matteo berrettini

IL LATO OSCURO DI MATTEO BERRETTINI: “HO CONOSCIUTO IL BUIO E HO PENSATO ANCHE DI MOLLARE. CREDO DI AVER CHIESTO TROPPO AL MIO CORPO. SE LE COSE NON VANNO IO METTO GIÙ LA TESTA E SPINGO. MA È UN ERRORE. IL TENNIS E’ UNO SPECCHIO IMPIETOSO, TI GUARDA DENTRO – I VELENI SOCIAL? MI SONO SENTITO SPAESATO, MI SEMBRAVA INGIUSTA TANTA CATTIVERIA" – LA FINALE PERSA A WIMBLEDON: “PUÒ STARCI ESSERE BATTUTO DA DJOKOVIC. MA ERO COSÌ VICINO AL TITOLO CHE ANCORA RIVEDO IL FILM DI QUEL MATCH PER CAPIRE DOVE POTEVO FARE MEGLIO…” (NEANCHE UNA DOMANDA, NELL'INTERVISTA DI VELTRONI, ALLA STORIA CON MELISSA SATTA...)

Estratto dell’articolo di Walter Veltroni per il Corriere della Sera

 

Com’era la stanza di Matteo Berrettini, da bambino?

berrettini

«A quindici anni, quando ne avevo una tutta per me, la riempivo di poster di Pulp Fiction , Mad Max , Fight Club , della trilogia di Batman girata da Nolan. Da bambino ero in una camera condivisa con mio fratello. Io la affollavo di giocattoli, lui di cose sportive. Ci vogliamo molto bene ma siamo, per fortuna, molto diversi. Lui a otto anni sapeva la formazione della Ternana degli anni novanta, io giocavo con il Lego.

 

 

(...)

 

Quando hai incontrato il tennis?

«I miei genitori, che erano e sono soci in un circolo del tennis, hanno depositato una racchetta tra le mie mani, con annesse palline di gomma, quando avevo tre anni. Ma non mi piaceva, volevo fare judo, arti marziali. Poi fu mio fratello a convincermi che il tennis era più divertimento che pura fatica. A otto anni ho ripreso la racchetta e non l’ho mai più posata. Mio nonno, a ottant’anni, gioca ancora, è proprio una malattia di famiglia».

 

Quale è, nel tennis, il rapporto tra fatica e divertimento?

berrettini

«Cinquanta e cinquanta, ma alla fine sono sempre riuscito a divertirmi, nella fatica

 

(...)

Il tennis è una filosofia, un modo di vedere la vita.

«Da ragazzo amavo gli sport di squadra ma mi sono reso conto presto che quello che mi piaceva era prendere responsabilità, essere ragione del destino di una gara, caricarmi sulle spalle interamente il peso di una vittoria o di una sconfitta. Questo mi serviva soprattutto a conoscere me stesso. 

 

(...)

 

Che cosa è la sconfitta per te?

«Il tennis ti insegna a perdere. Anche i migliori, anche nelle migliori stagioni, devono bere il calice della sconfitta. Io odio perdere, ma ho sempre usato la sconfitta per migliorarmi. Per me è un motore più grande della vittoria. Non sentirmi più in quel modo, non provare quella rabbia o quella frustrazione, talvolta umiliazione, mi spinge a cercare il modo per rimuovere quell’errore, quel difetto che mi ha fatto perdere una partita o un torneo. Come diceva Nelson Mandela: “Io non perdo mai, o vinco o imparo”. Per esempio Wimbledon, l’anno della finale. Ho fatto un percorso incredibile e può starci, di perdere con Djokovic. Ma ero così vicino al titolo che ancora rivedo il film di quel match per capire dove potevo fare meglio. Ho perduto una partita, quella finale, ma sono stato fiero di aver condiviso con il mio Paese qualcosa di cui gli italiani sono stati orgogliosi».

satta berrettini

 

Si educano il carattere e la testa?

«Quando ero più piccolo tendevo sempre a reagire istintivamente, qualsiasi energia mi assalisse, io la assecondavo. Ero selvaggio, nel bene e nel male seguivo la mia natura. Ora seziono ogni pulsione, cerco di correggere le reazioni e di dominarle. L’esperienza mi ha insegnato a capire la natura dei momenti che vivo e a cercare l’atteggiamento mentale più giusto. L’educazione, anche quella che viene dalle discipline, ti aiuta. Ma sei tu, con le ferite delle porte in faccia ricevute e delle amarezze, che ti sai correggere, che sai governare il tuo cervello e orientare le tue reazioni emotive».

