STAMPA BASTARDA - MENTRE I GIORNALISTI VENGONO PREPENSIONATI O MANDATI IN CASSA INTEGRAZIONE, GLI EDITORI, DICHIARANDO LO STATO DI CRISI, PAGANO LE RISTRUTTURAZIONI CON I SOLDI DEI CONTRIBUENTI - CALTARICCONE HA PENSATO BENE DI SFRUTTARE QUESTO MEZZO PER SCALARE GENERALI - L’ULTIMA BEFFA: IL DIRIGENTE DEL MINISTERO CHE GESTIVA LE SOVVENZIONI AGLI EDITORI È STATO ASSUNTO DALLA FIEG…

Marco Palombi per il “Fatto quotidiano”

 

L’editoria italiana è in crisi, si sa, giornali e settimanali annaspano. È tanto vero che dal 2009, quando l’allora ministro Sacconi varò una legge ad hoc per consentire ai giornali di liberarsi con i soldi pubblici dei cronisti più anziani e meglio pagati, sono circa una cinquantina le aziende che hanno chiesto e ottenuto il cosiddetto “stato di crisi”. Dentro quella lista ci sono tutti i grandi quotidiani e le agenzie di stampa: il Corriere della Sera, la Repubblica, Il Messaggero, Il Sole 24 Ore, Avvenire, l’Ansa e via elencando in tre anni hanno mandato in prepensionamento centinaia di lavoratori e messo in cassa integrazione o sotto contratto di solidarietà altre migliaia.

 

I criteri per ottenere lo stato di crisi, d’altronde, sono abbastanza “elastici”: grazie al metodo Sacconi, non serve nemmeno che il giornale sia davvero in perdita, bastano anche solo le previsioni negative per il futuro. Tanto poi l’applicazione dei piani industriali – teoricamente obbligatoria per accedere ai fondi dello Stato – non la controlla nessuno. Ad alcuni, per dire, lo stato di crisi è piaciuto talmente tanto – il Sole, ad esempio, l’Ansa e altri – che hanno bissato: ne hanno fatti due di fila col beneplacito del ministero del Lavoro, che garantisce che le ristrutturazioni industriali le paghino i contribuenti.

 

L’ultimo ad ottenere la seconda sovvenzione consecutiva è stato, incredibilmente, uno dei più liquidi imprenditori italiani. Si tratta di Francesco Gaetano Caltagirone, che ha già alleggerito le redazioni di tutti i suoi quotidiani di oltre 120 unità finora e adesso si appresta a far fuori da Il Mattino altri 12 giornalisti (dopo i 25 del primo stato di crisi): il provvedimento, approvato dai tecnici ministeriali, è alla firma di Elsa Fornero, ma nel frattempo nelle redazioni del quotidiano campano qualcuno è già in cassa integrazione.

 

Rimane inevasa la domanda – per restare sul gruppo del costruttore e finanziere romano – sul perché lo Stato debba sobbarcarsi la riduzione del personale di un’azienda editoriale che dal 2000 al 2007 ha macinato 277 milioni di euro di utili, è poi stata in perdita per due anni e l’anno scorso è tornata in attivo per 3,5 milioni.

 

Per di più, come ha raccontato Vittorio Malagutti su questo giornale un anno e mezzo fa, Caltagirone mentre prendeva soldi pubblici per prepensionare i suoi giornalisti, ha usato la cassa del gruppo editoriale per scalare Generali: il sindacato ne aveva ben donde, insomma, quando parlava di “presunta crisi del Messaggero”.

 

Ora, come detto, il Welfare si appresta a concedergli aiuti per Il Mattino e a buon punto è pure la trattativa per il secondo stato di crisi del quotidiano romano di Caltagirone. Nel frattempo, però, è accaduto un fatto imbarazzante quanto inopportuno, che rischia di bloccare l’oliata macchina delle sovvenzioni pubbliche all’editoria.

 

L’uomo che, per conto del ministero del Lavoro, ha gestito in questi anni la partita dell’editoria, Francesco Cipriani, ex dirigente della divisione VII del dicastero, a ottobre ha pensato bene di andare all’improvviso a lavorare per la Fieg (la Confindustria degli editori), poco dopo peraltro aver dato parere positivo alla concessione degli aiuti al giornale napoletano: un passaggio da arbitro a giocatore, dicono fonti ministeriali, che non è piaciuto affatto a Fornero. La cosa non imbarazza invece gli editori.

