RIVERA FA 70 - ‘’MAI STATO UN CALCIATORE. HO SEMPLICEMENTE GIOCATO A PALLONE”

Gianni Mura per La Repubblica

Non ricordo se fosse un'intervista per i 40, 50 o 60 anni di Rivera, che oggi ne compie 70, ma stavolta sono dispensato. «Cosa ricordo della mia gioventù? Che non sono mai stato giovane». Così disse Gianni Rivera in quella circostanza. E, più recentemente: «Mai stato un calciatore. Ho semplicemente giocato a pallone». Sono due frasi, utili a capire che cos'abbia rappresentato nel calcio italiano, e forse anche fuori.

Da quasi coetaneo (ho due anni di meno) potrei dire di quando era già etichettato come golden boy e, Brera scripsit, abatino. E nel condominio di viale Misurata, non certo in centro, dormiva su un letto estraibile. I genitori si chiamavano Edera e Teresio, due nomi ottocenteschi. Lui, ferroviere ad Alessandria, e lei si erano spostati a Milano, ché il figlio non si smarrisse nella città tentacolare. Che non era ancora, per sua fortuna, una città da bere, ma da vivere sì.

C'era tanto lavoro per tutti, c'era la massiccia e rassicurante presenza delle grandi fabbriche, che fasciavano da tutti i lati la città. I grandi manager guadagnavano 20/30 volte il salario di un operaio, non 300/400. E questo valeva per tutti. Anche per gli allenatori, anche per i calciatori.

Chi volesse ora respirare quell'aria può ancora visitare a Palazzo Reale (sì, proprio di fianco al Duomo) la mostra su Herrera e Rocco curata da Gigi Garanzini, c'è tempo fino all'8 settembre. È una delle ultime iniziative varate dall'assessore Boeri, poi sollevato per ragioni a me ignote, alla voce 'cultura'. Non è un grazioso o gratuito omaggio al calcio, è che veramente queste due squadre erano un pezzo di città, impastate in una città piena di vita e di buona volontà, di cultura e di rispetto, anche di allegria. Era il boom.

Poi sarebbe arrivato un terribile bum, la bomba di piazza Fontana, e la tristezza di Vincenzina davanti alla fabbrica è del '72 (''sto Rivera che ormai non mi segna più'). Del '73 è l'intervista di Beppe Viola a Rivera sul tram numero 15, tutti a dire quant'è bella e non a riflettere sul perché una cosa del genere non è più realizzabile. Semplice, perché non c'è più Beppe Viola e, a livello di calciatore in attività, non c'è più Rivera, e nemmeno c'è più quel frammento di Milano-Italia che stava in testa al tram, vicino al conducente, e non voleva prendersi la scena.

Fare il giornalista era più difficile, perché non c'erano i telefonini. Ma anche molto più facile, perché non c'erano i telefonini. A Milanello bastava un cenno con l'indice rotante (ci vediamo dopo?) e Rivera (ma anche Mazzola sull'altro fronte) faceva segno di sì con la testa. Oppure diceva: tra le sei e le sette mi trovi a casa, poi ceno fuori. Mai tirato un bidone, Rivera. E nemmeno Mazzola. E nemmeno tutti gli altri.

Non c'erano procuratori né addetti-stampa: una pacchia. Ovviamente, Rivera era molto intervistato dalle grandi firme: Giorgio Bocca, Oriana Fallaci, Lietta Tornabuoni. Che scrisse: «Corre sul campo con la faccia esultante e ridente, con le braccia tese vicino al corpo e i pugni chiusi: senza grida né sguaiataggini né gesti osceni. Un'immagine così perfetta di felicità, così composta, così piemontese, impossibile da dimenticare».

Rivera non era solo il golden boy (el bambin de oro, tradotto in rocchiano) e l'abatino. Era anche chiamato Nureyev, per l'eleganza dei movimenti. Il poeta Alfonso Gatto aveva un suo grande poster sulla parete dello studio. E per scrivere due libri autobiografici Rivera non s'era rivolto a un giornalista sportivo, ma ad Oreste del Buono.

Dopo un po' che ci andava seppi che Rivera era tra le voci di Telefono amico. Un'iniziativa di padre Eligio. Del '73 è anche il processo arbitri-padre Eligio, visto come portavoce di Rivera. In quel periodo ero al Corriere d'informazione, quotidiano del pomeriggio, e il direttore Gino Palumbo voleva che si tastasse il polso dei contendenti, così da pubblicare qualcosa di diverso rispetto ai quotidiani del mattino.

