PER NON INGOIARE UN ALTRO PAN DI SPAGNA AMARO, L’ITALIA DI PRANDELLI DEVE TORNARE A CATENACCIO E CONTROPIEDE

Franco Ordine per "il Giornale"

Lo sappiano bene: la Spagna è molto più forte di questa Italia piena di cerotti e di affanni. Non abbiamo dimenticato certo quel che è accaduto negli ultimi anni, la scalata al vertice mondiale del calcio della selezione in maglia rossa accompagnata dai trionfi del Barcellona di Guardiola da cui ha ereditato il tiqui-taca, versione moderna e ultraoffensiva, ingigantita dal fuoriclasse Messi, del famoso gioco corto di Corrado Viciani ai tempi della Ternana.

Lo sappiano bene: la Spagna è campione del mondo uscente e all'europeo dell' estate scorsa, dopo un prologo poco entusiasmante nel girone ( 1 a 1 proprio al cospetto degli azzurri di Prandelli), ha dominato e spianato il club Italia nella finalissima di Kiev. Possono permettersi anche qualche goliardata, tipo quella di far festa, dopo aver timbrato il cartellino della semifinale, e di ospitare signorine grandi forme in albergo.

«Speriamo siano stanchi» la battuta inevitabile di Marchisio. Dalle nostre parti nemmeno l'assoluta astinenza potrebbe rivelarsi garanzia di miglior rendimento. Lo sappiano bene: il ct non ha il meglio delle sue truppe a disposizione. Abate,con un braccio al collo, è stato il primo ad arrendersi, Balotelli è tornato in Italia da qualche giorno, Pirlo è rimasto in Brasile nella speranza di recuperare per il fine settimana e le famose provviste sono ridotte al lumicino per un paio di motivi (fisico e tecnico) semplici semplici.

In questo scenario, è complicato presentarsi a Fortaleza al cospetto degli spagnoli e sperare in uno di quei miracoli che il calcio ha saputo regalare lungo il corso della sua tormentata ma affascinante storia. Di solito è quando uno meno se l'aspetta che è possibile rovesciare il tavolo, mettere il rivale più accreditato al muro e soffiargli il successo sotto il naso. Magari con uno di quei giochini di prestigio che passano sotto il segno di irripetibili numeri artistici.

Il fatto è che non abbiamo artisti, nello schieramento deciso dal ct e questo è forse l'ultimo dei deficit con il quale bisogna fare i conti prima di voltare pagina. E di pensare positivo. Non solo per un banale esercizio patriottico. Ma perché un altro destino è possibile.

Grazie magari allo schieramento in dolce stil juventino (difesa a tre più Maggio e Giaccherini sui due lati) e a quel curioso allestimento della linea d'attacco con la boa Gilardino in avanti a segnalare la profondità del campo e un paio di guastatori, Marchisio sul centro-sinistra, Candreva sul centro-destra, che possono ripetere quel che Allegri apparecchiò nella sfida di San Siro al Barcellona con Niang largo a destra e El Shaarawy a sinistra. Il ct Prandelli ci crede: «Dobbiamo avere la bravura e la capacità di leggere la situazione e avere il coraggio che abbiamo avuto nel secondo tempo col Brasile. Ai giocatori ho ricordato che siamo quelli che li hanno messi maggiormente in difficoltà».

Proprio perché sappiano bene la distanza che esiste e resiste tra la Spagna spaccona e quest'ultima Italia senza vitamine, è forse sufficiente reclamare dagli azzurri e dal calcio italiano una prova di grande dignità, oltre che di maturità tecnica e di orgoglio, per non dover ancora arrossire. E consumarsi in lacrime amare come accadde la notte di Kiev quando fu evidente oltre che il distacco anche il clamore della sconfitta e della lezione ricevuta.

Allora, a moltiplicare le dimensioni umilianti, contribuì anche la riduzione in dieci unità del gruppo: ecco perciò il primo consiglio da distribuire nello spogliatoio dello stadio, evitare di finire in inferiorità numerica. Seguito dal secondo: si può anche chinare il capo dinanzi ai campioni del mondo e d'Europa, ma bisogna farlo dopo aver loro reso la vita durissima. Subendo il loro palleggio, ma avendo forza e coraggio per ripartire, tenendo stretta la linea dei quattro centrocampisti con quella dei due guastatori.

«Accorciare il campo» è stato il suggerimento di Mangia, ct dell'under 21. Si sprecano consigli in queste ore. Come se bastasse una soffiata per sottrarsi al supplizio spagnolo. Ma Gigi Buffon è ottimista: «Il risultato dell'ultima finale europea non è quello reale, non è quello che siamo noi e che possiamo esprimere».

 

CESARE PRANDELLI A RIO DE JANEIRO FOTO LA PRESSE spagna italiaspagna italiaspagna italiaMARIO BALOTELLIpirlo

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