 

La Fieg, richiesta di un commento, conferma l’assunzione di Cipriani, che oggi si occupa proprio del suo precedente campo di lavoro – il contenzioso in campo occupazionale e previdenziale – ma non vede alcun conflitto di interesse: “Non abbiamo nulla da dire: Cipriani ha semplicemente cambiato lavoro come capita a molti, anche ai giornalisti che passano da un quotidiano all’altro”. Come che sia, il ministro Fornero potrebbe però chiedersi perché, mentre non si riescono a garantire gli “esodati”, si finanzi un editore che i soldi li ha permettendogli di mandare in pensione a spese nostre gente che ha 58 anni d’età e 18 di contributiMarco Palombi per il "Fatto quotidiano"

 

L'editoria italiana è in crisi, si sa, giornali e settimanali annaspano. È tanto vero che dal 2009, quando l'allora ministro Sacconi varò una legge ad hoc per consentire ai giornali di liberarsi con i soldi pubblici dei cronisti più anziani e meglio pagati, sono circa una cinquantina le aziende che hanno chiesto e ottenuto il cosiddetto "stato di crisi". Dentro quella lista ci sono tutti i grandi quotidiani e le agenzie di stampa: il Corriere della Sera, la Repubblica, Il Messaggero, Il Sole 24 Ore, Avvenire, l'Ansa e via elencando in tre anni hanno mandato in prepensionamento centinaia di lavoratori e messo in cassa integrazione o sotto contratto di solidarietà altre migliaia.

I criteri per ottenere lo stato di crisi, d'altronde, sono abbastanza "elastici": grazie al metodo Sacconi, non serve nemmeno che il giornale sia davvero in perdita, bastano anche solo le previsioni negative per il futuro. Tanto poi l'applicazione dei piani industriali - teoricamente obbligatoria per accedere ai fondi dello Stato - non la controlla nessuno. Ad alcuni, per dire, lo stato di crisi è piaciuto talmente tanto - il Sole, ad esempio, l'Ansa e altri - che hanno bissato: ne hanno fatti due di fila col beneplacito del ministero del Lavoro, che garantisce che le ristrutturazioni industriali le paghino i contribuenti.

L'ultimo ad ottenere la seconda sovvenzione consecutiva è stato, incredibilmente, uno dei più liquidi imprenditori italiani. Si tratta di Francesco Gaetano Caltagirone, che ha già alleggerito le redazioni di tutti i suoi quotidiani di oltre 120 unità finora e adesso si appresta a far fuori da Il Mattino altri 12 giornalisti (dopo i 25 del primo stato di crisi): il provvedimento, approvato dai tecnici ministeriali, è alla firma di Elsa Fornero, ma nel frattempo nelle redazioni del quotidiano campano qualcuno è già in cassa integrazione.

Rimane inevasa la domanda - per restare sul gruppo del costruttore e finanziere romano - sul perché lo Stato debba sobbarcarsi la riduzione del personale di un'azienda editoriale che dal 2000 al 2007 ha macinato 277 milioni di euro di utili, è poi stata in perdita per due anni e l'anno scorso è tornata in attivo per 3,5 milioni.

Per di più, come ha raccontato Vittorio Malagutti su questo giornale un anno e mezzo fa, Caltagirone mentre prendeva soldi pubblici per prepensionare i suoi giornalisti, ha usato la cassa del gruppo editoriale per scalare Generali: il sindacato ne aveva ben donde, insomma, quando parlava di "presunta crisi del Messaggero".

Ora, come detto, il Welfare si appresta a concedergli aiuti per Il Mattino e a buon punto è pure la trattativa per il secondo stato di crisi del quotidiano romano di Caltagirone. Nel frattempo, però, è accaduto un fatto imbarazzante quanto inopportuno, che rischia di bloccare l'oliata macchina delle sovvenzioni pubbliche all'editoria.

L'uomo che, per conto del ministero del Lavoro, ha gestito in questi anni la partita dell'editoria, Francesco Cipriani, ex dirigente della divisione VII del dicastero, a ottobre ha pensato bene di andare all'improvviso a lavorare per la Fieg (la Confindustria degli editori), poco dopo peraltro aver dato parere positivo alla concessione degli aiuti al giornale napoletano: un passaggio da arbitro a giocatore, dicono fonti ministeriali, che non è piaciuto affatto a Fornero. La cosa non imbarazza invece gli editori.

