LUNEDÌ ELOQUENTE E TRE CONCETTI CHIARI: LA LAZIO È LA SQUADRA DEL GIORNO E, DI QUESTA LAZIO CHE NON SI FERMA PIÙ, FELIPE ANDERSON È LA TORTA - SECONDO CONCETTO LAMPANTE. ACCORCIARE L’AGONIA DI PIPPO INZAGHI - TERZO CONCETTO: LA ROMA NON C'E' PIU'
Giancarlo Dotto per Dagospia
Lunedì eloquente. Tre concetti chiari. La Lazio è la squadra del giorno e, di questa Lazio che non si ferma più, Felipe Anderson è la torta. Il resto, Biglia, Klose, De Vrai e compagni la ciliegina. Una squadra importante ma, senza il fenomeno, a Torino non avrebbe vinto.
Già oggi il brasiliano è uno dei dieci giocatori più forti del pianeta. E non scherza mica l’ottimo Pioli quando dice che non lo cambierebbe con Neymar. Spiegate a quella mente eccelsa di Dunga di farsi un giro in Italia per capire chi sarà l’uomo che ripulirà la vergogna dei verdeoro dopo l’umiliazione mondiale. Al momento, non sembra averlo capito visto che insiste a convocare cariatidi come Robinho e misteriose nullità che giocano in Cina. Lazio da oggi favoritissima per il secondo posto che vale la Champions.
Secondo concetto lampante. Accorciare l’agonia di Pippo Inzaghi. E’ riuscito a perdere anche a Firenze al fondo di una partita non giocata nemmeno malaccio, contro una Fiorentina sfigurata dal turn over selvaggio di Montella, molle sulle gambe e la testa già a giovedì. A voler staccare la spina allo struggente Pippo sono per primi i tifosi del Milan che non ne possono più di vedere il loro ex pupillo intristire nella parodia dell’allenatore. Un bene per tutti, agire subito. C’è anche la faccia di Galliani da restaurare, ma quello è più complicato.
Terzo, definitivo concetto. La Roma non c’è più. Ma forse non c’è mai stata. Un miraggio nel deserto. E’ bastata una mediocre ma tignosa Sampdoria a dire quello che già sapevamo. I pareggi in serie? Un tampone su un corpo malato grave. Lo stupro calcistico del Bayern di Guardiola è solo la scena madre che ha illuminato il problema. Senza Benatia, Castan, Maicon e Strootman la Roma è semplicemente un’altra squadra. Pjanic non è mai sceso dal cavallo a dondolo. Giocatore capace solo di bella calligrafia. Disegna bene le aste, ma oltre non va.
E poi i due leader totemici. Totti e De Rossi soffrono di un vizio intrinseco e di uno estrinseco: sono romani e sono logori. Il primo per l’età, il secondo per eccesso di sensibilità. Condizionano se stessi e l’ambiente. Loro e la Roma, un rapporto morboso che, a questo punto, non aiuta più nessuno. In mezzo a questo pasticcio inestricabile, Rudi Garcia, il meno colpevole di tutti. Il suo errore era, fino a poco tempo fa, la sua forza. L’insanabile ottimismo.
Ha creduto fino all’ultimo di avere una squadra competitiva, ma la sua squadra non c’era più. E quelli che c’erano, giocatori dimezzati o sopravvalutati. Su tutti? Pjanic e Ljajic. A Trigoria si respira un’aria tremenda e giovedì sera può franare tutto. Si rischia di arrivare monchi allo stadio. James Pallotta si faccia piantare una tenda permanente a Roma. C’è bisogno di lui.
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