1- BANANA REVOLUTION! LA MANNAIA DI SILVIO STACCA NON SOLO LA TESTA DI ALLEGRI, MA ANCHE DI GALLIANI. IL SACRIFICIO DEL PELATO è UN SEGNALE ANCHE AI VECCHI DIRIGENTI POLITICI PDL. ED È GIÀ SPUNTATO UN ALTRO MANAGER TOSTO CHE SI CHIAMA GIUSEPPE BIESUZ 2- GRILLI CHI? I GIORNALI SONO PIÙ PREOCCUPATI DI CORRERE DIETRO ALLE FATTURE FALSE DEI CONSIGLIERI REGIONALI E PROVINCIALI PIUTTOSTO CHE AL RAPPORTO INCESTUOSO DEL MINISTRO CON PONZELLINI CHE DA SOLO MERITEREBBE LE DIMISSIONI IMMEDIATE 3- UNA SOTTILE FRATTURA PER IL CENTRO-TAVOLA DI MONTEZEMOLO E DI OSCAR GIANNINO 4- LA MEGALOMANIA INOPPORTUNA DI PASSERA: VA IN TV E CHIAMA MARPIONNE “SERGIO” 5- TECHNO-CUCCAGNA PER CLINTON: 500MILA $ PER LA COMPARSATA DI POCHE ORE A CESENA

1- GRILLI CHI?
Se dieci anni fa il regista americano James Ivory l'avesse conosciuto, avrebbe sicuramente affidato una parte a Vittorio Grilli nel film "Casa Howard".

Troppo perfetti sono i modi e lo stile di questo ministro per pensare che sia un prodotto di quella specie italica che tende a gesticolare e a parlare senza il misurino delle parole. Il suo stile anglosassone è arricchito da una natura umbratile e da un'indole elusiva che lo rendono laconico anche nei momenti più drammatici.

Dietro il suo pallore c'è comunque un bagaglio di competenza e cultura invidiabili che lo hanno portato a leggere i classici e a imparare da Seneca che un uomo è grande quando tace. La lezione è servita a questo milanese bocconiano a navigare nelle stanze del potere dopo una parentesi americana e inglese di alcuni anni che ha arricchito il curriculum e gli ha consentito di stabilire un network di relazioni con i poteri della finanza internazionale. Non a caso oggi Grilli fa parte dell'Aspen Institute e del Club di Bruegel, una delle lobby più potenti a livello europeo.

Stupisce quindi che un uomo con questo profilo e con tali rapporti sia stato "pizzicato" al telefono durante la battaglia per la carica di Governatore della Banca d'Italia che si è svolta senza esclusione di colpi nel giugno dell'anno scorso. E ancor più sorprende il fatto che dall'altra parte del telefono non ci fossero i capi di Goldman Sachs o del Credit Suisse First Boston, dove ha lavorato per un certo tempo, ma quel Massimo Ponzellini (che Grilli chiama confidenzialmente "Max") che di tutti i banchieri importanti del nostro Paese ha rappresentato uno dei frutti più discutibili della politica.

È pur vero che la battaglia per via Nazionale fu condotta senza esclusione di colpi tra Fabrizio Saccomanni sostenuto da Draghi, e Lorenzo Bini Smaghi sul quale scommettevano soltanto la moglie e qualche amico fiorentino. Grilli ci teneva alla poltrona di Bankitalia ed è questa la ragione che lo ha spinto a uscire dall'ombra per verificare attraverso Ponzellini se l'appoggio di Tremonti e della Lega fossero così robusti da reggere le obiezioni del Cavaliere di Arcore e della sinistra.

Il suo affanno gli fa perdere l'aplomb anglosassone fino al punto di dire al telefono: "eccomi Max, ti ho chiamato perché mi hanno detto da Milano che circola di nuovo questa cavolo di voce che se vado io alla Banca d'Italia si tranquillizza tutto con Popolare di Milano", poi ricordando la sua natura umbratile chiede "massima prudenza". Dall'altra parte della cornetta Paraponzi-Ponzellini cerca di tranquillizzarlo, gli assicura che non scenderà più a Roma per evitare di essere beccato in quel ministero che a marzo aveva già ricevuto i risultati di una tremenda ispezione della Banca d'Italia sulla Popolare di Milano.