Ergo: cene semiclandestine con Paolo Casarin, in un locale pugliese vicino al tribunale, e più allargate, in un locale di piazza S. Eustorgio (nessuno dei due c'è più). Prima di uscire Rivera disse a mia moglie: «Se non vuoi figurare sui giornali come la mia ultima fiamma, stai lontana una decina di metri». Il marciapiede era pieno di paparazzi. Preferivo le cene fuoriporta, a base di salame e rane (fritte, in umido, in frittata, col risotto). Si svoltava dalla Rivoltana, ricordo l'incrocio, ma nemmeno quell'osteria c'è più, e dai fossi sono sparite le rane. L'anziana cuoca si scioglieva (ghé chi el noster Giani) e tagliava il salame spesso il doppio. E poi, fuori, non c'era nessuno.

Al di là dei miei ricordi georgico- gastronomici, va detto in chiusura che il ragazzino gracile (e per questo scartato dalla Juve, cui l'Alessandria l'aveva proposto), sostenne il provino per il Milan su un campo allagato, e furono le garanzie di Schiaffino a rimuovere i dubbi del presidente Rizzoli. Prime partite col 9 sulla schiena, poi il 10, solo con Marchioro il 7.

Con la maglia del Milan 19 stagioni, da capitanobandiera, più altre da vicepresidente, fino all'arrivo di Berlusconi. In rossonero il suo zampino nei due gol in contropiede (oggi ripartenza) di Altafini al Benfica, il primo dopo un pressing su Cavém (allora, portando via la palla). E nella mattanza con l'Estudiantes, tra calci, gomitate e carognate assortite, segnò lui, dopo aver dribblato anche il portiere.

In azzurro la fatal Corea (in quella circostanza Brera non infierì, anzi riconobbe che era il solo a non aver meritato di perdere) ma anche il 4-3 alla Germania che unì l'Italia e i 6 minuti col Brasile che tornarono a dividerla. È stato un grande numero 10, senza una favela o un barrio miserabile a spiegarne la vocazione e il talento. Si è sempre esposto in prima persona pagando di persona e non ha mai dato una mano alla costruzione di un suo monumento celebrativo.

Se proprio era il caso, sapeva correre, ma al Milan i compagni capirono presto (lo ammise Lodetti) che correre per lui era meglio. Nel '68, con Mazzola, De Sisti, Bulgarelli e altri capitani famosi fondò il sindacato dei calciatori. Altri tempi, appunto. Era tutto più chiaro, nel calcio e fuori. I numeri parlavano, ma adesso che il 10 lo possono portare anche i portieri conviene chiudere qui. Auguri.

 

elisabetta viviani gianni riveraVALCAREGGI E GIANNI RIVERA jpegGIANNI RIVERA E RICKY ALBERTOSI jpegenrico letta e gianni rivera giocano a tennis a orbetello mas09 laura gianni riveraGianni Rivera8t08 gianni laura riveramas15 albano carrisi gianni riveramss08 antonello venditti gianni riverasor01 carolina morace gianni rivera

Ultimi Dagoreport

almasri giorgia meloni carlo nordio

DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA INDISTURBATO IN EUROPA? AVEVA UN PASSAPORTO FASULLO O UN VISTO SCHENGEN? E IN TAL CASO, PERCHÉ NESSUN PAESE, E SOPRATTUTTO L’ITALIA, SI È OPPOSTO? - LA TOTALE ASSENZA DI PREVENZIONE DA PARTE DEGLI APPARATI ITALIANI: IL MANDATO DI ARRESTO PER ALMASRI RISALE A OTTOBRE. IL GENERALE NON SAREBBE MAI DOVUTO ARRIVARE, PER EVITARE ALLA MELONI L’IMBARAZZO DI SCEGLIERE TRA IL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA REALPOLITIK (IL GOVERNO LIBICO, TRAMITE ALMASRI, BLOCCA GLI SBARCHI DI MASSA DI MIGRANTI) – I SOSPETTI DI PALAZZO CHIGI SULLA “RITORSIONE” DELLA CPI E IL PASTROCCHIO SULL’ASSE DEI SOLITI TAJANI-NORDIO

pier silvio giampaolo rossi gerry scotti pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E L'INGAGGIO DI GERRY SCOTTI COME CO-CONDUTTORE DELLA PRIMA SERATA DI SANREMO NE È LA PROVA LAMPANTE - CHIAMARE ALL'ARISTON IL VOLTO DI PUNTA DI MEDIASET È IL SEGNALE CHE IL BISCIONE NON FARÀ LA GUERRA AL SERVIZIO PUBBLICO. ANZI: NEI CINQUE GIORNI DI SANREMO, LA CONTROPROGRAMMAZIONE SARÀ INESISTENTE - I VERTICI DELLA RAI VOGLIONO CHE IL FESTIVAL DI CARLO CONTI SUPERI A TUTTI I COSTI QUELLO DI AMADEUS (DA RECORD) - ALTRO SEGNALE DELLA "PACE": IL TELE-MERCATO TRA I DUE COLOSSI È PRATICAMENTE FERMO DA MESI...

