CAIRO, E’ ORA DI VENDERE IL TORINO? - CLAUDIO PLAZZOTTA FA LE PULCI ALLA GESTIONE DEL CLUB BY URBANETTO: "SE NELL’EDITORIA HA TRASFORMATO IN ORO TUTTO QUELLO CHE HA TOCCATO, NEL CALCIO QUEL MIRACOLO NON È RIUSCITO - IL TORO HA CHIUSO IN PERDITA 14 BILANCI SU 19. I RISULTATI SPORTIVI SONO STATI PESSIMI. E DA UN PUNTO DI VISTA DI ASSET IMMOBILIARI, SIAMO QUASI A ZERO. IN PIU’ DA MESI CAIRO RICEVE INTOLLERABILI MINACCE DI MORTE - IL PRIMO CHE ARRIVA CON UN ASSEGNO DI 100 MILIONI DI EURO IN BOCCA AVRÀ TUTTA L’ATTENZIONE DELL’EDITORE ALESSANDRINO…"
Dal profilo Facebook di Claudio Plazzotta
Nel settembre 2005 Urbano Cairo acquisì sostanzialmente a zero euro il controllo del Torino Football Club e ne divenne presidente.
In questo quasi ventennio il Toro ha chiuso in perdita 14 dei 19 bilanci di esercizio della gestione Cairo. Da sei anni consecutivi il bilancio è in rosso, l’ultimo con utili è stato quello del 2017, e poi solo perdite, con -38,2 milioni di euro nel 2021, -6,8 milioni di euro nel 2022, e -9,8 milioni nel 2023. Nel frattempo Cairo ha immesso nel Torino circa 80 milioni di euro, e probabilmente nel prossimo esercizio frenerà il periodo negativo, contabilmente parlando, grazie alle mega-plusvalenze dalle cessioni dei calciatori Buongiorno e Bellanova prima dell’inizio di questo campionato 2024-25.
il tuffo dallo yacht di urbano cairo 5
Ma il bilancio successivo, visto l’andamento del Toro di quest’anno, avrà nuovamente problemi, tenuto conto che non sembrano esserci in rosa giocatori particolarmente bravi e da ritenere, quindi, potenziali future solide plusvalenze.
Diciamo, quindi, che da un punto di vista strettamente economico-finanziario il Torino non è un business in equilibrio, non è in grado di auto-finanziarsi, e, in prospettiva, continuerà probabilmente a erodere il patrimonio personale di Cairo.
Ovvio che il fatto di essere presidente del Torino ha puntato i riflettori sull’imprenditore quando non era così conosciuto nei salotti che contano, e ha consentito a Cairo di sedere in consessi importanti che poi gli sono serviti, come una sorta di soft power, sia nella scalata a La7, sia in quelle a Rcs Media Group.
CONTESTAZIONE A CAIRO DEI TIFOSI DEL TORINO
Quindi il fattore Toro, per Cairo, non va giudicato solo da un punto di vista di bilanci di esercizio del Torino, ma pure in base al gioco di sponda che questa carica gli ha consentito di praticare, ottenendo indiscussi vantaggi.
Ora, però, messe in cassaforte le interessanti operazioni La7 ed Rcs, viene da chiedersi perché Cairo, a 67 anni e quindi in una fase in cui potrebbe godersi di più la vita, insista con questo accanimento terapeutico nei confronti del Toro: è, a torto o a ragione, l’uomo più odiato e contestato dai tifosi granata; da mesi riceve intollerabili minacce di morte; i risultati sportivi del club, in questi 19 anni, sono stati pessimi; nei 31 derby con la Juventus sotto la sua presidenza ne ha persi 24, vincendone appena 1 nel 2015 (contro i bianconeri che peraltro stavano già festeggiando lo scudetto).
CONTESTAZIONE A CAIRO DEI TIFOSI DEL TORINO
E, da un punto di vista di asset immobiliari, siamo quasi a zero: Cairo affitta lo stadio Grande Torino pagando al comune di Torino un canone bassissimo (mezzo milione all’anno) che verrà alzato notevolmente in fase di rinnovo. Il Fila, invece, è di proprietà della Fondazione Stadio Filadelfia, l’ente pubblico/privato che gestisce il centro e lo affitta al Torino. Infine, il Robaldo, la casa delle giovanili per cui il club nel 2016 si aggiudicò l’area in concessione trentennale, resta per ora un cantiere aperto.
Insomma, un vero disastro.
Se nell’editoria Cairo ha trasformato in oro tutto quello che ha toccato, nel calcio, invece, quel miracolo non è riuscito. E il rapporto con la piazza di Torino si è irrimediabilmente rotto, per un imprenditore, ricordiamolo, che è cresciuto a Milano, città dove ha studiato e si è formato professionalmente, tifando, peraltro, per il Milan.
protesta dei tifosi del torino contro urbano cairo
Di sicuro non è detto che chi verrà dopo Cairo saprà fare meglio di lui: il Torino, prima del 2005, era un nobile club decaduto che già da anni retrocedeva spesso in B e con i conti davvero dissestati, fino ad arrivare al fallimento. Cairo, perlomeno, ha tenuto il rapporto costi-ricavi in equilibrio.
Adesso, però, sembrerebbe venuta l’ora di uscire di scena da questo triste tran-tran, vendendo. A Red Bull (fosse vero l’interesse del colosso austriaco) o a chicchessia.
Si dirà: Cairo cerca un nuovo azionista sano per lasciare il club in buone mani.
Ma basta guardare cosa fecero presidenti di lignaggio come Massimo Moratti con l’Inter (ceduto all’indonesiano Erik Thohir), e soprattutto Silvio Berlusconi col Milan (venduto all’improbabile sconosciuto imprenditore cinese Yonghong Li) per capire che il primo che arriva con un assegno di 100 milioni di euro in bocca avrà tutta l’attenzione dell’editore alessandrino.