 

Come si fa, quando si sta perdendo anche cinque a zero in un set, a non mollare, a pensare che, a dispetto di tutto, si potrà vincere una partita?

«È in primo luogo una forma di rispetto verso sé stessi. Penso sempre: “Ho lavorato troppo, ho faticato giornate intere e non ho il diritto di regalare un punto o di arrendermi. Se vuole vincere, il mio avversario se la deve sudare, fino all’ultimo.”. La rinuncia a combattere, l’inerzia negativa è l’unica sconfitta che non sopporto, non riesco a perdonarmi. Io non voglio mollare mai».

melissa satta berrettini foto whopsee

 

Cosa è successo al tuo fisico?

«Sto cercando di capirlo, è difficile fare un’analisi oggettiva di quello che succede nel corpo, fatto di muscoli e psiche, di ognuno di noi. Nell’ultimo anno ho vissuto troppi strappi mentali e fisici. Ci sono stati dei momenti in cui la mia testa e il mio corpo non erano allineati, chiedevo troppo all’uno o all’altro. Clinicamente è stato uno strappo dell’obliquo interno. Credo di aver chiesto troppo al mio corpo. La mia indole combattiva non mi fa accettare quei fisiologici momenti di down che esistono per tutti. Io se sono in difficoltà tendo ad accelerare e non sempre è giusto. Se le cose non vanno io metto giù la testa e spingo. Ma è un errore. Se la testa si illude di stare bene e il corpo sta male, si paga il prezzo che ho pagato».

 

Lo strappo fisico ti ha fatto precipitare in un periodo di buio psicologico.

«Sì, molto legato al fatto di non poter competere. Perché in fondo, anche quando mi sento esausto, è questa una delle cose che mi rendono vivo. Non poterlo fare, in appuntamenti importanti, mi ha fatto conoscere il buio. E il buio sembra non avere fine, sembra ti inghiotta perché invece di stare fermo e rifiatare, ti scavi da solo un abisso. Sono stati momenti brutti, che non mi sono piaciuti. Ma sono stati fondamentali per farmi ritrovare le ragioni della gioia di fare quello che ho iniziato da bambino e che ha occupato tutta la mia vita. Ho ripensato alle origini per ritrovarmi. Il buio mi ha dato lo spazio per farlo».

berrettini melissa satta

 

Sei uscito da questa fase nera ritrovando la bellezza del gioco?

«Esatto, recuperando la purezza, l’allegria, l’incanto di una scelta che non ho compiuto, da ragazzo, pensando a Wimbledon, ma con la coscienza che era quello che volevo fare per sentirmi bene. Invece la mia vita era diventata una sequenza di “Devo”. Dovevo giocare certi tornei, dovevo vincere, dovevo essere in un certo modo. So che il dovere esiste, ma si deve coniugare con il piacere, con la gioia di fare, con leggerezza, quello che hai scelto di fare.

Ti sei sentito solo in quei giorni? Tutti ti idolatravano dopo Wimbledon e poi è cominciato a scorrere, sui social in particolare, un po’ di veleno.

«Solo mai, sono pieno di persone che mi vogliono bene, per fortuna. Che si rapportano a me non solo per la qualità dei miei risultati sportivi ma per l’esistenza o meno di un sorriso. Però in quei giorni mi sono sentito spaesato, a disagio. Mi sembrava ingiusto che, per qualcosa che atteneva al mio fisico, dovessi ingurgitare tanta cattiveria. Che tutti quelli che avevano tifato sparissero o si tramutassero improvvisamente in giudici o odiatori. In fondo sono stato bloccato dal mio corpo dolente e ho tentato di reagire con tutte le mie forze. Ho pagato io il prezzo più alto. Ecco, questa elementare solidarietà mi è mancata. Mi ha ferito non trovare questa sensibilità».

