C’E’ TALMENTE TANTA GRANA IN GIRO CHE PURE PIAZZA AFFARI DIVENTA ATTRAENTE – I FONDI ESTERI SI BUTTANO SULLA BORSA ITALIANA: PREFERISCONO LE GRANDI BANCHE ED ASSICURAZIONI, MA NON DISDEGNANO NEMMENO I TITOLI DOVE SCORRE IL SANGUE. UNO A CASO? TIM

 

Nino Sunseri per Libero Quotidiano

 

bernheim bollore

Quando il fondo Elliott ha iniziato l' assedio a Telecom un brivido ha percorso il settore corporate del Paese. Una volta abituata a risolvere i propri problemi senza scalpore, a porte chiuse, Piazza Affari sta diventando terreno di scorreria per i soci attivisti. Certo Telecom non è stato il primo caso.

 

Come dimenticare l' offensiva di Algebris su Generali che aveva portato alle tumultuose dimissionI di Antoine Bernheim dalla presidenza? Oppure l' attacco contro Parmalat concluso con l' ingresso di Lactalis? Si trattava però di situazioni particolari. Nel caso di Generali una classica battaglia di successione. In Parmalat aveva sbagliato il presidente Enrico Bondi tenendo in cassa la liquidità ottenuta con i risarcimenti delle banche.

ENRICO BONDI

 

Ora invece investitori nordamericani e britannici, che preferiscono stili di investimento più aggressivi, stanno stabilmente costruendo una presenza in Italia dove la rete di partecipazioni incrociate si sta smantellando dopo la crisi. I fondi anglosassoni detengono il 60% della quota delle blue chip italiane in mano agli istituzionali, secondo Borsa Italiana.

 

Piazza Affari non fornisce paragoni storici ma gli esperti di governance dicono che l' influenza di questi fondi è in crescita. In particolare nel settore bancario. Gli investitori professionali sono ai primi posti in tutte le banche tranne Intesa, dove la leadership italiana è garantita da Compagnia di San Paolo e Fondazione Cariplo. Ci sarebbe anche Mps con il Tesoro. Ma è un' altra storia. Per il resto il nocciolo duro dell' azionariato è costituito da fondi americani e inglesi.

 

padoan montepaschi

L' avanzata e' stata semplice: le ex popolari diventate Spa erano facilmente penetrabili avendo un libro soci frammentato dal voto capitario. Nel resto del sistema è venuto meno il bastione delle Fondazioni distrutto dalla raffica di aumenti di capitale. Finora i fondi che controllano le banche hanno fatto gli azionisti dormienti. Si sveglieranno quando i bilanci si saranno stabilizzati.

 

«Il mercato italiano sembra ormai maturo per l' attivismo, in particolare negli ultimi tre anni», commenta Fabio Bianconi della società di consulenza sulla corporate governance Morrow Sodali. Tim rappresenta la prima verifica. Elliott ha sfidato Vivendi chiedendo un deciso cambio di rotta. Il titolo ha perso oltre un terzo del suo valore da quando il gruppo francese guidato da Vincent Bolloré ha rilevato la partecipazione iniziale a metà 2015. Elliott, fondata dal pioniere degli hedge fund Paul Singer, vuole che Tim venda parzialmente la rete fissa, possibilmente attraverso la quotazione e ha chiesto la sostituzione dei consiglieri nominati dai francesi.

paul singer

 

Questa settimana è scoppiata la battaglia dei fondi attivisti nella società di infrastrutture tlc Retelit. I tedeschi di Shareholder Value Management si sono schierati contro i progetti di altri investitori che volevano allontanare l' attuale amministratore delegato e hanno dichiarato il proprio sostegno all' attuale business plan.

 

RETE TELECOM1

Il peso degli investitori istituzionali nelle aziende italiane è più che raddoppiato negli ultimi 20 anni, secondo i dati di Bankitalia. Fino al 2010, quando una legge ha chiarito la questione dei diritti di voto, non era chiaro, per l' azionista che muoveva le azioni nelle settimane che precedevano l' assemblea, se poteva votare o meno.

 

La legge ha introdotto una «record date», di solito fissata in sette giorni lavorativi antecedenti l' assemblea. Tuttavia l' attivismo dei soci ha ancora parecchi ostacoli da affrontare perché il patrimonio familiare controlla il 33 per cento del capitale quotato. Facile bloccare le iniziative non gradite.

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…