La Fieg, richiesta di un commento, conferma l'assunzione di Cipriani, che oggi si occupa proprio del suo precedente campo di lavoro - il contenzioso in campo occupazionale e previdenziale - ma non vede alcun conflitto di interesse: "Non abbiamo nulla da dire: Cipriani ha semplicemente cambiato lavoro come capita a molti, anche ai giornalisti che passano da un quotidiano all'altro". Come che sia, il ministro Fornero potrebbe però chiedersi perché, mentre non si riescono a garantire gli "esodati", si finanzi un editore che i soldi li ha permettendogli di mandare in pensione a spese nostre gente che ha 58 anni d'età e 18 di contributi.

 

 

 

Giornalisti giornaliFRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PRESENTA IL NUOVO MESSAGGERO Elsa Fornero anselmi-fieg

Ultimi Dagoreport

donald trump zelensky putin

IL DESTINO DELL'UCRAINA SI DECIDE TRA WASHINGTON E MOSCA: LA TRATTATIVA SEGRETA TRA PUTIN E TRUMP È GIA' INIZIATA (KIEV E UE NON SONO STATI NEANCHE COINVOLTI) - “MAD VLAD” GODE E ELOGIA IN MANIERA SMACCATA IL TYCOON A CUI DELLA SOVRANITA' DELL'UCRAINA FREGA POCO E NIENTE – IL SUO PIANO E' CHIARO: CHIUDERE L’ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO E SOLO DOPO PROCEDERE CON NUOVE TARIFFE DOGANALI PER L’UNIONE EUROPEA MA NON SARA' FACILE - PUTIN PONE COME CONDIZIONE LA RIMOZIONE DI ZELENSKY, CONSIDERATO UN PRESIDENTE ILLEGITTIMO (IL SUO MANDATO E' SCADUTO NEL 2024 ED E' STATO PROROGATO GRAZIE ALLA LEGGE MARZIALE) - SOLO CHE L’EX COMICO È ANCORA MOLTO POPOLARE IN PATRIA (52% DI CONSENSI) E LA CASA BIANCA NON PUO' FORZARE GLI UCRAINI A SFANCULARLO...

donnet, caltagirone, milleri, orcel

DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1% DI GENERALI? ALL’INIZIO IL CEO DI UNICREDIT SI POSIZIONERÀ IN MEZZO AL CAMPO NEL RUOLO DI ARBITRO. DOPODICHÉ DECIDERÀ DA CHE PARTE STARE TRA I DUE DUELLANTI: CON IL CEO DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, OPPURE CON IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI? DIPENDERÀ DA CHI POTRÀ DARE PIÙ VANTAGGI A ORCEL - UNICREDIT HA IN BALLO DUE CAMPAGNE DI CONQUISTA: COMMERBANK E BANCO BPM. SE LA PRIMA HA FATTO INCAZZARE IL GOVERNO TEDESCO, LA SECONDA HA FATTO GIRARE LE PALLE A PALAZZO CHIGI CHE SUPPORTA CALTA-MILLERI PER UN TERZO POLO BANCARIO FORMATO DA BPM-MPS. E LA RISPOSTA DEL GOVERNO, PER OSTACOLARE L’OPERAZIONE, È STATA L'AVVIO DELLA PROCEDURA DI GOLDEN POWER - CHI FARÀ FELICE ORCEL: DONNET O CALTA?

giorgia meloni daniela santanche

DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA ALLA DIREZIONE DI FRATELLI D’ITALIA PERCHÉ VUOLE AVERE L’AURA DEL CAPO DEL GOVERNO DALLO STANDING INTERNAZIONALE CHE INCONTRA TRUMP, PARLA CON MUSK E CENA CON BIN SALMAN, E NON VA A IMMISCHIARSI CON LA POLITICA DOMESTICA DEL PARTITO - MA SE LA “PITONESSA” AZZOPPATA NON SI DIMETTERÀ NEI PROSSIMI GIORNI RISCHIA DI ESSERE DAVVERO CACCIATA DALLA DUCETTA. E BASTA POCO: CHE LA PREMIER ESPRIMA A VOCE ALTA CHE LA FIDUCIA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL TURISMO È VENUTA A MANCARE - IL RUOLO DEL "GARANTE" LA RUSSA…