 

Quanto hanno pesato i social in tutto questo?

sonego berrettini

«Ho sempre avuto con la società digitale un rapporto analogo a quello della mia generazione. Ci sono stato dentro. Estraniarsi o allontanarsi perché qualcuno parlava male di te mi sembrava un atto di debolezza, una rinuncia incompatibile con il mio carattere. Non volevo cedere, non volevo scappare. Ma ora mi rendo conto che stavo facendo come Don Chisciotte con i mulini a vento e quindi ho rallentato molto, quasi spento del tutto. Mi sono accorto che il mio stato d’animo cambiava in relazione al tono di cento persone che scrivevano i loro legittimi, ma spesso ingiusti, commenti che arrivavano direttamente nelle mie mani. Mi sono accorto che il mio umore aveva il dovere di dipendere da ben altro».

Ora come stai?

sonego berrettini

«Toccando ferro dico bene. Il problema di questo sport è che tutto il sistema muscolare e la mente sono sottoposti a mutamenti costanti: la superfice del campo da gioco, la conseguente velocità, i viaggi con cambiamenti repentini di fuso e di clima. C’è poi una norma di comportamento che sembra il famoso comma 22 dell’esercito americano: la condizione la trovi solo giocando, ma se giochi troppo rischi. Oggi mi sento bene dentro e ho il sorriso, quando scendo in campo».

 

Quando eri ragazzo chi era il tuo tennista preferito?

«Federer, senza alcun dubbio. Il primo match contro di lui non ho capito neanche dove stavo, tanto ero emozionato. E stavo a Wimbledon. Mi ha ammazzato, ma è stato meraviglioso. Lui non è solo un grande tennista, è una persona fantastica. Sa essere semplice, inclusivo, è naturalmente, non artificiosamente, aperto, cordiale. Quando passa senti un’energia speciale. Ha il carisma del talento e della gentilezza».

(…)

Durante questo tempo cupo hai mai avuto voglia di dire basta?

matteo berrettini

«Tante volte, credimi. Nel 2020 ho avuto un’annata complicata e ricordo di aver fatto il pensiero, che mi aiutava a dormire, di prendere il passaporto, non dire nulla ad anima viva e fuggire dove nessuno avrebbe potuto trovarmi. Mi è capitato di pensarci, nei giorni bui. Pensavo ma perché devo subire tutta questa pressione, il senso di colpa per il mio corpo ferito... La vita è una, non ha repliche. Ma poi il tempo, il confronto con gli altri mi hanno fatto capire che io sono felice solo se scendo in campo e respiro quell’atmosfera. E sono infelice se non lo faccio. é una magnifica condanna, che mi sono scelto. E che ancora oggi, di nuovo oggi, mi regala gioia immensa».

 

(...)

matteo berrettini

Cosa è la paura per un tennista?

«Il motore fondamentale. Se non ho paura, c’è qualcosa che non va. Quando mi sono svegliato sereno, prima di una partita, l’ho sempre giocata male. La paura controllata è fondamentale. All’inizio è stata la paura di non farcela, di non convincere i miei genitori a farmi continuare, di non essere all’altezza delle attese. Quella paura è un motore».

 

Se a nove anni ti avessero detto che avresti giocato la finale di Wimbledon?

«Forse a nove anni ci avrei creduto più che a venti. Il sogno di un bambino non conosce confini. È buffo, però, è come se mi fossi sempre preparato a quello, senza saperlo. Io sapevo che il tennis sarebbe stata la mia vita. Mio padre mi disse un giorno che se avessi davvero imboccato questa strada avrei passato tutta la mia esistenza in tuta. Io gli risposi che a me non piaceva la giacca. Ho realizzato quel sogno con tanta fatica, tanto lavoro».

 

Hai un amico nel circuito?

matteo berrettini lorenzo sonego a stoccarda

«Sì, Lorenzo Sonego, è l’unico con cui abbia un rapporto che supera il campo. Siamo coetanei, abbiamo fatto lo stesso percorso e ci stimiamo. Quando mi ha battuto seccamente a Stoccarda, il giorno in cui tornavo a giocare, alla fine non ha esultato. Io ero completamente fuori di me e lui mi ha detto “Mi dispiace”. Significava “Mi dispiace vederti così”. Quando poi ho vinto io, a Wimbledon, lui a fine partita mi ha abbracciato, mi voleva dire che con me desiderava sempre giocare così, da pari a pari. Quel tipo di sensibilità non è diffusa. Nel tennis. Ma non solo».

 

Quali sono ora i tuoi obiettivi?

