
ARMIAMOCI, MA CHI PAGA? ALL’ECOFIN È ANDATO IN SCENA UN NUOVO SCONTRO SUL MECCANISMO DI FINANZIAMENTO PER IL PIANO DI RIARMO EUROPEO: L’ITALIA NON INTENDE USARE IL PROVVEDIMENTO “REARM EU” PER SOSPENDERE IL PATTO DI STABILITÀ E PER FARE QUINDI PIÙ DEFICIT, LA SPAGNA PROPONE UN FONDO AD HOC E I “FRUGALI”, CON IN TESTA LA GERMANIA, BLOCCANO OGNI IPOTESI DI RICORRERE AL DEBITO COMUNE – GIORGETTI HA ANCHE IL PROBLEMA DEL PERCORSO DI RIENTRO DAL DEFICIT ECCESSIVO: “NON CI SARÀ BISOGNO DI UNA MANOVRA CORRETTIVA…”
Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
GIANCARLO GIORGETTI - FOTO LAPRESSE
L’Europa torna a dividersi sulla Difesa e alla riunione dell’Ecofin di ieri a Varsavia va di scena l’ultimo scontro. Con l’Italia che annuncia l’intenzione di non usare il provvedimento Rearm Eu per sospendere il Patto di stabilità e per fare quindi più deficit, la Spagna che propone un fondo ad hoc e i cosiddetti “frugali”, con in testa la Germania, che bloccano ogni ipotesi di ricorrere al debito comune.
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Anche il rigido commissario agli Affari economici, il lettone Valdis Dombrovskis, ha dovuto ammettere che esiste una «asimmetria» a cui va trovata una soluzione. Per poi fare una concessione: «Siamo pronti a esplorare tutte le opzioni». Ossia altre forme di finanziamento. Nello stesso tempo ha esortato i 27 («La maggioranza è disponibile», ha sostenuto) ad attivare entro aprile la clausola che sospende le regole sul disavanzo, precisando però che non si tratta di «un termine perentorio».
UNIONE EUROPEA – ARMI E DIFESA
Del resto sa bene che alcuni Stati, come Italia e Francia, hanno già fatto sapere che non lo faranno il 30 aprile. Anzi il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spostato almeno a giugno l’appuntamento: «Aspettiamo il vertice della Nato».
Il punto è che il Rearm Eu prevede due misure: sforare le regole di bilancio e prestiti per 150 miliardi di euro complessivi. Due possibilità ben accolte da chi ha i conti in regola ma chi non li ha deve valutare se fare ulteriori debiti. Per questo insistono per una sorta di nuovo Recovery fund con l’emissione di eurobond. E infatti il ministro delle finanze spagnolo, Carlos Cuerpo, ha messo sul tavolo la creazione di un fondo che eroghi sia prestiti sia sussidi.
Uno strumento finanziato dai contributi dei Paesi partecipanti e integrato dall’emissione di debito comune europeo e dai beni russi congelati. […]
Il ministro tedesco, Jorg Kukies, ad esempio, ha detto a chiare lettere che quella strada «non è percorribile». Il confronto ieri si concentrato pure su un documento del think-tank Bruegel in cui si propone la creazione di un Meccanismo europeo della difesa, con un trattato intergovernativo analogo a quello realizzato per il Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Ma anche su questo le distanze sembrano al momento incolmabili. Berlino poi insiste affinché l’Italia prima ratifichi il Mes originario.
Quindi le divergenze restano acute e le parole del ministro italiano Giorgetti lo hanno confermato. «L’obiettivo — ha detto — è raggiungere il target del 2 per cento del pil nella difesa senza attivare la clausola nazionale». Senza cioè ricorrere al Rearm Eu. Roma, come Parigi e Madrid, punta al debito comune e a sospendere integralmente il Patto di stabilità. Sapendo che il summit Nato di giugno alzerà l’asticella dei contributi per la difesa almeno al 3 per cento del pil (l’Italia ora è all’1,5).
UNIONE EUROPEA – ARMI E DIFESA
E a quel punto per molti partner sarà davvero difficile rispettare gli impegni senza uno sforzo comunitario o senza, appunto, congelare in toto le regole su deficit e debito: «Se sono vere le previsioni di disastro economico in relazione a una disastrosa politica commerciale — ha detto rispondendo polemicamente al commissario agli Affari economici e difendendo implicitamente Trump — in automatico si va verso la recessione e a quel punto mi sembra abbastanza scontata l’attivazione dell’articolo 25».
giancarlo giorgetti giorgia meloni foto lapresse.
Per di più l’Italia deve fare i conti anche con il percorso di rientro dal deficit eccessivo, complicato dalla revisione al ribasso delle stime di crescita. «Ma non ci sarà bisogno di una manovra correttiva — ha sottolineato — il rientro dell’indebitamento sarà meno significativo».