ULTIME DAL MONTE DEI PACCHI – LA BCE PUNTA LA PISTOLA E IMPONE A SIENA DI CHIUDERE IL DERIVATO “ALEXANDRIA” CON NOMURA – PER MPS SIGNIFICA DOVER REGISTRARE SUBITO UNA PERDITA DI CIRCA UN MILIARDO
Gianluca Paolucci per “la Stampa”
La Bce ha imposto a Mps di chiudere anticipatamente l’operazione Alaxandria con Nomura, nonostante la banca senese abbia fatto presente alla vigilanza di Francoforte che cessare il contratto significherebbe registrare una perdita di circa 1 miliardo, oltre all’indebolimento di tutte le azioni risarcitorie intraprese nei confronti dell’istituto giapponese.
È quanto spiega una lettera firmata dal presidente di Mps, Alessandro Profumo e dall’amministratore delegato Fabrizio Viola ai pm di Milano che conducono l’inchiesta sulle vicende della banca, datata 18 febbraio 2015. La Bce, nella conclusione dell’analisi del piano di ristrutturazione di Mps recapitata a Siena il 10 febbraio e allegata alla lettera ai pm milanesi, impone di chiudere l’operazione entro il 26 luglio prossimo, «a meno di un provato impedimento legale che debba emergere in futuro come conseguenza dei procedimenti civili delle indagini penali in corso».
I due manager aggiungono di avere in corso contatti con Nomura per arrivare ad una chiusura anticipata dell’operazione, su basi però diverse. Ovvero, una struttura che blocchi l’assorbimento di capitale che deriva da Alexandria senza costi aggiuntivi per la banca. Anche perché il peso attuale del derivato nei conti dell’istituto è notevole: la Bce, intervenuta subito nel caso una volta entrata in vigore la vigilanza europea sulle banche, ha chiesto a Mps di adottare un metodologia particolarmente restrittiva nel calcolo dell’impatto sul patrimonio, spiegano i manager ai pm.
L’operazione è diventata nel frattempo una cosiddetta «large exposure», superando il tetto del 25% del patrimonio di vigilanza per una singola controparte e attestandosi, come ha reso noto Mps nei giorni scorsi, a circa il 35%. Intanto, l’impatto nei conti del 2014 è stato di 400 milioni sul patrimonio di vigilanza. Ma per effetto del contratto, ogni variazione dello spread del credito italiano impatta direttamente sul parametro Cet1 (il capitale primario, il parametro principale di misurazione della solidità di una banca) in misura di 5 milioni di euro ogni punto base di rialzo dello spread italiano. Un allargamento di 60 punti base «costerebbe» a Mps 300 milioni di euro in termini di capitale, rendendo sempre più arduo raggiungere quella soglia del Cet1 al 10,2% imposta dalla stessa Bce.
Sempre il 10 febbraio scorso intanto, la procura di Milano ha chiesto a Siena copia dei documenti relativi alla causa in corso tra Mps e Nomura presso l’Alta Corte di Londra. Documenti che le parti inizieranno a scambiarsi domani.
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