elon musk sam altman

NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON MUSK E SAM ALTMAN HANNO LITIGATO SU “X” SUL PROGETTO “STARGATE”. IL MILIARDARIO KETAMINICO HA SPERNACCHIATO IL PIANO DA 500 MILIARDI DI OPENAI-SOFTBANK-ORACLE, ANNUNCIATO IN POMPA MAGNA DA TRUMP: “NON HANNO I SOLDI”. E IL CAPOCCIA DI CHATGPT HA RISPOSTO DI PETTO AL FUTURO “DOGE”: “SBAGLI. MI RENDO CONTO CHE CIÒ CHE È GRANDE PER IL PAESE NON È SEMPRE OTTIMALE PER LE TUE COMPAGNIE, MA NEL TUO RUOLO SPERO CHE VORRAI METTERE PRIMA L’AMERICA…” – LA GUERRA CIVILE TRA I TECNO-OLIGARCHI E LE MOSSE DI TRUMPONE, CHE CERCA DI APPROFITTARNE…

donald trump elon musk jamie dimon john elkann

DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI PAPERONI MUSK & ZUCKERBERG, IL VECCHIO POTERE FINANZIARIO AMERICANO È OBSOLETO E VA ROTTAMATO: CHI HA BISOGNO DEI DECREPITI ARNESI COME JAMIE DIMON IN UN MONDO CHE SI FINANZIA CON MEME-COIN E CRIPTOVALUTE? – L’HA CAPITO ANCHE JOHN ELKANN, CHE SI È SCAPICOLLATO A WASHINGTON PER METTERSI IN PRIMA FILA TRA I “NUOVI” ALFIERI DELLA NEW ECONOMY: YAKI PUNTA SEMPRE PIÙ SUL LATO FINANZIARIO DI EXOR E MENO SULLE VECCHIE AUTO DI STELLANTIS (E ZUCKERBERG L'HA CHIAMATO NEL CDA DI META)

antonino turicchi sandro pappalardo armando varricchio nello musumeci ita airways

DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA” BY LUFTHANSA? L’EX PILOTA DELL’AVIAZIONE DELL’ESERCITO È STATO “CALDEGGIATO” DA NELLO MUSUMECI. IL MINISTRO DEL MARE, A DISPETTO DEL SUO INCARICO, È MOLTO POTENTE: È L’UNICO DI FRATELLI D’ITALIA AD AVERE I VOTI IN SICILIA, ED È “MERITO” SUO SE SCHIFANI È GOVERNATORE (FU MUSUMECI A FARSI DA PARTE PER FAR CORRERE RENATINO) – E COSÌ ECCO CHE IL “GIORGETTIANO” TURICCHI E L’AMBASCIATORE VARRICCHIO, CARO A FORZA ITALIA, SONO STATI CESTINATI…

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

C’ERA UNA VOLTA IL TRENO PER KIEV CON DRAGHI, MACRON E SCHOLZ. ORA, COMPLICE IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO DI GIORGIA MELONI, L’ITALIA È SPARITA DALLA LEADERSHIP DELL’UE - LA DUCETTA PREFERISCE ACCUCCIARSI AI PIEDI DI WASHINGTON (CHE VUOLE VASSALLI, NON ALLEATI ALLA PARI) CHE RITAGLIARSI UN RUOLO IN EUROPA - FRIEDRICH MERZ, PROBABILE NUOVO CANCELLIERE TEDESCO, HA "ESPULSO" L'ITALIA DAL GIRO CHE CONTA: A CHI GLI HA CHIESTO QUALE PAESE ANDREBBE AGGIUNTO A UN DIRETTORIO FRANCO-TEDESCO, HA CITATO LA POLONIA, GUIDATA DAL POPOLARE DONALD TUSK (NEMICO NUMERO UNO DEL PIS DI MORAWIECKI E KACZYNSKI, ALLEATI DELLA DUCETTA IN ECR) - “I AM GIORGIA” SOGNAVA DI ESSERE IL “PONTE” TRA USA E UE E SI RITROVA A FARE LA CHEERLEADER DELLA TECNO-DESTRA DI MUSK E TRUMP…