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VIUUULENZAAAAA! IL RITORNO DI PASQUALE BRUNO, “O ANIMALE”: “BONUCCI? VORREI SPACCARGLI LA FACCIA. COSÌ NON PARLA PER 5 MESI. E’ INSOPPORTABILE'' - ''CHIELLINI FIGHETTA ISTERICA: SE FOSSI STATO SUÁREZ GLI AVREI DATO UN PUGNO, ALTRO CHE MORSO”

BRUNOBRUNO

Andrea Scanzi per il “Fatto Quotidiano”

 

Prima che una caviglia dannata lo costringesse al ritiro a neanche trent’anni, la più maestosa espressione di Estetica applicata al calcio – Marco Van Basten, professione Artista – rischiò la vita. Era il 26 febbraio 1992. Torino-Milan. ritorno dei quarti di Coppa Italia. Il suo marcatore, Pasquale Bruno detto sobriamente O’ Animal, lo tartassò di falli. Poi Bruno fece autogol. Van Basten, mentre l’avversario era a terra, gli andò sopra, allargò le gambe e mimò un balletto di scherno. In quel preciso istante rischiò la vita.

 

Lo salvò Fabio Capello, che lo sostituì dopo due minuti (mentre in campo succedeva di tutto), ma più che altro lo salvò la psiche di Bruno. La quale, frastornata dall’umiliazione per l’autorete, non si accorse del balletto di Van Basten. Non subito, almeno. La definizione più lucida su Pasquale Bruno, 53 anni da San Donato di Lecce, è di Adalberto Bortolotti:

 

BRUNO VAN BASTENBRUNO VAN BASTEN

“Non è stato un violento, ma un esibizionista della violenza”. Buon difensore, ostentatamente roccioso, venerato dagli ultras delle squadre in cui giocava e odiato dagli avversari. Molti sono rimasti comprensibilmente sgomenti di fronte alla sua ultima intemerata.

 

Non potendo più dare il cattivo esempio in campo, Bruno fa come le comari che detestavano Bocca di Rosa: si prende ciclicamente la briga, e di certo il gusto, di dare a tutti il consiglio giusto.

 

pasquale bruno 4pasquale bruno 4

Nello specifico, due giorni fa ha dispensato le sue lezioni di vita a un giornalista di Tuttomercatoweb.com. “Durante Juve-Toro vedere Bonucci protestare mi ha fatto pensare. Vederlo così tanto eccitato, pronto a protestare sempre, mi ha fatto immaginare Pasquale Bruno nel tunnel che dà un pugno in faccia a Bonucci, gli spacca il labbro con cinque punti di sutura e così non parla per cinque mesi. E' insopportabile per il suo comportamento”.

 

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Chi guarda il video può facilmente contestualizzare l’intervista: un ristorante, le bottiglie di vino finite, un amico che gli fa cenno di fermarsi – conscio delle polemiche che quelle parole avrebbero scaturito – e il giornalista che, dopo avergli parlato magari a pranzo, lo stuzzica puntualmente sui temi “sensibili” toccati a telecamera spenta. Bruno sembra non voler rispondere (“Che bastardo!”), ma poi esonda. E’ verosimile che non si sia pentito, anzi si divertirà un mondo a leggere le polemiche.

 

Molti lo condannano, altri – facendo leva sull’antipatia che ha spesso Bonucci in campo – gli danno addirittura ragione. Il trucco, in casi simili, è derubricare queste esternazioni – che a prenderle sul serio sarebbero da arresto immediato – per quel che sono: cazzeggio spericolato da bar.

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E’ la prassi che adottano anche gli autori di “Delinquenti del pallone”, 490mila fans su Facebook, che si divertono a narrare – peraltro benissimo - le gesta dei picchiatori del calcio. Ce ne sono stati tanti, alcuni di professione e altri perché privi di talento (e in qualche modo dovevano sopperire).

 

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Se Bruno fosse un personaggio cinematografico, sarebbe un duro minore da western, uno di quelli che muoiono a metà film dopo aver lasciato alle spalle tanti caduti e qualche massima memorabile. Su Massimo Crippa: “Se possedessi un asino come lui, non gli darei nemmeno da mangiare, lo lascerei morire di fame”.

 

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Su Chiellini: “Quello che mi ha urtato di più dè stato l’atteggiamento da fighetta isterica di Chiellini: uno col suo fisico non può fare scene così. Ha simulato varie volte, si è lamentato tutta la partita. Se fossi stato Suárez gli avrei dato un pugno in faccia, altro che morso”. Bruno non è stato solo un bullo inoffensivo.

 

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Dopo un derby con la Juve, arrabbiato per la sconfitta e per un vaffa di Paolo Di Canio, entrò nel tunnel e prese a cazzotti il primo bianconero che trovò. Era Dino Baggio, l’unico amico juventino che aveva. Quando se ne accorse ci rimase male e chiese scusa, però due giorni dopo (tramite intercessione di Luca Fusi). Andò molto peggio a Florin Raducioiu.

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Nel tunnel degli spogliatoi, dove ha probabilmente dato il meglio di sé in carriera, Bruno gli disse che quel giorno non aveva voglia di correre. Traduzione: non provare a fregarmi, altrimenti ti trito. Raducioiu non ci credette e Bruno fu di parola. Gli squarciò letteralmente la gamba sinistra con un tackle. Nove punti di sutura e quattro mesi di assenza. Bruno ci rise sopra e disse che in tasca aveva anche “una pistola, una lupara e la magnum”.

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La FIGC aprì un’inchiesta e il presidente del Torino Goveani non gli rinnovò il contratto. Il confine tra gladiatore e macellaio, nel calcio, è labile. Ed è un confine tremendo, perché il calcio può essere drammatico. Chiedere ad Alvise Zago, che ha interrotto la carriera a 20 anni. A Giancarlo Antognoni, che rischiò la vita per un intervento allucinante del portiere Martina.

 

A Maradona, che uscì con la gamba tritata dopo un intervento indegno di Goigoetxea. O al povero Impallomeni, oggi giornalista, costretto al ritiro per un fallo insensato di Costacurta (in un’amichevole). A Bruno, che quel confine lo conosce e a volte l’ha oltrepassato, piace la parte del duro.

 

Ci perdonerà – si spera: altrimenti rischiamo grosso – se lo preferiamo come battutista salace. Esempio 1: “In  campo mi dicevano di tutto: terrone, africano, ignorante. Sull’ignorante, in effetti, non si sbagliavano”.

 

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Esempio 2: “Tanti miei colleghi pensano solo a soldi, donne, auto e orologi. Credono che Rossana Rossanda sia una caramella, Pil Pot un piatto tipico piemontese e Clinton una pistola”. Notevole. E “Pil Pot” non è un refuso.

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