ALI-INCIUCIO! LARGHE INTESE ECONOMICHE: ALITALIA PRIMA OPERAZIONE “DI SISTEMA” DEL GOVERNO LETTA, A PAGARE SONO SEMPRE GLI ITALIANI

Marcello Zacché per "Il Giornale"

Il salvataggio di Alitalia è la prima grande operazione di sistema del governo Letta bis. I protagonisti dell'accordo che ha visto entrare le Poste tra i soci della ex compagnia di bandiera, insieme con chi dall'esterno ha visto di buon occhio l'operazione, rappresentano un primo embrione dei nuovi possibili equilibri tra poteri forti e politica. Ma soprattutto, e più in dettaglio, di quelli tra grandi imprese e banche da un lato, e il centro destra, nella sua attuale evoluzione, dall'altro.

È questa la lettura in controluce dei passaggi che hanno portato, negli ultimi otto giorni, il governo a prendere per mano la società sull'orlo del crac, per poi individuare la soluzione Poste. Non a caso il «La» all'operazione è arrivato a inizio settimana da Paolo Scaroni, ad dell'Eni, che con il suo ultimatum sulle forniture di carburante, con il rischio di lasciare a terra gli aerei già da oggi, ha fatto compiere al dossier Alitalia un immediato salto di qualità in termini di urgenza e drammaticità.

Su questo assist il governo Letta-Alfano, messi da parte i soci, ha preso in mano la situazione e ha sondato in fretta ogni possibile soluzione: dalla Trenitalia di Moretti, bocciata per problemi antitrust, alla Cassa Depositi, rivelatasi impraticabile. Fino alle Poste, dove il manager pubblico attualmente più abile e quotato, al punto da essere indicato come futuro presidente di Telecom, Massimo Sarmi, ha colto al volo un'occasione con più opportunità che costi, essendo questi ultimi limitati a un investimento di 75 milioni su un miliardo e più di utili del suo gruppo.

La trattativa si è svolta con la copertura del sindacato bianco, la Cisl, molto forte sia in posta, sia a Fiumicino; e con l'accompagnamento del principale quotidiano romano, il Messaggero di Francesco Gaetano Caltagirone, che per primo ha dato la notizia e ha poi sostenuto il governo su questa strada. Completa il quadro il ruolo, via via cresciuto a dismisura in termini di visibilità, del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che nella partita ha il significato di schierare a favore il movimento di Cl.

Questo coté sarebbe stato incompleto senza l'assenso delle due grandi banche italiane. Ma con un distinguo: mentre Intesa era già impegnata in Alitalia, tanto da essere anche socia, in questa fase è emerso il ruolo proattivo di Unicredit, condiviso dai due vicepresidenti più «politici» del gruppo, Fabrizio Palenzona e Luca di Montezemolo; oltre che dai soci privati di maggior peso, tra cui lo stesso Caltagirone. Così il successo dell'operazione è stato sancito dallo stesso che l'aveva avviata: Scaroni, con la sua dichiarazione sul cessato allarme, ha chiuso la partita.

Il forte richiamo alla discontinuità manageriale arrivato successivamente dal governo non ha fatto che sottolineare che per Alitalia si è aperto un altro capitolo, con nuovi interlocutori. Mentre per quanto riguarda Air France, toccherà ai transalpini decidere cosa fare. Ben sapendo però, a questo punto, che dovranno trattare non più con un gruppo di soci privati, ma con una nuova architettura voluta direttamente dal governo italiano.

Che, a ben vedere, è la prima «creatura» economica partorita dalle Larghe Intese. In questo senso il salvataggio della compagnia pare una sorta di laboratorio per un futuro sistema-Italia, soprattutto nei rapporti tra il centro-destra e molti dei suoi più naturali e tradizionali interlocutori economici e finanziari. Che poi l'operazione riesca è tutto da vedere.

 

saccomanni, alfano e lettaLETTA, ALFANO, SACCOMANNISCARONI E SERVILLOLETTA E ALFANO FESTEGGIANO IN SENATO Mario Mauro e Maurizio Lupi Massimo Mucchetti e Francesco Gaetano Caltagirone ALBERTO BRANDANI E FABRIZIO PALENZONA

Ultimi Dagoreport

cecilia sala mohammad abedini donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DI CECILIA SALA? BUIO FITTO, PURTROPPO. I TEMPI PER LA LIBERAZIONE DELLA GIORNALISTA ITALIANA NON SOLO SI ALLUNGANO MA SI INGARBUGLIANO, E LA FORZATURA DEL BLITZ TRANSOCEANICO DI GIORGIA MELONI RISCHIA DI PEGGIORARE LE COSE – IL CASO, SI SA, È LEGATO ALL’ARRESTO DELL’INGEGNERE-SPIONE IRANIANO MOHAMMAD ABEDINI, DI CUI GLI AMERICANI CHIEDONO L’ESTRADIZIONE. L’ITALIA POTREBBE RIFIUTARSI E LA PREMIER NE AVREBBE PARLATO CON TRUMP. A CHE TITOLO, VISTO CHE IL TYCOON NON È ANCORA PRESIDENTE, SUGLI ESTRADATI DECIDE LA MAGISTRATURA E LA “TRATTATIVA” È IN MANO AGLI 007?

