22 AVVOCATI PER 7 LIGRESTOS - TOTÒ, I FIGLI, E I MANAGER VOGLIONO SBUGIARDARE NAGEL SUL “PAPELLO” E UNIPOL SULLA MANLEVA
Stefano Elli per il "Sole 24 Ore"
In ventidue di solito si gioca a calcio in un campo da cento metri per cinquanta. La stanza 52 del giudice Angelo Mambriani dell'ex ottava sezione civile del tribunale di Milano, dove ieri si è tenuta l'udienza sulla richiesta del maxisequestro da 245 milioni agli ex manager e proprietari della FonSai, è molto più piccola. Ieri, lì dentro per oltre quattro ore si sono accalcati 22 avvocati in rappresentanza di sette distinte parti in causa.
Il sequestro (conservativo) è stato chiesto dal commissario ad acta di FonSai, nominato dal l'Ivass Matteo Caratozzolo su beni di Salvatore Ligresti, delle due figlie Jonella e Giulia Maria e dei manager Antonio Talarico e Fausto Marchionni. Coinvolto nella richiesta di sequestro anche il figlio Paolo, cittadino svizzero, cui non è stata notificata per tempo la convocazione. Il giudice Mambriani ha rinviato l'udienza al prossimo 22 ottobre per dare modo alle parti (FonSai oltre alle altre societá del gruppo e Unipol da una parte e, dall'altra, gli ex manager di FonSai) di produrre ulteriori documenti a sostegno delle rispettive tesi. Una decisione è attesa per il prossimo novembre.
Una rilevante parte della discussione è stata dedicata alla questione della «manleva», oltre a quella del "papello" siglato dall'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel, in cui si prendeva atto dei desiderata della famiglia Ligresti (45 milioni) in vista di una buonuscita dalla compagnia. La «manleva» si riferisce invece al documento sottoscritto da Unipol e FonSai nel giugno del 2012. In esso Unipol si sarebbe impegnata a garantire la copertura di eventuali disavanzi emersi in FonSai.
Inoltre sempre nell' accordo di manleva, la compagnia delle coop si sarebbe impegnata a rinunciare a perseguire il vecchio management con eventuali azioni di responsabilità . Gli eventi successivi però, a cominciare dal l'insediamento del commissario ad acta, e i procedimenti penali, hanno portato i soci di Unipol a esprimere in assemblea un voto contrario a quel documento.
Quanto all'oramai famoso "papello" siglato da Nagel, i legali di Ligresti sostengono che nel computo complessivo del patrimonio della famiglia vadano conteggiati anche quei 45 milioni di euro. Anche su questi nodi si gioca la contesa legale che vedrà il primo round chiudersi a novembre. Sul fronte penale invece a Torino si è riunito il tribunale del riesame per esaminare le richieste di attenuazione delle misure cautelari di Jonella e Salvatore Ligresti, di Antonio Talarico e di Emanuele Erbetta, rispettivamente ex vicepresidente e ex amministratore delegato di FonSai.
Anche in questo caso il tribunale non si è espresso subito ma una decisione è attesa per la fine di questa settimana. Ma la vera sorpresa a Torino è arrivata dall'avvocato di Salvatore e Jonella Ligresti Gian Luigi Tizzoni, cui si è associato Marco Benito Salomone, legale di Jonella. Tizzoni ha chiesto il trasferimento degli atti a Milano. La ragione? Il reato prevalente contestato dalla procura di Torino è aggiotaggio informativo e manipolazione di mercato, punito con la reclusione sino a sei anni.
A giudizio dei legali l'aggiotaggio si incorporerebbe a Milano, sede della Borsa. A sostegno della propria tesi Tizzoni ha citato il caso dell'aggiotaggio informativo del 2005 della scalata tentata dalla Bipielle di Gianpiero Fiorani sulla Antonveneta del 2005. Se il tribunale dovesse accogliere la richiesta di Tizzoni l'intero fascicolo e le posizioni di tutti gli indagati, verrebbero trasferite al dipartimento reati economici e finanziari della procura di Milano coordinato da Francesco Greco.
E quella tra Milano e Torino sarebbe l'ennesima partita di ping pong. Il rimpallo delle competenze milanesi o torinesi su casi di aggiotaggio la si era già vista nel caso dell'Ipi, e del l'aggiotaggio contestato a Danilo Coppola. La pallina della competenza territoriale ha più volte cambiato campo sino a raggiungere la prescrizione del reato sancita con sentenza poche settimane fa dal presidente della terza sezione penale Piero Gamacchio.







