LA BIENNALE SCOMMETTE SULL’AFRICA MA SCOPPIA LA POLEMICA DI SGARBI SULLA RUSSIA - DAL 20 MAGGIO LA DICIOTTESIMA EDIZIONE DELLA MOSTRA CURATA DA LESLEY LOKKO, SI INTITOLA “THE LABORATORY OF THE FUTURE”: 89 PARTECIPANTI, ETÀ MEDIA 43 ANNI – PANZA: SI VEDRANNO POCHI PROGETTI E MOLTO PENSIERO SUL CAMBIAMENTO SOCIALE, L’INCLUSIVITÀ, IL GENDER E LA SALVAGUARDIA DEL PIANETA - 63 I PADIGLIONI NAZIONALI (NIGER NEW ENTRY ) E TORNA LA SANTA SEDE. VIETATO IL PADIGLIONE RUSSO, DECISIONE SULLA QUALE IL SOTTOSEGRETARIO VITTORIO SGARBI ESPRIME DISSENSO…
Estratto dell’articolo di Pierluigi Panza per il Corriere della Sera
Da tempo la Biennale di Venezia si è assunta il compito di mostrare al mondo ciò che non ha radici latine ed europee e per la XVIII Mostra di Architettura lo fa senza equilibrismi o contrappesi.
La curatrice ghanese Lesley Lokko, architetta e scrittrice, presenta per «la prima volta» una edizione (naturalmente a neutralità carbonica ) puntata esclusivamente sull’Africa e sulla diaspora africana, ovvero «su quella cultura fluida che oggi attraversa il mondo».
Questa esposizione, che sarà aperta dal 20 maggio (fino al 26 novembre), segue la Mostra d’Arte curata da Cecilia Alemani che già aveva puntato su artiste africane dimenticate, ma non esclusivamente.
The Laboratory of the Future è una mostra in sei parti, comprende 89 partecipanti, dei quali ben oltre la metà dall’Africa o dalla diaspora africana (e gli altri quasi tutti extraeuropei; quattro i collettivi italiani).
«L’equilibrio di genere è garantito» (come alle elezioni), l’età media dei partecipanti è di 43 anni (un’età nella quale si inizia a fare l’architetto). Il 46% dei partecipanti considera la formazione come una vera attività professionale e, per la prima volta, la metà proviene da studi individuali o composti da meno di cinque componenti: oltre il 70% delle opere esposte è stato progettato da studi gestiti da un singolo.
Inutile fare nomi: l’unico noto ai non esperti è Diébédo Francis Kéré.
Festus Jackson Davis Umbrella Kaneshie market from the air
«Nell’architettura — dice la curatrice — manca il riconoscimento di chi sia il noi perché fino a oggi c’è stata una voce esclusiva, che ignora parte dell’umanità. L’architettura ha parlato una sola lingua e la sua storia è incompleta. È il momento di cambiare e riraccontare questa storia.
Questo è il terreno sul quale costruire il cambiamento».
Si vedranno pochi progetti e molto pensiero sul cambiamento sociale, l’inclusività, il gender e la salvaguardia del pianeta. Al centro il primato della immaginazione, «strumento per costruire un mondo migliore». Nel Padiglione centrale ai Giardini esporranno i maggiori professionisti africani «che stanno ridefinendo la pratica come era inimmaginabile dieci anni fa». In Dangerous Liasons all’Arsenale ci saranno 37 professionisti di varie geografie: «Sono practitioner , non architetti o urbanisti, perché in Africa è richiesta una preparazione diversa. Ci sono singoli o piccoli studi, mentre i più grandi si occupano di politica sociale». I Progetti speciali sono una categoria ampia e fuori concorso che si concentra su cibo, agricoltura, clima, geografia, gender e mnemonica.
In Laboratory of the Future ventidue artisti emergenti definiranno «l’architetto del futuro». Partecipazioni speciali di Amos Gitai, James Morris (che, ovviamente, non è «il primo poeta architetto» visto che già Michelangelo e Bramante scrivevano sonetti) e LionHeartfelt. Per la collaborazione con il Victoria and Albert Museum di Londra, focus su decolonizzazione e modernismo tropicale, ovvero come l’architettura sia stata un mezzo di coercizione, ma anche di liberazione.
Sono 63 i Padiglioni nazionali (Niger new entry ) e torna la Santa Sede. Vietato il Padiglione russo, decisione sulla quale il sottosegretario Vittorio Sgarbi esprime dissenso.
Il Padiglione Italia si intitola SPAZIALE: Ognuno appartiene a tutti gli altri ed è curato da Fosbury Architecture.
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