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GIANCARLO DOTTO: “DOMANI SERA TIFO NAPOLI, MA TIFO ANCHE DYBALA. GLI ABBASSO I CALZETTONI, E VEDO OMAR SIVORI. COME ESCO DA QUESTA SCHIZOFRENIA? NON SO. DOPPIETTA DI DYBALA E TERZO GOL DI HYSAY, L’ALBANESE, AL NOVANTESIMO? 2-1 PER I BIANCONERI. PUÒ ESSERE UNA SOLUZIONE…”
Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
Se la Juventus è l’ineludibile destino, la raccapricciante mano di pietra, il Napoli può essere il grandioso incidente, il colpo di spugna. Bello sapere che, in pieno post-umanesimo e postumi di calcio babilonia c’è ancora una città disposta a impazzire di gioia e a fracassare il mondo per uno scudetto. E scugnizzi a centinaia contromano e senza casco che derapano per i quartieri spagnoli. Lo schiamazzo come solo nella città più spensierata del pianeta.
Di contro, i tifosi dell’Altra condannati a replicare in bianco e nero una felicità impossibile, per quanto iscritta nella pornografia della ripetizione. Una malinconia. Dove ci si trastulla solo con il feticismo masturbatorio dei numeri.
Dunque, tifare sabato sera Sarri e la sua banda è la cosa più sana. Non sarà facile questo genere di felicità. E mica solo per via che il fatturato dalle parti di Corso Galileo Ferrarris è triplo. Il bukowskiano in tuta celeste e barba sfatta si trasanda scientemente, tra un finocchio e l’altro che gli scappa di bocca, per testimoniare quanto lui non c’entra con il sistema.
L’altro, Allegri, è una meravigliosa, incarnata parodia di come la Juventus plagia le sue creature, trasformandole e sbottonandole in tanti generali Patton in assetto perenne di guerra. Arrivato a Torino che era una gentile mammoletta, già al tappeto del sultano di Arcore, l’uomo Allegri in nemmeno due anni ha cambiato pelle, mimica e voce. Furibondo di professione.
Fa tenerezza quando scandisce e scolpisce la parola, tenorizzando la voce di solito un po’ meschina, picchiando gli accenti, come insegnano i mental coach che alla Juve sono di casa. Allegri. Ma come lui e prima di lui tanti altri, un’infinità, uno su tutti Bonucci, che arriva a Torino e chiede scusa di esistere e ora esiste senza mai chiedere scusa. Nedved e Davids, per dire, che erano delle belvette, sono diventate delle belve definitive. Persino il Molle Profeta, Hernanes, si è dichiarato un “duro” da che bazzica le panchine dello Stadium.
Tifo Napoli, ma tifo anche Dybala. Un guaio. Sono pazzo di Dybala. Chiudo gli occhi, gli abbasso i calzettoni, e vedo Omar Sivori, lo stesso galleggiare magician sull’erba, tracciando capolavori di ogni tipo. Ricami e arcobaleni. Come ne esco da questa schizofrenia? Non so. Doppietta di Dybala e terzo gol di Hysay, l’albanese, al novantesimo? Può essere una soluzione.
Il Napoli ha dalla sua Higuain e una salute di ferro (ci metto anche Koulibaly), un calcio che ti ruba il respiro già nella tua metà campo, un paio di per niente banali cursori come Allan e Hamsik, al servizio del piede clownesco di Insigne. La Juventus ha dalla sua tutto, meno Chiellini, che non è poco. Insieme a Buffon, Bonucci e Barzagli, Elephant Man, compone la cerniera mostruosa che fa da quattro anni la fortuna della squadra.
Detto di Dybala, che Dio lo conservi, va aggiunto Pogba, fenomeno quest’anno intermittente, ma sempre ispirato quando si tratta di Napoli. Ma occhio ai Cuadrado e ai Callejon, comprimari in vena di protagonismo. La Juventus è soprattutto destino. Un meraviglioso cranio lobotomizzato. Del non saper altro che vincere. Buffon fa sapere: “Ci basta un pareggio”. Esercizio di modestia? Macché. Di presunzione, casomai. Presumono che lo scudetto sarà comunque loro. E, probabilmente, hanno ragione.