elisabetta belloni cecilia sala donald trump joe biden elon musk giorgia meloni

DAGOREPORT – IL 2025 HA PORTATO A GIORGIA MELONI UNA BEFANA ZEPPA DI ROGNE E FALLIMENTI – L’IRRITUALE E GROTTESCO BLITZ TRANSOCEANICO PER SONDARE LA REAZIONE DI TRUMP A UN  RIFIUTO ALL’ESTRADIZIONE NEGLI USA DELL’IRANIANO-SPIONE, SENZA CHIEDERSI SE TALE INCONTRO AVREBBE FATTO GIRARE I CABASISI A BIDEN, FINO AL 20 GENNAIO PRESIDENTE IN CARICA DEGLI STATI UNITI. DI PIÙ: ‘’SLEEPY JOE’’ IL 9 GENNAIO SBARCHERÀ A ROMA PER INCONTRARE IL SANTO PADRE E POI LA DUCETTA. VABBÈ CHE È RIMBAM-BIDEN PERÒ, DI FRONTE A UN TALE SGARBO ISTITUZIONALE, “FUCK YOU!” SARÀ CAPACE ANCORA DI SPARARLO - ECCOLA LA STATISTA DELLA GARBATELLA COSTRETTA A SMENTIRE L’INDISCREZIONE DI UN CONTRATTO DA UN MILIARDO E MEZZO DI EURO CON SPACEX DI MUSK – NON È FINITA: TRA CAPO E COLLO, ARRIVANO LE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI DA CAPA DEI SERVIZI SEGRETI, DECISIONE PRESA DOPO UN DIVERBIO CON MANTOVANO, NATO ATTORNO ALLA VICENDA DI CECILIA SALA…

cecilia sala donald trump elon musk ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - DAVVERO MELONI SI È SOBBARCATA 20 ORE DI VIAGGIO PER UNA CENETTA CON TRUMP, CON BLOOMBERG CHE SPARA LA NOTIZIA DI UN CONTRATTO DA UN MILIARDO E MEZZO CON “SPACE-X” DEL CARO AMICO ELON MUSK (ASSENTE)? NON SARÀ CHE L’INDISCREZIONE È STATA RESA PUBBLICA PER STENDERE UN VELO PIETOSO SUL FALLIMENTO DELLA DUCETTA SULLA QUESTIONE PRINCIPALE DELLA TRASVOLATA, IL CASO ABEDINI-SALA? - TRUMP, UNA VOLTA PRESIDENTE, ACCETTERÀ LA MANCATA ESTRADIZIONE DELLA ''SPIA'' IRANIANA? COSA CHIEDERÀ IN CAMBIO ALL’ITALIA? – DI SICURO I LEADER DI FRANCIA, GERMANIA, SPAGNA, POLONIA, URSULA COMPRESA, NON AVRANNO PER NULLA GRADITO LE PAROLE DI TRUMP: “GIORGIA HA PRESO D’ASSALTO L’EUROPA” - VIDEO

giorgia meloni e donald trump - meme by edoardo baraldi .jpg

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI SFOGLIA LA MARGHERITA: VOLO O NON VOLO A WASHINGTON IL 20 GENNAIO ALL'INAUGURAZIONE DEL SECONDO MANDATO DI DONALD TRUMP? - CERTO, LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA, ANCHE PER NON DARE SODDISFAZIONE AL "PATRIOTA" MATTEO SALVINI CHE VUOLE PRESENZIARE A TUTTI I COSTI E SVENTOLARE LA BANDIERA "MAGA" DELLA PADANIA - LA POVERINA STA CERCANDO DI CAPIRE, ATTRAVERSO IL SUO CARISSIMO AMICO ALLA KETAMINA ELON MUSK, SE CI SARANNO ALTRI CAPI DI GOVERNO. IL RISCHIO È DI TROVARSI IN MEZZO AGLI AVARIATI SOVRANISTI ORBAN E FICO - UN’IMMAGINE CHE VANIFICHEREBBE I SUOI SFORZI (E SOGNI) DI PORSI NEL RUOLO DI PONTIERE TRA L'EUROPA DI URSULA E L'AMERICA TRUMP...

giovan battista fazzolari giorgia meloni autostrade matteo salvini giovanbattista

DAGOREPORT – IL FONDO TI AFFONDA: BLACKSTONE E MACQUARIE, SOCI DI AUTOSTRADE, SONO INCAZZATI COME BISCE PER L’AUMENTO DEI PEDAGGI DELL’1,8%. PRETENDEVANO CHE IL RINCARO FOSSE MOLTO PIÙ ALTO, AGGIORNATO ALL'INFLAZIONE (5,9% NEL 2023). MA UN FORTE AUMENTO DEI PEDAGGI AVREBBE FATTO SCHIZZARE I PREZZI DEI BENI DI CONSUMO, FACENDO SCEMARE IL CONSENSO SUL GOVERNO – SU ASPI È SEMPRE SALVINI VS MELONI-FAZZOLARI: LA DUCETTA E “SPUGNA” PRETENDONO CHE A DECIDERE SIA SEMPRE E SOLO CDP (AZIONISTA AL 51%). IL LEADER DELLA LEGA, COME MINISTRO DEI TRASPORTI, INVECE, VUOLE AVERE L’ULTIMA PAROLA…