È STATO IN PRIMA LINEA FIN DA GIOVANISSIMO E NON HA MAI AMBITO AL SUCCESSO. PER LUI ESSERE ‘ATTIVISTA’ NON È SICURAMENTE ADEGUARSI AI VEZZI DELLA WOKE CULTURE MA PIUTTOSTO INVECE PROFESSARE UNA CRISTALLINA TESTIMONIANZA: ‘LA PRATICA ARTISTICA È UN LEGITTIMO E NATURALE STRUMENTO DI LOTTA DI CLASSE’". AVVISATE GLI ECO-PISCHELLI CHE IMBRATTANO LE OPERE - LA MOSTRA ALLA WHITECHAPEL GALLERY DI LONDRA - VIDEO
Antonio Riello per Dagospia
L'espressione "artista alternativo" è passata di moda. La si usa ormai di rado. Forse perché, di fatto, risuona un po' sgualcita/svalutata: quasi tutti gli artisti, (anche i più integrati nel mercato) amano definirsi "impegnati contro il sistema".
Se ce n'è uno che merita di essere chiamato così questo è senz'altro Peter Kennard. Nato (1949) a Londra nel quartiere di Maida Vale si è successivamente spostato ad Hackney (sì, proprio il quartiere degli "alternativi" per eccellenza), ma non ha mai lasciato la sua città.
Dopo una bella mostra all'Imperial War Museum nel 2015 la capitale britannica gli rende omaggio con una ricca esposizione alla Whitechapel Gallery (un'importante spazio pubblico che si trova nell'East End).
Kennard è stato in prima linea fin da giovanissimo. Siamo negli anni '60 ai tempi delle contestazioni contro l'intervento degli USA nella Guerra del Vietnam (il suo modello era l'artista americano Leon Golub). Per anni si è mosso nel sottobosco creativo dell'Arte londinese, tra happening, dimostrazioni, manifesti, striscioni, volantini, riunioni e riviste ciclostilate/fotocopiate. Non ha mai ambito al successo commerciale.
Sceglie da subito come strumento di lotta il collage fotografico: ritagliare e riapplicare foto commerciali (o loro particolari) in determinati contesti storico-politici. E' la tecnica grafica di montaggio immagine che nasce nel primo decennio del '900 e che John Heartfield e George Grosz portano alla fama. Anche artisti come Alexander Rodchenko ne fanno largo uso, in particolare nella fase iniziale - ancora relativamente libertaria - dell'Unione Sovietica.
Photo Op - opera di Peter Kennard
Una modalità artistica economica e una potente arma di comunicazione/protesta. Kennard diventa un maestro assoluto di questa particolare forma espressiva. La mostra alla Whitechapel attraversa i decenni con un piglio da archivio e illustra le tante battaglie politiche che l'artista ha combattuto.
Le tappe fondamentali: la critica alla Guerra del Vietnam, il contrasto all'Apartheid in Sudafrica, l'opposizione ai cosiddetti euro-missili americani verso la fine della Guerra Fredda, la campagna contro il coinvolgimento bellico del Regno Unito nelle varie Guerre del Golfo (soprattutto Iraq e Afghanistan), il dissenso verso l'atteggiamento ufficiale britannico rispetto prima alla Guerra in Ucraina e poi alla crisi di Gaza.
Kennard è un militante dell'ala più massimalista del Labour, un pacifista senza compromessi che non tollera le logiche della guerra, una persona sinceramente scandalizzata dalle ingiustizie sociali (e anche un sostenitore del discusso Jeremy Corbyn).
Viene nominato Professore di "Arte Politica" al prestigioso Royal College of Art di Londra. Vanno comunque riconosciuti a questo artista-agitatore un impegno costante e una coerenza assolutamente esemplare. Per lui essere "attivista" non è sicuramente adeguarsi ai vezzi modaioli della Woke Culture ma piuttosto invece professare una cristallina testimonianza: "la pratica artistica è un legittimo e naturale strumento di lotta di classe". Impegno politico e Arte insomma si fondono spontaneamente in un'unica cosa.
E gli esiti finali non mancano di una certa qual solennità. L'utilizzo da parte sua di un celebre dipinto di John Constable ("The Hay Wain", 1821) come sfondo da cui spunta una batteria di missili americani - nell'opera "The Art of War" (1980) - è la pugnace testimonianza di come la sinistra inglese cercò di fermare (invano) la decisione della Tatcher di ospitare i cruise statunitensi proprio nella zona dipinta da Constable nel suo quadro.
Il suo collage ("Photo Op", 2006) che raffigura Tony Blair mentre si fa un selfie sullo sfondo di un deserto in fiamme è diventato una icona definitiva (ne ha acquisito una copia il National Portrait Museum) del contestatissimo attacco militare anglo-americano contro l'Iraq di Saddam Hussein (2002).
Anche l'opera "Union Mask" del 2007 sintetizza con impeccabile precisione quel preciso momento della Storia (non solo britannica): si vede una maschera antigas - con i colori dell'Union Jack - da cui esce un groviglio di missili (come fossero serpenti velenosi).
Alla Whitechapel ci sono anche tre belle installazioni. Due del 2023 ("Boardroom" e "Double Exposure") e una appositamente realizzata per questa mostra "The People's University of the East End" (2024). Anche qui questo indomabile ribelle non risparmia nè la sua rabbia nè il suo sarcasmo visuale.
Se si fa un semplice paragone con gli sconsiderati iconoclasti (pseudo-attivisti) che recentemente hanno buttato salsa di pomodoro sui "Girasoli" di Van Gogh oppure con quelli che hanno imbrattato di vernice arancione i megaliti di Stonehenge emerge confermata la figura non solo di un ottimo artista ma soprattutto di un genio indiscusso della comunicazione del dissenso.
AAA: AUTENTICO ARTISTA ALTERNATIVO
Peter Kennard: The Archive of Dissent
Whitechapel Gallery
77-82 Whitechapel High Street, Londra E1 7QX
fino al 19 Gennaio 2025
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