«Al livello sportivo nel mio cuore c’è Wimbledon. E anche gli internazionali di Roma. Ma oggi che, per la prima volta, ho conosciuto il malessere, l’obiettivo è quello di non frequentarlo più, di tenerlo lontano. E di vivere il tennis per quello che è: gioia e sfida per migliorare sé stessi».

matteo berrettini esce in lacrime dal campo a stoccarda 2matteo berrettini esce in lacrime dal campo a stoccardamelissa satta berrettinimelissa satta matteo berrettini a monaco 3melissa satta matteo berrettini a monaco 6melissa satta berrettinimatteo berrettini al master di miamiberrettini sattamatteo berrettini esce in lacrime dal campo a stoccarda 1

 

Ultimi Dagoreport

fedez chiara ferragni game over matrimonio x

“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL RAPPER, FABRIZIO CORONA, BUTTA BENZINA SUL FUOCO: “RACCONTERÒ LA MOGLIETTINA PERFETTA CHE SEI, QUANTE STRONZATE RACCONTI DA 15 ANNI, I TUOI AFFARI SPORCHI E L'AMORE CHE PERÒ HAI VISSUTO TRADENDOLO COSTANTEMENTE" - L’IRRESISTIBILE SCENEGGIATA, RICCA DI MIRATISSIMI COLPI ALL'INGUINE MESSA IN SCENA DALL’EX DUO FERRAGNEZ, CONFERMA LA PIÙ CLASSICA CONVINZIONE FILOSOFICA-EUCLIDEA: L'IDIOZIA È LA PIÙ GRAZIOSA DISTANZA FRA DUE PERSONE (SALVO POI SCOPRIRE CHE, AL LORO CONFRONTO, I COSIDDETTI MEDIA TRASH SCANDALISTICI SONO INNOCENTI COME TUBI) - AMORALE DELLA FAVA: IL LORO MATRIMONIO CELEBRATO NEL 2018 IN UNA LOCATION DI LUSSO DI NOTO, TRASFORMATO IN LUNA PARK VERSIONE FLOWER POWER, CON RUOTE PANORAMICHE E CONSOLLE DI DEEJAY, ERA UNA PROMESSA DI FUTURO: PAGLIACCIATA ERA, PAGLIACCIATA È STATA - VIDEO

luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps

DAGOREPORT - NEL GRAN RISIKO BANCARIO, L’UNICA COSA CERTA È CHE MONTE DEI PASCHI DI SIENA È ORA NELLE MANI DI DUE IMPRENDITORI PRIVATI: MILLERI E CALTAGIRONE. ALTRO CHE BANCA LEGHISTA COME CIANCIA SALVINI - ALTRA CERTEZZA: L’OPS SU MEDIOBANCA SARÀ COMPLETATA DOPO L’ASSALTO A GENERALI - SE L’IMMOBILIARISTA CALTARICCONE SOGNA LA CONQUISTA DELLA SECONDA COMPAGNIA EUROPEA CHE GESTISCE 32 MILIARDI DI EURO DI BENI IMMOBILI, ALCUNI EREDI DEL VECCHIO ACCUSANO MILLERI DI ESSERE SUBALTERNO AL DECISIONISMO DI CALTA - SULLA PIAZZA DI MILANO SI VOCIFERA ANCHE DI UNA POSSIBILE DISCESA IN CAMPO DI UN CAVALIERE BIANCO CHE LANCI UN’OPA SU MEDIOBANCA PIÙ RICCA DELL’OPS DI CALTA-MILLERI-LOVAGLIO...

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL TORTURATOR ALMASRI È LA PROVA CHE LA LIBIA USA I MIGRANTI A MO' DI PISTOLA PUNTATA SULL'ITALIA - CHE POI PALAZZO CHIGI NON SAPPIA GESTIRE LE SITUAZIONI DI CRISI E' LAMPANTE: SAREBBE BASTATO METTERE IL SEGRETO DI STATO, INVECE CHE MANDARE PIANTEDOSI A CIANCIARE DI " ALMASRI, PERICOLO PER LA SICUREZZA", E NESSUNO SI SAREBBE FATTO MALE - L'ATTO GIUDIZIARIO DELLA PROCURA DI ROMA NON C'ENTRA NIENTE CON IL CASO SANTANCHÈ - LO STRETTO RAPPORTO DI LI GOTTI CON I MAGISTRATI - LE VOCI DI VOTO ANTICIPATO PER CAPITALIZZARE ''GIORGIA MARTIRE DELLA MAGISTRATURA''. CHE NON È SUL TAVOLO: SOLO MATTARELLA DECIDE QUANDO SCIOGLIERE LE CAMERE (E SERVIREBBE CHE O LEGA O FORZA ITALIA STACCASSERO LA SPINA AL GOVERNO...)