Di fronte a questo spettacolo si resta sbalorditi e vengono in mente i quadretti di colore che riempirono le cronache ai tempi della vicenda Fiorani-Fazio quando il banchiere di Codogno entrava a mezzanotte da un uscio segreto di via Nazionale per tranquillizzare il Governatore di Alvito e la moglie Maria Cristina.

Lo stupore aumenta quando come nel caso di Grilli la maggior parte dei quotidiani stende una coperta di silenzio rotta soltanto da un paio di articoli del "Sole 24 Ore" e de "Il Fatto". I giornali sembrano più preoccupati di correre dietro alle fatture false dei consiglieri regionali e provinciali piuttosto che a questo episodio che da solo meriterebbe (qualora fosse verificata la veridicità del colloquio telefonico) le dimissioni immediate dell'uomo che poco più di un mese dopo la nomina di Visco in Bankitalia, è stato premiato viceministro e poi ministro.

Ormai è chiaro che il ventilatore dell'antipolitica gira a velocità folle senza alcuna gerarchia. Lo scandalo non fa più scandalo. Nemmeno quando è grande come una casa. E Grilli, che ha studiato i classici e ricorda le parole di De Gaulle ("niente rafforza l'autorità quanto il silenzio"), lo sa benissimo e continua a tacere. Così ha fatto a proposito della consulenza di una società di Finmeccanica per l'ex-moglie americana e forse sentendo odore di bruciato venerdì scorso, cioè nello stesso giorno in cui è uscito su "Repubblica" il testo del suo dialogo con "Max", ha sentito il bisogno impellente di emettere una circolare per cacciare i corrotti dalle aziende pubbliche.

Quando qualcuno gli ha chiesto a chi si riferisse la sua lettera, ha risposto laconico come il maggiordomo di Casa Howard: "a nessuno in particolare e a tutti in generale". D'altra parte non poteva fare diversamente perché il giorno prima era scoppiato lo scandaletto romano delle indagini sull'amministratore delegato dell'Ente Eur Riccardo Mancini.

Come giustamente ha ricordato "Repubblica" il pallido Grilli non più tardi del 6 giugno scorso aveva dato il suo imprimatur allo svelto Mancini facendo uscire dalle stanze del Tesoro un parere che suonava così: "in merito ai criteri di onorabilità richiesti dallo statuto, l'ingegnere Riccardo Mancini è eleggibile a consigliere di amministrazione".

Lo scandalo non fa più scandalo e per un uomo che predilige l'opaco vicende come quelle della ex-moglie e dell'ingegnere dell'Ente Eur sono miserabili. Sullo sfondo resta pesante come un macigno il dialogo con il massiccio Ponzellini che ancora oggi è agli arresti domiciliari.

Qualcuno prima o poi dovrebbe alzare la coperta e mettere a nudo la doppia natura, laconica e fin troppo loquace, del pallido ministro.


2- IL CENTRO-TAVOLA DI MONTEZEMOLO E DI OSCAR GIANNINO NELLA COMPAGINE STA EMERGENDO UNA SOTTILE FRATTURA TRA QUELLI DELLA SPONDA "AMERICANA", CIOÈ I PROFESSORI ITALIANI CHE INSEGNANO NEGLI USA, E QUELLI DELLA SPONDA "ITALICA" CHE HA IN GIANNINO IL RAPPRESENTANTE PIÙ CONVINTO.
La ritirata tanto attesa e scontata di Luchino di Montezemolo è rimbalzata oggi perfino sulla stampa tedesca.

Gli effetti del gran rifiuto sono destinati a creare qualche problema nella platea dei "carini" che non avevano calcolato con esattezza lo squilibrio tra gli interessi materiali e quelli ideali del presidente della Ferrari.