barbara marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

L’AMBIZIOSA E INCONTROLLABILE BARBARA BERLUSCONI HA FATTO INCAZZARE MARINA E PIER SILVIO CON LA DICHIARAZIONE AL TG1 CONTRO I MAGISTRATI E A FAVORE DI GIORGIA MELONI, PARLANDO DI “GIUSTIZIA A OROLOGERIA” DOPO L’AVVISO DI GARANZIA ALLA PREMIER PER IL CASO ALMASRI - PRIMA DI QUESTA DICHIARAZIONE, LA 40ENNE INEBRIATA DAL MELONISMO SENZA LIMITISMO NE AVEVA RILASCIATA UN’ALTRA, SEMPRE AL TG1, SULLA LEGGE PER LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE TRA GIUDICI E PM (“È SOLO UN PRIMO PASSO”) - E NELL’IMMAGINARIO DI MARINA E PIER SILVIO HA FATTO CAPOLINO UNA CERTA PREOCCUPAZIONE SU UNA SUA POSSIBILE DISCESA IN POLITICA. E A MILANO SI MORMORA CHE, PER SCONGIURARE IL "PERICOLO" DELLA MELONIANA BARBARA (“POTREBBE ESSERE UN’OTTIMA CANDIDATA SINDACA PER IL CENTRODESTRA NELLA MILANO’’, SCRIVE IL “CORRIERE”), PIER SILVIO POTREBBE ANCHE MOLLARE MEDIASET E GUIDARE FORZA ITALIA (PARTITO CHE VIVE CON LE FIDEJUSSIONI FIRMATE DA BABBO SILVIO...) - VIDEO

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E TUTTO SAREBBE FINITO LÌ. INVECE LA MAL-DESTRA HA PRESO IL SOPRAVVENTO BUTTANDOLA IN CACIARA E METTENDO NEL MIRINO IL PROCURATORE LO VOI, MOLTO LONTANO DALLA SINISTRA DELLE “TOGHE ROSSE” - QUELLO CHE COLPISCE DEL PASTICCIACCIO LIBICO È CHE SIA STATO CUCINATO CON I PIEDI, MALGRADO LA PRESENZA A FIANCO DI GIORGIA MELONI DI UN TRUST DI CERVELLONI COMPOSTO DA UN EX MAGISTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (CARLO NORDIO), UN PREFETTO A CAPO DEGLI INTERNI (MATTEO PIANTEDOSI) E DI UN ALTRO EX GIUDICE ALFREDO MANTOVANO, SOTTOSEGRETARIO DI STATO - NELL’INCONTRO AL COLLE, LA DUCETTA HA ILLUSTRATO A MATTARELLA (CHE RICOPRE ANCHE LA CARICA DI PRESIDENTE DEL CSM), COSA AVREBBE TUONATO VIA SOCIAL CONTRO LE “TOGHE ROSSE”? OVVIAMENTE NO… - I VOLI DI STATO PER IL TRASPORTO DI AUTORITÀ, LE MISSIONI E GLI INTERVENTI A FAVORE DI PERSONE COINVOLTE IN “SITUAZIONI DI RISCHIO” (DA CECILIA STRADA AD ALMASRI), VENGONO EFFETTUATI DAI FALCOM 900 DELLA CAI, LA COMPAGNIA AERONAUTICA DI PROPRIETÀ DEI SERVIZI SEGRETI, CHE FA BASE A CIAMPINO

romano prodi dario franceschini giuseppe conte elly schlein

DAGOREPORT - COME ANDRÀ A FINIRE LO PSICODRAMMA MASOCHISTICO DEL CENTRO-SINISTRA IN VISTA DELLE REGIONALI 2025 E DELLE POLITICHE DEL 2027? A PARTE FRANCESCHINI, L’HANNO CAPITO TUTTI CHE MARCIANDO DIVISI, PER I PARTITI DELL’OPPOSIZIONE LA SCONFITTA È SICURA - CHIUSA NEL BUNKER DEL NAZARENO CON UNA MANCIATA DI FEDELISSIMI, ELLY SCHLEIN HA GIÀ UN ACCORDO SOTTOBANCO COL M5S DI CONTE PER MARCIARE UNITI ALLE PROSSIME REGIONALI IN TOSCANA, CAMPANIA E PUGLIA E VENETO. UNA VOLTA UNITE LE FORZE, LE PRIME TRE, ACCORDO IN FIERI COL REGNO DI NAPOLI DI DE LUCA, IL SUCCESSO PER L’OPPOSIZIONE È SICURO - IN VISTA DELLE POLITICHE DEL 2027 VINCERÀ L’IDEA DI UN ‘’PARTITO-PLURALE’’ CON ELLY CHE SI ACCORDERÀ CON IL PADRE NOBILE E SAGGIO DELL’ULIVO, ROMANO PRODI, SULLE PRIORITÀ DEL PROGRAMMA (NON SOLO DIRITTI CIVILI E BANDIERE ARCOBALENO), E FARÀ SPAZIO ALL'ANIMA CATTO-DEM DI BONACCINI, GENTILONI, GUERINI, RUFFINI...