
E MOU CHE SUCCEDERA’? – DOPO AVER PRESO PER IL NASO L'ALLENATORE DEL GALATASARAY BURUK, MOURINHO RISCHIA LA STANGATA. A FINE STAGIONE POTREBBE SALUTARE IL CALCIO TURCO. IL BRASILE PENSA A LUI PER LA PANCHINA DELLA SELECAO – LA STAMPA: “DA AGENTE PROVOCATORE DEL CALCIO MONDIALE A MACCHIETTA DI SE STESSO INCAPACE DI ACCETTARE IL FINALE DI PARTITA. L'ALLENATORE CHE DIMORAVA SOLO 'DOPO DIO', RISCHIA DI AFFOGARE IN UN PO' TROPPO 'IO'…” - VIDEO
There's always drama with José Mourinho... ?? pic.twitter.com/Vjnz9ETJEm
— Football Tweet ?? (@Football__Tweet) April 2, 2025
Stefano Semeraro per "la Stampa" - Estratti
mourinho buruk fenerbahce galatasaray
Porqué, porqué, porqué José Mourinho?
Perché The Special One, diventato con il tempo The Only One, non riesce a trovare «The Last One»?
L'ultima provocazione, l'ultima polemica, l'ultima messinscena. «Non sono un pirla», spiegò al suo sbarco a Milano, presentandosi ai tifosi dell'Inter, e nel corso della sua lunga e altalenante carriera nessuno ha mai dubitato della sua intelligenza, o perlomeno della sua furbizia. Da quando è sbarcato in Turchia però rischia di farsi derubricare da agente provocatore del calcio mondiale a macchietta di se stesso, da tecnico controverso, ma vincente, a vecchio mattatore incapace di accettare il finale di partita. L'allenatore che dimorava solo «dopo Dio», rischia di affogare in un po' troppo «io».
L'ultima - per ora - bravata risale al derby fra il suo Fenerbahce e l'odiatissimo Galatasaray: una strizzatina al naso dell'allenatore avversario, Okan Buruk, che tanto per non sfigurare nel siparietto si è buttato a terra simulando un ko.
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L'ennesima puntata di una faida in cui Mou non si è risparmiato niente, aggiornando semmai il suo già vasto repertorio: tifosi avversari accusati di «saltare come scimmie», il calcio turco definito sporco e corrotto, gli arbitri palesemente perculati. A Istanbul e dintorni è un personaggio talmente popolare da comparire in piazza sugli striscioni dei protestanti anti-Erdogan, in panchina però ha già collezionato cinque rossi e quattro settimane di squalifica.
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Oggi c'è da chiedersi: why always Mou? Dal Porto al Chelsea, dall'Inter al Real Madrid, dallo United alla Roma, le sue boutade hanno fatto storia, gli sono costate odio e minacce, sputi e pugni in faccia, persino un tentativo di omicidio (a La Coruña, nel 2011).
Ricordate? Il gesto delle manette - ormai diventato leggenda - durante un Inter-Sampdoria del 2010 e la conferenza in solo portoghese («In italiano non mi spiego abbastanza bene») prima di un match contro il Sassuolo. Il Triplete e l'orecchio mostrato ai tifosi della Juve da allenatore del Manchester; il «telefono» mimato all'arbitro Pairetto, con tanto di espulsione durante un Roma-Verona di tre anni fa.
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E poi il dito nell'occhio a Tito Vilanova, quando il tecnico spagnolo era vice di Guardiola al Barça, da mister delle Merengues; il binocolo mostrato all'arbitro, sempre dalla panca del Real, contro il Borussia Dortmund e l'ordine di farsi espellere dato ai suoi giocatori Xabi Alonso e Sergio Ramos. L'accusa di essere un «voyeur», un guardone, rifilata (Mon Dieu!) ad Arsene Wenger, e il gesto dell'ombrello - un classico, per una volta un po' camuffato - dopo una rimontona in extremis sullo Sporting Gijon. Il catalogo, per difetto, è questo, da aggiornare ora con la «strizzatina» turca.
Si è sempre dichiarato un anti-sistema, Mourinho, anche se ha allenato il Gotha europeo, ha spiegato mille volte di voler proteggere i propri giocatori attirando su di sè l'attenzione. Oggi il parafulmine gli servirebbe per neutralizzare la dipendenza da un personaggio pubblico che si è cucito addosso ma ormai rischia di soffocarlo. Così quella triplice domanda, rivolta all'arbitro dopo una semifinale di Champions League persa con il Barcellona, Mourinho farebbe meglio a farsela da solo. Magari davanti ad uno specchio.