UNA BANDIERA ROSSA FERMA LA ROSSA - IL BOTTO DI ALONSO STOPPA LA CAVALCATA DI VETTEL, LA MERCEDES AZZECCA LA STRATEGIA (DECISIVA LA SCELTA DELLE GOMME) E FA DOPPIETTA: ROSBERG PRECEDE HAMILTON - TERRUZZI: “TRA LE PIEGHE DI QUESTI PRIMI RIMPIANTI, SI NASCONDONO INDIZI BUONI PER IL CAVALLINO” (VIDEO)
1. BANDIERA ROSSA, FERRARI STOP
Flavio Vanetti per il “Corriere della Sera”
Una bandiera rossa ferma la Rossa, «solo» terza nella gara che avrebbe potuto vincere. Ma la Ferrari c’è. Anche se è di nuovo doppietta della Mercedes e anche se Nico Rosberg, imbattuto dal Gp del Messico dello scorso novembre (fanno 4 primi posti di fila, 15 nella carriera), si porta a casa lo scalpo di Melbourne, trovando perfino il modo di essere gentile con Lewis Hamilton, re delle prove e della qualifica ma non della domenica.
Dopo il pessimo start di entrambi, reso ancora più crudo da quello formidabile di Vettel e Raikkonen, si ritrovano incollati fianco a fianco: Nico allarga, Hamilton per qualche istante va sulla corsia laterale, estrema, la finta erba, e c’è chi pensa che sia la vendetta per il famoso «accompagnamento» fuori pista di Austin, al via del Gp che avrebbe dato il terzo iride a Lewis.
Quel giorno tra i due fioccarono occhiatacce, gestacci (il cappellino tirato da Hamilton a Nico prima di salire sul podio) e parole dure. A Melbourne va invece tutto liscio. L’inglese addirittura giustifica il compagno-rivale («Forse è stato costretto») e il tedesco fa il bravo ragazzo: «Se ti ho spinto fuori, mi scuso». Il cappellino stavolta vola addosso a Lewis: ma glielo tira Vettel, per scherzo.
Gara turbolenta. Gara preceduta da un atto sensato (si tornerà già dal Bahrein al vecchio format delle qualifiche) e da una mezza buffonata (dopo aver imposto restrizioni draconiane alle comunicazioni radio, ecco, operativa già da ieri, una maggiore tolleranza).
Gara segnata dai debutti eccellenti (la Haas sesta con Grosjean! Palmer ottimo con la Renault), dalle battaglie dei ragazzini terribili Sainz e Verstappen, dalla paura per i tonneaux di Alonso in rotta verso il muro, dall’esultanza da ultrà di Maurizio Arrivabene quando Seb e Kimi uccellano le Mercedes, bucando al centro la loro prima fila.
La Ferrari in fuga avrebbe probabilmente vinto e piazzato la seconda macchina o al terzo o al quarto posto. Ma c’è stato l’incidente — al giro 18 — del suo grande ex (Alonso ha toccato la Haas di Gutierrez e si è schiantato uscendo indenne da un cumulo di macerie):
ha demolito il vantaggio di Seb (5’’2 su Rosberg, 18’’7 su Raikkonen, 39’’ su Hamilton) e probabilmente, causa la sosta di 10 minuti della gara, è alla base pure dell’incendio sulla SF16-H di Kimi (pare che il motore non sia perso, però: il danno è solo alla zona del turbo).
Vettel è ripartito con le supersoft, Rosberg con le medie, che aveva pure scelto Hamilton per sparigliare le carte e provare a risalire, anche al prezzo di non riuscire a passare le Toro Rosso. Seb ha vissuto un sogno al comando lungo 38 giri, Rosberg è riuscito a far durare le gomme per 40 tornate (41 Hamilton).
La Mercedes aveva «studiato» quella mescola nei test di Barcellona, la Ferrari — che ha chiuso tentando la rimonta con le soft, pagando anche una sbavatura al pit stop e un errore del tedesco nell’attacco a Hamilton per il secondo posto — non è invece ancora così pronta.
Ma se le Frecce d’argento devono metterla sulla strategia, posto che un anno fa rifilavano 34”, qualcosa vuol dire. E c’è anche un significato, magari psicologico, nel trionfo di Rosberg? «No, ho vinto solo una gara». Ma ora Nico ha scoperto, così pare, l’imbattibilità.
2. PIÙ PRO CHE CONTRO IL CAVALLINO PUÒ METTERE PAURA
Giorgio Terruzzi per il “Corriere della Sera”
S e consideriamo le aspettative del presidente Marchionne, il bilancio australiano offre un’amarezza nota. Eppure, proprio tra le pieghe di questi primi rimpianti, si nascondono indizi buoni al punto da tenere in piedi un certo brio. Un ottimismo persino concreto.
I contro, intanto: non pochi. Un patimento netto in qualifica (pur nel caos del nuovo, assurdo, format) connesso a temperature basse e nocive alla Ferrari; un errore strategico in gara dettato da una aggressività inadeguata sul fronte gomme; un guasto tutto fuoco e fiamme ad incenerire le speranze di Raikkonen; un errore di Vettel tanto raro quanto ininfluente nel finale.
I pro: parecchi pure loro. Un doppio scatto stile Usain Bolt che ha sorpreso Hamilton e Rosberg al via e che — in quanto doppio, appunto — fa ipotizzare una gestione elettronica della procedura molto efficace. Dunque, un’arma potenziale importantissima per puntare a «fare il ritmo» partendo anche dalla seconda fila.
È ciò che stavano facendo Seb e Kimi a Melbourne, con una certa autorevolezza. Anche il tema-gomme chiede una esplorazione più approfondita e, di certo, nella vittoria Mercedes, si può riconoscere l’importanza dell’enorme lavoro sul passo svolto durante i test (equivalente a 19 GP percorsi con una macchina solidissima).
Poi: la vivacità della cavalleria Ferrari, segnalata — indirettamente quanto chiaramente — dai team che utilizzano le power unit, Toro Rosso e Haas. E, ancora, la necessità di macinare chilometri per far brillare la stoffa di una macchina nuova, ammesso che la stoffa sia ottima.
A cominciare dal Bahrain, dove il clima potrà dare indicazioni e aiuti più consistenti. Va bene, al cospetto della classifica, viene il latte alle ginocchia. Ma non è proprio il caso di far scattare frasi note e indigeste, sulla consistenza inossidabile della Mercedes.
Perché, proprio la Ferrari, ha fornito alla Mercedes un contributo troppo rilevante a Melbourne. Così, valutando questa prima corsa al netto dei pesi forniti dal passato, la Ferrari maneggia speranze di certo rimandate ma sufficienti per considerare errori e delusioni come tasse di una partita aperta. Non tutte le sconfitte sono uguali. All’alba soprattutto.