Luchino ha fatto il suo pit-stop e ha cambiato il set delle gomme mettendo in crisi il popolo di "Italia Futura" che generosamente viene stimato in oltre 60mila adepti. Adesso la corsa si sposta per salire sul carro alato del Monti-bis, e qualcuno come Pg Battista sul "Corriere della Sera" si chiede "che cosa ha da dire il nuovo arcipelago centrista sul futuro dell'Italia".

Il dibattito è aperto e la gara per saltare sulla scialuppa di Monti sta mettendo le ali ai piedi a Fini, Casini e a tutti quelli che continuano a sognare il Grande Centro come piattaforma per rimettere in orbita SuperMario.

Qualche problema nasce anche nella piccola foresta dei movimenti collaterali che è proliferata in questi mesi per tenere alta la bandiera del rigore e del liberismo popolare. Non è ancora un terremoto ma i fermenti sembrano destinati ad aumentare anche in casa di Oscar Giannino, il giornalista 51enne dall'abbigliamento sopra le righe che ha fondato "Fermare il declino".

Sabato pomeriggio il simpatico Oscar è apparso a Torino in splendida forma al teatro Giulia di Barolo dove davanti a 300 simpatizzanti ha glissato su una sua candidatura alle elezioni.

In questo momento è impegnato a evitare che la fuga di Luchino faccia scoppiare una dialettica tra le due anime del gruppo dei fondatori che hanno lanciato il "Manifesto" in 10 punti per cambiare il destino dell'Italia. Nella compagine sta emergendo una sottile frattura tra quelli della sponda "americana", cioè i professori italiani che insegnano negli Usa, e quelli della sponda "italica" che ha in Giannino il rappresentante più convinto.

Sulla sponda americana si ritrovano Michele Bodrin (un padovano che ha fatto politica fino a 23 anni nella sinistra italiana per poi andarsene a insegnare a 27 negli Stati Unit). Accanto a lui ci sono anche Sandro Brusco, nato a Rovigo, 51enne, che insegna alla Stony Brook University di New York, e Andrea Moro, professore vicentino alla Vanderbilt University.

Sulla sponda italica, oltre a Giannino, si collocano Carlo Stagnaro, un ligure esperto di clima, che lavora alla Fondazione Bruno Leoni, e l'avvocato Sandro De Nicola, che si definisce "un idealista senza illusioni".

In mezzo a questo parterre di professori c'è poi quel furetto incazzato di Luigi Zingales, il padovano bocconiano che insegna economica alla Chicago University. Costui è una specie di mina vagante che non perde occasione per attaccare duramente l'establishment dei banchieri e del veterocapitalismo italico. Vorrebbe mandare a casa tutti, da Monti a Bazoli e le sue idee le ha raccolte nel libro "Manifesto capitalista" che finora non ha riscosso un grande successo.

Qualcuno comincia a chiedersi quando personaggi come Zingales e Alesina torneranno in America per rimettere la testa sui libri e insegnare qualcosa nelle università, ma questa non è la domanda che si pone Oscar Giannino. La sua preoccupazione è di vedere l'ala americana, capeggiata dal ruvido Boldrin, sempre più in sintonia con i toni radicali di Beppe Grillo.

Per il fondatore di "Fermare il declino" adesso si tratta di sgombrare il campo dalla voglia dei fondatori più incazzati di avere posti di prima fila. E soprattutto di tenere a bada quel Boldrin che non più tardi di pochi giorni fa a proposito della vicenda del giornalista Sallusti ha detto che il carcere al direttore del quotidiano "Il Giornale" è un modo per fermare il declino.


3- UNA SOTTILE FRATTURA PER IL CENTRO-TAVOLA DI MONTEZEMOLO E DI OSCAR GIANNINO
Dicono che Berlusconi abbia le valvole della politica fuori uso, e in effetti dopo averlo sentito la settimana scorsa al Tempio di Adriano durante la presentazione del libricino dell'ambulante veneto Renatino Brunetta, anche la Merkel si è convinta di questo assunto.

