1. ECCEZIONALE VERAMENTE GIULIANO FERRARA: “IL GHIGNO DI SUÁREZ È PRECISAMENTE QUELLO CHE MANCA, MORSI A PARTE, AL PANORAMA UMANO DELL’ITALIANITÀ” 2. “SUAREZ È IL MIO UOMO, IL MIO TIPO, HA UN SORRISO DIABOLICO, UNA FACIES LOMBROSIANA DA AVANZO DI GALERA, UNA CAPACITÀ BESTIALE E BALORDA DI TRATTARE LA PALLA. IL MORSO, POI, LA SUA PREMEDITAZIONE, IL SUO ARRIVO DA DIETRO, SENZA FARSI SCOPRIRE, UNA SPECIE DI DELIRANTE DIETRO-LE-QUINTE, È STATO MONUMENTALE” 3. “LA SIMULAZIONE DEL MAL DI DENTI DA FALLO SUBITO È PARAGONABILE SOLTANTO AL CELEBRE GOL DI PUGNO DI MARADONA. CI VUOLE DEL TALENTO A ESSERE COSÌ FIGLI DI PUTTANA” 4. “LA FIGAGGINE DELL’ITALIA ANDAVA ED È STATA ROTTAMATA. QUELL’ARIA DA BAMBINO DI BALOTELLI E QUELLE GEOMETRIE DA FERMO DI PIRLO, SONO PRECISAMENTE IL QUID DI CUI DISPONIAMO E INSIEME IL QUID CHE CI MANCA. NON SOLO SUI CAMPI DI CALCIO”
1. NON SOLO CHIELLINI, TUTTI I MORSI DI SUAREZ ‘’IL CANNIBALE’’ -
Da “vanityfair”
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Abbiamo capito perché viene chiamato «Il cannibale». Perché Luis Suarez, di tanto in tanto, azzanna i suoi avversari. Ha mordente, il ragazzo, e affonda sia le porte che la pelle degli avversari. Martedì sera ha onorato la sua fama (o fame, i doppi sensi si sprecano) durante Italia-Uruguay ai danni del povero Giorgio Chiellini.
Alla metà del secondo tempo l'Uruguay avanza sulla fascia. In area di rigore il centravanti del Liverpool lotta col difensore italiano. I due si strattonano, danzano assieme tra gomitate e spintoni per mantenere la solita zolla di terra davanti a Buffon. Il cannibale non riesce a liberarsi del pressing. Sente il sangue arrivare alla testa.
È un attimo. Raggiunge l'altro di spalle, lo affianca e abbassa il capo, affondando gli incisivi nella spalla sinistra dello juventino. Il morso cade a terra per vero, il cannibale si accascia per finta. L'arbitro non vede nulla. E a nulla serviranno le proteste dell'italiano uscito malconcio, con tanto di colletto della maglia abbassato per mostrare il lascito dell'attaccante famelico.
Perché il movimento è stato lesto, tipico dei vampiri o dei furbacchioni che l'hanno ampiamente rodato. Suarez il Cannibale lo testò già nel 2010 con la maglia dell'Ajax, quando mordicchiò il collo di Otman Bakkal, centrocampista del Psv.
Scuse, ammende, pietra sopra. Suarez si trasferì a Liverpool, dove divenne la stella più amata dei tifosi inglesi. Ma un cannibale non riesce a nascondersi a lungo e prima o poi risalta fuori. E così nell'aprile 2013 l'uruguayano ci ricascò, azzannando il braccio del povero Branislav Ivanovic, difensore del Chelsea.
I fan protestarono, la federazione inglese aprì un'inchiesta, la società definì il gesto «inscusabile». Il Cannibale si scusò col morso, pagò una squalifica di 10 giornate e una multa record. Una delle tante ammende che il campione ha pagato in passato. Già nel 2011 l'uomo dovette scucire 40 mila sterline per alcuni insulti razzisti al senegalese Patrice Evra.