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

DAGOREPORT - AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO SARANNO DOLORI PER LA MELONI INEBRIATA DAL TRUMPISMO - IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE SARÀ LA RATIFICA, UNICA MANCANTE DEI 27 PAESI, ALLA RIFORMA DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ (MES), A GARANZIA DI UNA CRISI BANCARIA SISTEMICA. LA DUCETTA AVEVA GIA' PROMESSO DI RATIFICARLO DOPO LA FIRMA DEL PATTO DI STABILITÀ. MA ORA NON POTRÀ INVENTARSI SUPERCAZZOLE DAVANTI A MACRON, SCHOLZ, TUSK, SANCHEZ, LEADER CHE NON NASCONDONO DIFFIDENZA E OSTILITÀ NEI CONFRONTI DELL'UNDERDOG CHE SI È MESSA IN TESTA DI ESSERE IL CAVALLO DI TROIA DELLA TECNODESTRA AMERICANA IN EUROPA - MA IL ROSPO PIÙ GROSSO DA INGOIARE ARRIVERÀ DALL’ESTABLISHMENT DI BRUXELLES CHE LE FARÀ PRESENTE: CARA GIORGIA, QUANDO VAI A BACIARE LA PANTOFOLA DI TRUMP NON RAPPRESENTI LE ISTANZE EUROPEE. ANZI, PER DIRLA TUTTA, NON RAPPRESENTI NEMMENO L’ITALIA, MEMBRO DELLA UE QUINDI SOGGETTA ALLE REGOLE COMUNITARIE (CHE HANNO TENUTO A GALLA IL PIL ITALIANO CON I 209 MILIARDI DI PNRR), MA RAPPRESENTI UNICAMENTE TE STESSA…

donald trump elon musk

DAGOREPORT – SIC TRANSIT GLORIA MUSK: A TRUMP SONO BASTATI MENO DI DIECI GIORNI DA PRESIDENTE PER SCAZZARE CON IL MILIARDARIO KETAMINICO – LA VENDITA DI TIKTOK A MICROSOFT È UN CAZZOTTO IN UN OCCHIO PER MR. TESLA (BILL GATES È UN SUO ACERRIMO NEMICO). POI C’È LA DIVERSITÀ DI VEDUTE SUL REGNO UNITO: MUSK VUOLE ABBATTERE IL GOVERNO DI STARMER, CHE VUOLE REGOLAMENTARE “X”. E TRUMPONE CHE FA? DICE CHE IL LABURISTA STA FACENDO UN “GOOD JOB” – L’INSOFFERENZA DEL VECCHIO MONDO “MAGA”, L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E I DAZI ALL’EUROPA: IL TYCOON ASPETTA PERCHÉ VUOLE DISCUTERE CON LONDRA…

stefano boeri cino zucchi beppe sala

DAGOREPORT! LA "POLITECNICO CONNECTION" MILANESE, CHE HA PORTATO AI DOMICILIARI STEFANO BOERI E CINO ZUCCHI ERA STATA RACCONTATA SUL “FATTO” DA EMILIO BATTISTI NELL’AGOSTO DEL 2022 – L’ARCHITETTO SQUADERNAVA LA RETE DI RELAZIONI PROFESSIONALI TRA I VINCITORI DEL CONCORSO E I COMMISSARI BOERI E ZUCCHI LA “RIGENERAZIONE URBANA” A COLPI DI GRATTACIELI, SULLA QUALE IL SINDACO SALA TRABALLA, NASCE SEMPRE NELLA SCUOLA DI ARCHITETTURA DEL POLITECNICO, DOVE IMPAZZA DA DECENNI UNA LOTTA INTESTINA TRA DOCENTI, QUASI TUTTI DI SINISTRA - L’INUTILITÀ DEI CONCORSI, OBBLIGATORI, PERÒ, PER LEGGE, QUANDO SAREBBE PIÙ ONESTO CHE...