ARCH/MITI - NON SOLO VUITTON. MENTRE A PARIGI SI INAUGURA L'ATTESA FONDAZIONE, ILPOMPIDOU CELEBRA IL PIU' SPERICOLATO E GENIALE ARCHITETTO VIVENTE. UN FRANK GEHRY SOLO SHOW CHE VALE IL VIAGGIO
Jean-Michel Landecy per Domus
In parallelo con l’inaugurazione della Fondation Louis Vuitton a Parigi, nuovo simbolo dell’arte contemporanea concepito da Frank Gehry, il Centre Pompidou presenta un’ampia retrospettiva dell’opera costruita dell’architetto e urbanista di Los Angeles.
La mostra, per comunicare l’estetica architettonica di Gehry e illustrare questa scrittura così singolare, si serve di 225 disegni e di 65 modelli, mettendo così in rilievo le riflessioni dell’architetto sui mezzi espressivi dell’architettura e sul rinnovamento dei metodi creativi.
Il dispositivo scenografico è completato da interviste video sull’urbanistica e sui processi di creazione e di produzione digitale. Il Museo Guggenheim di Bilbao, assurto al rango di simbolo dell’architettura, avrà forse ingabbiato la cultura architettonica nella sua irripetibile immagine, ma ha permesso di vivificare il tessuto economico di un territorio disastrato.
Gehry, criticato dagli stessi architetti fin dalla realizzazione delle sue prime opere, nella California degli anni Sessanta, si è avvicinato agli artisti – come Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Ron Davies – con cui si trovava maggiormente a suo agio, condividendone la mentalità, più in armonia con la sua più libera concezione dell’architettura.
Gehry Experience-Music-Project-Seattle
Questi incontri hanno fortemente inciso sul suo modo di fare architettura e l’hanno indotto a precisare i suoi mezzi espressivi, fondati saldamente sull’uso del cartone, della lamiera e delle griglie industriali. Il suo incontro con Ed Ruscha, pittore e fotografo dedito alla rappresentazione oggettiva del paesaggio urbano (Twentysix Gasoline Stations, pubblicato nel 1963) con una precisione clinica la cui nitidezza e la cui leggibilità provocano un effetto grafico sorprendente, gli apre gli occhi sul paesaggio industriale e gli permette di acquisire la cultura visiva di questi ambienti.
“Era una cosa caotica, senza regole, e non so perché ho iniziato a osservare gli spazi tra una costruzione e l’altra […] Ho iniziato a interessarmi veramente a ciò che vedevo […]” [1] Indirettamente Gehry condivideva così lo sguardo dei contemporanei impegnati a rimettere in discussione la materialità dell’opera. “[Rauschenberg, Judd, Chamberlain] usavano materiali grezzi, sistemi di fabbricazione elementari. Era come se lasciassero che le cose si producessero naturalmente […]”
Senza parere Gehry, da fotografo, negli anni Settanta usò il suo obiettivo come un taccuino di schizzi, prendendo annotazioni sui paesaggi industriali circostanti nel contesto di una visione oggettiva, senza lavorare sulla composizione ma svelando la composizione logica e la volumetria tipiche di queste architetture funzionali. Nello stesso periodo, in Europa, Bern e Hilla Becher inventariavano con sguardo clinico la composizione del paesaggio industriale tedesco.
La costruzione della sua abitazione, realizzata nel 1978 a Santa Monica, costituisce non solo un vero e proprio ‘autoritratto’ ma anche un manifesto della sintesi dei rapporti tra contesto, materialità ed estetica della costruzione dei padiglioni. Il padiglione originario viene avvolto su tre lati da un nuovo involucro fatto di legno e di vetro, e rivestito di lamiera ondulata grezza. Frank Gehry ama ricordare il periodo della sua infanzia in cui lavorava nel negozio di ferramenta del nonno, praticando ogni tipo di bricolage: un punto di riferimento tattile indimenticabile.
Queste sperimentazioni hanno trovato un sèguito logico nella costruzione dei modelli, parti essenziali dello strumentario di ricerca dell’architetto, proseguendo poi nella realizzazione delle sue architetture. Mentre il disegno informa e contiene ogni informazione, mentre l’immagine digitale verifica e rende costruibile l’oggetto in un’analisi clinica, e “l’immagine del calcolatore è priva di vita, fredda, orribile […]”, [2]
il modello permette il montaggio, la fusione di elementi, l’analisi grazie alla diversità dei punti di vista che consente, la ricerca dei materiali, il controllo delle proporzioni, della qualità di un’illuminazione, di un materiale o di uno spazio che ricevono quella luce, su una scala che permette di controllare il progetto nell’insieme.
Presentando 65 modelli costruiti, uno per progetto ma tutti precedenti la versione definitiva, la mostra propone di condividere queste fasi di elaborazione essenziali, suddivise in cinquant’anni e riunite cronologicamente in cinque polarità: Elementarizzazione/Segmentazione, Composizione/Montaggio, Fusione/Interazione, Tensione/Conflitto, Continuità/Flusso, Singolarità/Unità. Punto d’arrivo del percorso, il modello della Fondation Louis Vuitton pour la création ci invita a entrare nel prossimo futuro nella sua “nuvola di vetro”, a vivere la sua terrazza su Parigi, in una simbiosi in cui l’uomo e l’arte contemporanea si uniscono a perfezionare l’opera.
frank gehry fondazione luis vuitton
Note:
1. Intervista di Frédéric Migayrou e Aurélien Lemonier, curatori della mostra.
2. Ibid.
Fino al 26 gennaio 2015: Frank Gehry, Centre Pompidou, Parigi Galerie Sud, Level 1