Anche in virtù di quell'episodio, Suarez è stato nominato dalla rivista statunitense Bleacher report il Giocatore più odiato al mondo. Lui ride e continua mostra i denti sporgenti. I Mondiali vanno avanti e lui vuole esserne la stella. Al momento la sua fama di fuoriclasse può essere superata solo da quella di cannibale. Un morso alla volta.
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2. SUÁREZ, IL GHIGNO CHE CI MANCA - E’ LUI IL MIO UOMO, IL MIO TIPO. PAGHEREI PER ANDARE A CENA COL SUO PSICOANALISTA. MA LA NOSTRA FIGAGGINE STANCA È STATA ROTTAMATA. SUÁREZ È PRECISAMENTE IL CONTRARIO DEL PANORAMA UMANO VITTIMISTA DELL’ITALIANITÀ
Giuliano Ferrara per ‘Il Foglio’
Va bene, s’è capito, l’Italia non era in forma, non era abbastanza patriottica, non aveva il fuoco nella pancia, e la sua classe brillante, la sua figaggine andava ed è stata rottamata. Ce l’aveva fatta col fair play degli inglesi, che ci hanno preceduto di una spanna all’inferno dei beneducati, e poi uno sconquasso di debolezza, neghittosità, maniere buonine e vittimismo a schiovere. Perfino con il Costa Rica.
Ma Suárez? Non lo conoscevo, non avevo mai seguito le sue gesta nel campionato inglese, ma appena l’ho visto mi sono detto: è il mio uomo, il mio tipo, ha un sorriso diabolico, una facies lombrosiana da avanzo di galera, una capacità bestiale e balorda di trattare la palla dopo averla agganciata, e di tirarla.
Il morso, poi, la sua premeditazione, il suo arrivo da dietro, senza farsi scoprire, una specie di delirante dietro-le-quinte, è stato monumentale. Volete che esca dai Mondiali, e per un pareggio, una squadra che ha nel suo seno il talento e la sguaiataggine, la violenta volontà di potenza, di un uomo così?
Fuori dai Mondiali un paese che vuole liberalizzare la droga, il cui presidente ex montonero vive lontano dalla capitale e coltiva l’orzo e recita da nonno della Repubblica in un trionfo di sinistra nel suo Dopoguerra di guerriglia? Il cipiglio di Suárez mi è estraneo, preferisco le geometrie anche stanche di un Pirlo e l’accomandita calcistica della mia famiglia nazionale, l’accademia degli eleganti.
Non sopporto i processi postumi, siamo sempre convinti che l’Italia non è degna di vincere e quando vince gridiamo al miracolo (vi ricordate il grande saggio di Vittorio Sermonti sul Mundial che vincemmo dopo performance, sul campo e nei giornali e al bar sport, da oratorio di periferia?).
Il ghigno di Suárez è precisamente quello che manca, morsi ed eventuali squalifiche a parte, al panorama umano dell’italianità.
Dobbiamo esserne fieri? Dobbiamo censurare negli altri quel che manca a noi? Non lo so. Forse è troppo. Ma quell’aria da bambino di Balotelli e quei giri di frase narrativi di Pirlo, comprese le geometrie da fermo, sono precisamente il quid di cui disponiamo e insieme il quid che ci manca. Non solo sui campi di calcio. Ci vuole del talento a essere così figli di puttana. Darei molto denaro per stare a tavola con lo psicoanalista del morsicatore, l’uomo che ha tentato di trasformarlo in paziente. E quel talento lì, quella sfacciataggine che va dalla presa di Suárez sull’incolpevole Chiellini, fino alla simulazione del mal di denti da fallo subito, e che è paragonabile soltanto al celebre gol di pugno di Maradona, ecco, quello e quella non ce l’abbiamo. Mi spiace.
GIULIANO FERRARA PIPPA COCA PER FESTEGGIARE LA VITTORIA DI RENZI