IL MONTE BIANCO FORMATO CAVEAU - UN ALPINISTA TROVA 136 GRAMMI DI SMERALDI E RUBINI NASCOSTI SOTTO LA NEVE (E LI CONSEGNA ALLA GENDARMERIA)

Leonardo Bizzaro per "La Repubblica"

Le pentole piene di monete d'oro si trovano, dice la leggenda, alla fine dell'arcobaleno. Il 9 settembre, invece, un giovane alpinista savoiardo ha rinvenuto una cassetta metallica colma di gioielli tra i seracchi del Bossons, il ghiacciaio che scende sopra Chamonix fin quasi a lambire la strada.

Sacchetti di tela zeppi di pietre preziose, 136 grammi di smeraldi, zaffiri, rubini, alcuni con la scritta «made in India», per un valore, secondo la stima di un gioielliere della zona, che va dai 130 mila ai 246 mila euro. Il ragazzo li ha consegnati alla gendarmeria di Bourg-Saint-Maurice, ricevendo le congratulazioni del comandante della compagnia di Albertville: «È un giovane onesto e ha subito compreso che i gioielli appartenevano a qualcuno che era morto sul ghiacciaio».

La memoria delle guide anziane della capitale del Bianco è andata subito ai due velivoli di Air India schiantati sulle nevi del tetto d'Europa circa mezzo secolo fa. Il 3 novembre 1950 la tragedia del Malabar Princess, un Lockheed L-049 Constellation della linea Bombay-Londra che andò a sbattere, nel bianco assoluto di una tempesta di neve, su un contrafforte roccioso del versante francese del Monte Bianco, il Rocher de la Tournette, con un bilancio di 48 morti.

Il 24 gennaio 1966 toccò al Kangchenjunga, un Boeing 707 sulla rotta Bombay-New York, fracassarsi a 4.750 metri. Il pilota, che aveva appena comunicato un'avaria alla strumentazione di bordo, era convinto di aver superato la cima del Monte Bianco ed era sceso di quota per sottrarsi alla bufera: nessuno dei 117 passeggeri sopravvisse.

Molti anni dopo, e oggi ancora, il movimento dei ghiacci ha portato alla luce le testimonianze dei due incidenti e capita spesso che gli alpinisti si imbattano in pezzi di lamiera, valigie e perfino in ossa umane. Soprattutto nel caso del primo incidente, i giornali avevano ipotizzato che tra i viaggiatori - perlopiù marinai di ritorno da una missione in India, da cui la Gran Bretagna si era ritirata nel 1947 - ci fosse qualcuno che trasportava lingotti d'oro negli Stati Uniti.

Ma nulla fu mai trovato. Secondo Patrick Quincy, procuratore della Repubblica di Albertville, la cassetta con i gioielli sarebbe però stata a bordo dell'aereo caduto nel 1966. Da qualunque carlinga provengano, se non si riuscirà a risalire ai proprietari le pietre preziose saranno riconsegnate a chi le ha trovate: il giovane alpinista che prudentemente ha preferito rimanere anonimo.

La storia del Malabar Princess, trasportasse o no lingotti d'oro, ispirò negli anni Cinquanta prima un libro famoso, La neige en deuil (Neve a lutto) di Henri Troyat, prolifico scrittore francese di origine russa, poi un film di Edward Dmytryk con Spencer Tracy e Robert Wagner, La montagna, girato nel 1956 tra Chamonix e Hollywood. Vennero coinvolte anche le guide alpine francesi, alcune che già erano state protagoniste della ricerca dell'aereo sul ghiacciaio.

La vicenda fu di nuovo sfruttata, trasportandola di peso tra le Montagne Rocciose, in Cliffhanger di Renny Harlin, poco riuscito tentativo, nel '93, di rilanciare la carriera di Sylvester Stallone. E, trasfigurata dalla fantasia, diventò un episodio del fortunato Il favoloso mondo di Amélie, con Audrey Tatou che, letto sul giornale del ritrovamento di un sacco postale del Malabar Princess, consegna alla sua portinaia l'ultima lettera d'amore del marito scomparsa, falsa, ma capace di portare felicità alla vedova. Nei mesi prossimi sarà l'alpinista sconosciuto ad attendere una mail dalla procura di Albertville, nella speranza di trovare la stessa felicità.

 

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