kate william george finale wembley italia inghilterra

“QUANDO SI PERDE BISOGNA FARLO CON CLASSE” – ELENA STANCANELLI: “LA FAMIGLIA REALE HA COMMESSO IL PRIMO DEGLI ERRORI DI FAIR PLAY LASCIANDOSI SORPRENDERE NELL'ATTEGGIAMENTO DOLENTE DI CHI SEMBRAVA STESSE PRESENZIANDO A UN FUNERALE. SEMBRAVANO TESTIMONIARE LO STRAZIO DAVANTI A UNA MORTE. E INVECE ERANO ALLO STADIO DI WEMBLEY, A GUARDARE UNA PARTITA DI CALCIO. LA REGINA NON AVREBBE MAI FATTO UN ERRORE SIMILE. NÉ AVREBBE PERMESSO CHE IL PICCOLO GEORGE FOSSE FOTOGRAFATO MENTRE RIDE COME UN PAZZO…” - VIDEO

Elena Stancanelli per "la Stampa"

 

kate, william e george a wembley

Partiamo dall'alto. Subito sotto Dio per la precisione: la famiglia reale inglese. Il loro compito politico è dare l'esempio, indicare comportamenti corretti, essere guardati. Sono il simbolico per eccellenza, e di simboli si è parlato molto in questi europei di calcio. Inginocchiarsi o rimanere in piedi prima della partita ha creato intorcinamenti ideologici nei poveri calciatori e nella Federazione calcio. Dilemma morale che è stato risolto adeguandosi a quello che facevano gli avversari. È un criterio come un altro, inutile giudicare. E comunque il simbolico chiede il simbolo, non le sue motivazioni.

 

Kate, George e William lasciano lo stadio

Per questa ragione la famiglia reale ha commesso il primo degli errori di fair play lasciandosi sorprendere, alla fine della partita, nell'atteggiamento dolente di chi sembrava stesse presenziando a un funerale. William, Kate e il principino George stretti in un abbraccio, i volti scuri, affranti. Per quel paio di persone al mondo che non sapessero dove si trovavano, sembravano testimoniare lo strazio davanti a una morte. E invece erano allo stadio di Wembley, a guardare una partita di calcio.

 

Kate, George e William dopo il gol di Shaw

Importante, importantissima, ma sempre una partita di calcio. La regina non avrebbe mai fatto un errore simile. Né avrebbe permesso che il piccolo George fosse fotografato mentre ride come un pazzo dopo il primo goal dell'Inghilterra. È solo un bambino, si è detto. No, è l'erede al trono e a lui è concesso tutto tranne la naturalezza. O meglio: la sua naturalezza non può essere concessa alle telecamere, ed Elisabetta lo sa bene. Spiace per lui, ma, come tutti noi, vive nel reame del simbolico. Facesse quello che vuole quando è lontano dalla nostra vista, ma allo stadio deve comportarsi come ci si aspetta che si comportino le persone sportive.

 

Kate, George e William lasciano lo stadio 2

I suoi avi erano più fortunati, non c'era internet, non c'erano i social, non c'erano neanche i telefonini. Ci si poteva nascondere ed essere bambini anche in casa Windsor. Così come si poteva essere calciatori e non avere nessuna idea di un movimento nato nella comunità afroamericana, contro la violenza della polizia americana, dopo la morte di un cittadino americano, George Floyd. Quel tempo è finito, ma il problema del simbolico è che mentre ti arrovelli se sia il caso di inginocchiarti o no, ti dimentichi di quello che stai facendo, cioè che sei un calciatore e devi almeno seguire le regole elementari del tuo stare in campo.

Kate, George e William dopo il gol di Shaw 8

 

Calciare un pallone e comportarti con sportività, perché quello che stai facendo è praticare uno sport, non combattere una guerra che lascia sul campo morti e feriti davanti ai quali la famiglia reale deve mostrare cordoglio. Dunque subito sotto la Corona, nella scala dell'esemplarità, c'erano ieri sera allo stadio di Wembley, i calciatori. I quali durante la partita si sono comportati nella media del calcio: qualche tuffo, qualche fallo, qualche recriminazione. Né più né meno della squadra italiana.

 

Kate, George e William dopo il gol di Shaw 7

Poi, durante la premiazione hanno sbracato. Qualche volta si vince e qualche volta si perde e quando si perde bisogna farlo con classe. Soprattutto perché quei giocatori che uno dopo l'altro si sfilavano dal collo la medaglia del secondo classificato - cupi, offesi di essere stati sconfitti sul proprio campo - in quel momento rappresentavano la loro nazione, e non un club o l'altro.

 

Kate, George e William a fine partita 3

Nazione che infatti, in parte, ha reagito secondo le indicazioni ricevute. Abbiamo perso la guerra, non è giusto, non potremmo mai accettarlo e dunque spacchiamo tutto. Queste sono le indicazioni simboliche che i tifosi hanno visto. I quali - questo non è uno sport per signorine, direbbe Nanni Moretti - erano reduci dall'aver fischiato l'inno nazionale italiano, l'uscita dal campo di Chiesa azzoppato in uno scontro, e soprattutto i poveri Marcus Rashford, Bukayo Saka e Jadon Sancho che non hanno segnato i loro rigori. Tre calciatori neri, sfortunatamente.

 

ITALIA INGHILTERRA - LA DELUSIONE DI WILLIAM KATE E GEORGE

Per cui l'aggressione si è trasformata in un linciaggio razziale. È orribile, ma prima di tutto ridicolo. Così i reali inglesi e i calciatori si sono dovuti schierare, tentando di arginare questa pazzesca e insensata ondata di razzismo. Hanno rilasciato dichiarazioni, chiesto razionalità, calma, ribadendo che si tratta soltanto di una partita di calcio. Forse è un po' tardi. Per essere chiari: se vuoi dare l'idea che si tratta soltanto di un gioco, devi fare quello che ha fatto l'allenatore della Spagna, Luis Enrique. Ridere, abbracciare gli avversari, alleggerire la tensione. Non il giorno dopo, ma subito, appena finita la partita. La partita, non la guerra.

Kate, George e William a fine partita 2Kate, George e William dopo il gol di Shaw 6Kate, George e William dopo il gol di Shaw 4Kate, George e William a fine partitaKate, George e William a fine partita 4Kate, George e William dopo il gol di Shaw 2Kate, George e William dopo il gol di Shaw 3Kate, George e William dopo il gol di Shaw 5

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