Le uniche idee che sembrano chiare riguardano il Milan, la squadra che sta nel cuore della figlia Barbara, vicepresidente dai toni autoritari. Su questo argomento il Cavaliere peccaminoso sarebbe in procinto di prendere decisioni clamorose e la mannaia non dovrebbe staccare la testa dell'allenatore Allegri, ma anche di Adriano Galliani, il geometra di Monza che dal 1986 ha preso in mano le redini della società.

Disfarsi di uno come Galliani per Berlusconi, che ha avuto un sodalizio pluridecennale, può significare una rinuncia pari a quella del sesso attivo avvenuta almeno dieci anni fa. Ma i risultati a dir poco deludenti della squadra rischiano di rendergli la vita ancora più difficile alla vigilia della stagione elettorale.

Il sacrificio sull'altare dell'amicizia e dello sport del pelato geometra Galliani potrebbe sembrare un segnale preciso anche ai vecchi dirigenti politici del Pdl che gli sono diventati insopportabili.

L'operazione è sentimentalmente difficile ma possibile perché nella cerchia del Cavaliere è già spuntato un altro pelato doc che si chiama Giuseppe Biesuz. Costui è un manager nato in Svizzera nel '62 che dopo la laurea a Ca' Foscari ha ricoperto cariche importanti in varie aziende come Bialetti, Richard Ginori e nell'agosto 2009 è stato nominato a capo della nuova società costituita pariteticamente tra Trenitalia e Ferrovie Nord per la gestione del trasporto ferroviario regionale in Lombardia.

Chi lo conosce lo descrive come un uomo tosto e con idee molto innovative che piacciono al Berlusca perché sa tutto sulla mobilità e pensa che potrebbe far correre il Milan come un treno. L'ammirazione per Biesuz è tale che il suo nome è stato buttato fuori tra i candidati alla direzione generale di Finmeccanica dove da un momento all'altro si aspetta che il tandem Orsi-Pansa faccia le valige.


4- LA MEGALOMANIA INOPPORTUNA DI PASSERA PARLA DELLA FIAT E CHIAMA MARPIONNE "SERGIO"
Avviso ai naviganti N.1: "Si avvisano i signori naviganti che ieri sera il prevosto televisivo Fabio Fazio si è beccato due applausi durante l'intervista a Corradino Passera.

La platea ha premiato il conduttore di "Che tempo che fa" quando il ministro, abbigliato con la solita camicina presa in un mercatino di Sabaudia, ha parlato della Fiat e ha chiamato Marpionne "Sergio". Questa familiarità - suggerita da una megalomania irrefrenabile - è apparsa esagerata e gratuita".


5- CUCCAGNA PER CLINTON: 500 MILA DOLLARI PER LA COMPARSATA ALLA TECHNOGYM
Avviso ai naviganti N.2: "Si avvisano i signori naviganti che Bill Clinton non è per nulla dispiaciuto per il mancato incontro con il piccolo Obama sindaco di Firenze.

È ripartito all'alba contento soprattutto per i 500mila dollari che il fondatore di Technogym Nerio Alessandri gli ha dato come piccolo rimborso spese per la comparsata di poche ore nella faraonica "Wellness Valley".

 

MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpeg9rau38 vit grilli mo lisaraf111 mass ponzellini lisa grilliangi33 vegas tremonti pedulla ponzelliniROMANO PRODI SACCOMANNI E BINI SMAGHIj fiorani cristina fazio GENTERICCARDO MANCINI AD ENTE EUR LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLOOSCAR GIANNINO CASINI E FINI LUIGI ZINGALES alessandro-sallusti-condannatoBerlusconi Galliani e Katarina Knezevic a San Siro Da Novella massimiliano allegrI giuseppe biesuz SERGIO MARCHIONNE CORRADO PASSERA

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