CARLETTO ANCELOTTI, MIO PADRE - “E’ IMPOSSIBILE LITIGARE CON LUI”: IL FIGLIO DAVIDE, SUO VICE AL BAYERN, RACCONTA IL PAPA’ 'TRANQUILLOTTI': “CERTE VOLTE SI COMMUOVE QUANDO PARLA CON UN GIOCATORE" - LE VACANZE IN CAMPER PER SEGUIRE L’EUROPEO DEL 2000 IN BELGIO E OLANDA, LE PROVE PER DUETTARE CON ANASTACIA, LA CARBONARA E QUELL’UNICA VOLTA IN CUI S’ARRABBIO’ DAVVERO…- VIDEO
Elvira Serra per il Corriere della Sera
Di quell’unica volta che lo fece arrabbiare sul serio, si vergogna ancora. «Ero in quarta, al Leopardi di Milano, liceo scientifico: avevo mancato di rispetto al prof di latino. Stavo facendo lo scemo e lui mi aveva mandato fuori. Io avevo nello zaino un blocchetto di buoni Esselunga, a quei tempi li davano al Milan, e glieli lasciai sulla scrivania dicendo: “Comprati la camomilla al supermercato”. Mio padre quella sera volle il numero dell’insegnante per chiamarlo e scusarsi. Chiesi scusa anch’io».
Davide Ancelotti lo racconta davvero mortificato, seduto a un tavolino della sede del Bayern Monaco, davanti ai due campi di calcio dove allena, da vice di papà Carlo, la squadra che ha appena vinto la Bundesliga. Questa è l’unica macchia in un curriculum irreprensibile di figlio innamoratissimo del padre, di cui onora il talento impegnandosi il triplo: «Essere il “figlio di” è soprattutto una opportunità: devo fare tutto meglio». Con questo spirito l’anno scorso si è messo a studiare il tedesco ogni giorno, prima con una insegnante poi da solo, per arrivare pronto in Germania. «Il vantaggio è solo mio, ora so una lingua in più».
Le vacanze normali
Infanzia e adolescenza sono una catena di ricordi divertenti e puliti. «L’album delle figurine dei calciatori? Certo che lo avevo. Ma poi papà, che conosceva qualcuno nella Panini, tornava a casa con certi pacchi e diventava un lavoro attaccarle». Manie da papà-allenatore. «Quando dopo cena andavo a mettermi il pigiama, al piano di sopra, nella casa di Felegara, lui mi cronometrava: non sono mai stato un’acciuga e non ero molto veloce...». Vacanze normali. «Mi mandavano da solo ad Avezzano, da certi amici di famiglia, dove ero un bambino come gli altri». Nessuna mania di grandezza. «Un anno affittammo metà della nostra casa nel golfo di Marinella al dj Ringo: mi metteva in soggezione avere per vicino un personaggio famoso». Inutile obiettare che suo padre era ben più famoso: «Ma lui era papà, che c’entra!». Tra i viaggi all’insegna del basso profilo c’è quello in camper del 2000 per vedere gli Europei in Olanda e Belgio. «La prima notte ci fermammo in una piazzola di sosta in Germania, ogni cinque minuti passava un Tir che ci faceva tremare».
I viaggi in auto ascoltando Renato Zero
Del libro dei ricordi fanno parte i «rientri» in Emilia del venerdì pomeriggio. «Papà mi passava a prendere da Milanello, ascoltavamo Renato Zero e Laura Pausini». Le doti canore del padre sono agli atti. «Quando abbiamo vinto la Bundesliga si è affacciato su Marienplatz gremita, ha preso il microfono e ha improvvisato I migliori anni della nostra vita. Sembra tutto timido e riservato e invece... Stessa cosa alla festa organizzata dal Bayern per festeggiare, c’era pure Anastacia: lui è andato anche a fare le prove per duettare la canzone di Eros Ramazzotti. Alla fine abbiamo fatto tutti un’invasione di palco, è stato grande, grandissimo!».
L’orologio rubato
Mai una volta che lo abbia sgridato. «Il suo metodo è darti fiducia e responsabilizzarti. Lo fa anche con i calciatori ed è il suo punto di forza, perché poi non hai cuore di deludere uno così». Nel 2012 la discussione della sua tesi di laurea in Scienze motorie non se l’è voluta perdere. «Era in ritiro con il Paris Saint-Germain, ma è venuto lo stesso, ha noleggiato un jet. La cosa buffa è che anche mamma, per esserci in tempo, aveva noleggiato un Cessna. Atterrarono entrambi nell’unica pista dell’aeroporto Giuseppe Verdi di Parma». Insieme gli hanno regalato un Rolex. «E lo scorso Natale due transessuali me lo hanno rubato fuori da una discoteca a Milano, non ci posso ripensare... Non ho la faccia tosta di chiederlo ai miei, ma se me ne regalassero un altro sarei felice».
La passione per il cinema
A suo padre deve i pochi film che ha visto. «È un appassionato vero. Mi ha fatto guardare Il Padrino, Gli intoccabili, Il cacciatore. Ancora mi insulta perché mi mancano Quei bravi ragazzi». È sempre lui a chiamarlo a ogni giorno, quando non si vedono. «Ce l’ho registrato come Plugo, da un soprannome che mi avevano dato da piccolo. Le nostre telefonate durano un minuto». Marchio di fabbrica? «Il sopracciglio alzato».
Scaramanzia e cucina
Di un padre scaramantico non può rivelare troppo. «Ma ai tempi in cui allenava il Milan teneva diverse cose nella giacca...». Concede però un aneddoto. «Nel percorso hotel-stadio, in pullman, gioca sempre al solitario. Lo stesso durante il riscaldamento, che seguo io con il preparatore atletico: lui resta nello spogliatoio o nel suo ufficio. Quando vince, si vince: o così ci vuol far credere...».
Entrambi buona forchetta, Carlo però è anche chef. «E se la tira un po’. Fa carbonara e pasta ai broccoli buonissime...». Emotivi tutti e due. «Ma lui di più: certe volte si commuove quando parla con un giocatore». È per questo che non si vergogna di abbracciarlo o dargli un bacio davanti agli altri. «È impossibile litigare con lui».
ANCELOTTI VINCE IL CAMPIONATO CON IL BAYERNANCELOTTI VINCE IL CAMPIONATO CON IL BAYERN ANCELOTTI VINCE IL CAMPIONATO CON IL BAYERN ANCELOTTIANCELOTTIANCELOTTI VINCE IL CAMPIONATO CON IL BAYERN ANCELOTTI A EDICOLA FIORE