LA DIMOSTRAZIONE CHE LA SERIE A NON CONTA PIÙ UN CAZZO? I GIOCATORI VENGONO DA NOI PER "RILANCIARE" LE LORO CARRIERE (O PER LANCIARLE E FARE FORTUNA ALL'ESTERO) - I COLPI DI MERCATO ESTIVI DELLE "BIG" ITALIANE SONO STATI FERMATI DAI PROBLEMI FISICI: ORIGI AL MILAN, POGBA ALLA JUVE, LUKAKU ALL'INTER E WIJNALDUM ALLA ROMA - DEL RESTO, CON LE SQUADRE CHE NON HANNO SOLDI DA INVESTIRE, BISOGNA ACCONTENTARSI...
Estratto dell'articolo di Paolo Condò per “la Repubblica”
[…] Da tempo il destino della Serie A consiste da una parte nell’arruolamento di campioni antichi o in cerca di rilancio, e dall’altra dei talenti verdi chiamati a irrobustirsi prima di filarsela in Premier, o comunque in un altrove più ricco. […] Una tendenza che di recente ha portato o riportato in Italia gente come Ibrahimovic, Ribery e Giroud[…]: loro sono spesso felici di venire perché qui il ritmo è più lento, e se non si deve correre il magistero tecnico continua a fare la differenza.
Wijnaldum oggi ha 32 anni […], il flop francese gli ha consigliato una ripartenza dalla Roma (che è sempre Roma, e in più ha in Mourinho un richiamo internazionale). La frattura della tibia può capitare a ogni età, i tempi di recupero sono stati corretti, […] la capacità di liberarsi è sembrata intatta, mentre al primo passaggio per consolidare la superiorità numerica va tolta un po’ di ruggine. La Roma, comunque, può contare su un bell’acquisto per la lunga volata finale.
Non avendo ancora 28 anni, Origi appartiene anche di più alla categoria dei giocatori da rilanciare. Il suo caso, però, è differente: nelle ultime due stagioni al Liverpool non aveva giocato quasi mai: 323’ fra Premier e Champions l’anno scorso (con 4 gol, dei quali uno al Milan: pubblicità progresso), 445’ senza reti quello prima. Minutaggi minimi, che spiegano ampiamente i continui malanni muscolari lamentati quest’anno, oltre alla desuetudine agonistica una volta in campo. […]
La verità è che i “dimenticati” sulle panchine più ricche sono giocate d’azzardo: alcuni erano finiti in fondo alle rotazioni senza colpe, mentre per altri un motivo c’era. Perché Paul Pogba negli ultimi tre anni al Manchester United è partito dall’inizio 62 volte delle 149 possibili (Premier più coppe europee)? Perché la quantità di infortuni e ricadute che lo tartassavano era impressionante, e le perplessità (eufemismo) sorte quest’anno alla Continassa sulla gestione dei suoi malanni non sono diverse da quelle che hanno portato lo United a mollarlo, seguendo la medesima strada percorsa dalla Juve con Dybala.
[…]Trattandosi di un giocatore di classe mondiale, tecnicamente l’addizione è senza pari. Ma in quante partite si recuperano 315 giorni di inattività? […]quello che riuscirà a fare prima, in questa stagione, inciderà molto sulla rimonta della Juve in campionato e sul suo destino nelle coppe. […]
Il Milan domenica si è regalato il ritorno fra i pali di Mike Maignan dopo cinque mesi di assenza. […] Pochi rientri sono stati sospirati come quello del 27enne Maignan. Il 41enne Ibra è tutta un’altra faccenda: al di là delle dichiarazioni roboanti che ne fanno il Capitan Fracassa della Serie A contemporanea, è un bene che il Milan sia uscito dalla crisi prima del suo rientro, perché altrimenti avrebbe rivelato una dipendenza psicologica che dopo uno scudetto non ha più ragione di essere. […] Non deve rimandare ulteriormente l’ingaggio di un attaccante forte e giovane, due se Leao dovesse partire.
Ecco, la questione Leao ci porta nell’altra metà del reclutamento: i talenti verdi che la Serie A, in quanto “campionato di formazione”, raffina per le piazze europee più remunerative: Alisson, Cavani, Salah, Thiago Silva, De Ligt, Koulibaly, Cancelo, Kovacic, ma anche Donnarumma, Hakimi, Jorginho, Perisic, Kulusevski, Bentancur e Morata sono giocatori che — di partenza o di passaggio — in Serie A hanno fatto il salto di qualità che li ha portati nel grande giro internazionale. Quasi tutti hanno fruttato vere (e ricche) plusvalenze ai club che li hanno cresciuti.
ZLATAN IBRAHIMOVIC FESTEGGIA LO SCUDETTO DEL MILAN
Molti li abbiamo visti andare con un mix di tristezza e disincanto: siamo stati ragazzi in un ecosistema calcistico nel quale la Serie A era il principale polo d’attrazione, col miglior giocatore del mondo che sceglieva il Napoli e il secondo che atterrava all’Udinese. Non era normale, certo che no; ma sarebbe puerile negare che fosse bellissimo.