SCENEGGIATE PALLONARE - DAL CIUCCIO DI TOTTI ALLA “FISICATA” DI BALO: QUANDO IL GOL TIRA FUORI IL FANCIULLO (SCEMO) CHE È IN NOI


1. SCENEGGIATE PALLONARE
Claudio Sabelli Fioretti per "Io Donna - Corriere della Sera"

Il calcio spesso stimola il peggio. Lo fa soprattutto nei tifosi. Ma anche i giocatori
non si tirano indietro se c'è da fare cretinate. II limite estremo della scemenza i calciatori lo raggiungono quando segnano un gol ed esultano.Trovo del tutto normale festeggiare on gol con una certa euforia.

Non c'è da meravigliarsi se si urla, si alzano le mani al cielo, ci si abbraccia. Ma da quando il calcio è diventato televisivo i calciatori sono diventati attori e si esibiscono in ridicole pantomime fanciullesche. Ecco quindi trenini di campioni carponi the puntano alla bandierina del calcio d'angolo per mimare una pisciatina da cane.

Ecco Mario Balotelli che si toglie la maglia e si mette nella posa del culturista. Ecco Totti che corre per il campo ciucciandosi il pollice. Batistuta che imbraccia un invisibile mitra e sparacchia a destra e a manca. E poi baci alle fidanzate, culle di neonati, balli, carriole, addirittura water closet, biciclette.

A ogni gol ci tocca subire suonate di violino, tiri con I'arco, sculettamenti. Il 40 per cento degli spettatori, secondo una ricerca pubblicata su un libro olandese, sono infastiditi da queste manifestazioni di infantilismo.

Ma i divi fanno i divi e non c'è niente da fare. Ci sono anche esempi diversi, per nulla infantili. Alcuni pessimi, come quelli che esultano facendo il saluto fascista. Ma alcuni splendidi, come quel giocatore che esultava correndo a salutare sugli spalti i suoi amici disabili che definiva "gli unici veri campioni della vita".

2. L'AMACA
Michele Serra per "La Repubblica"

È difficile farsi una ragione di come lo strepitoso disincanto dei romani lasci il posto, quando si parla di calcio, a una suscettibilità nevrastenica. Credo che nemmeno in Sudamerica esista una capitale nella quale decine di radio private parlano tutto il santo giorno di pallone, con toni tra l'estatico e il minaccioso, come tante Radiomarie che consacrano le loro giaculatorie alle due fedi locali, giallorossa e biancazzurra, senza mai chiedersi se ne vale la pena.

L'ultimo ridicolo episodio riguarda (anche per sua responsabilità) Antonello Venditti, colpevole di avere detto che la Roma lo ha deluso, errore grave in una città dove il calcio è sacro come le mucche in India. Le budella romaniste si sono attorcigliate per lo sdegno, striscioni sovreccitati sono stati appesi sotto casa sua, polemiche sbracate hanno percorso l'Urbe. Pare che sia in discussione (addirittura!) la legittimità dell'esecuzione di "Grazie Roma" all'Olimpico.

Non vorrei buttare benzina sul fuoco: ma in effetti, "Grazie Roma"è una canzone troppo bella per essere l'inno di una squadra. Gli inni delle squadre di calcio (a partire da quello, veramente orribile, della mia Inter) devono essere, per definizione, goffe marcette con un testo sciocco. Così che ognuno si ricordi, sempre, che il tifo ci rende felici e cretini. Non ha altro compito. Felici e cretini.

 

 

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