1. PRIMO DI TOGLIERE IL DISTURBO, LETTA NOMINA CAIO ALLE POSTE 2. I GIOCHI “SEMBRANO’’ FATTI IN TELECOM MA NON LO SONO: SARMI PIAGNUCOLA AL TELEFONO CON IL SOTTOSEGRETARIO CATRICALÀ DI NON AVER PIÙ NOTIZIE DAGLI SPAGNOLI 3. AVVISATE SARMI CHE ALIERTA HA ALTRE ROGNE PER LA TESTA: LA SUA DECISIONE DI NON CEDERE LA RETE STA INNESCANDO UN PESANTE NERVOSISMO NON SOLO CON IL GOVERNINO NAPO-LETTA MA SOPRATTUTTO CON I SERVIZI SEGRETI GUIDATI DA MASSOLO 4. LA REPUTATION DI BERNABÈ COME MANAGER NON ERA POI COSÌ FORTE COME SI PENSAVA. PERFINO GOLDMAN SACHS CONSIGLIA DI COMPRARE IL TITOLO TELECOM E QUESTO VUOL DIRE CHE È STATO LETTERALMENTE MOLLATO ANCHE DAI SANTUARI INTERNAZIONALI

DAGOREPORT

Per come reagisce la Borsa all'annuncio che Franchino Bernabè dopodomani lascerà l'azienda, si direbbe che la sua reputation come manager non era poi così forte come si pensava.

Perfino Goldman Sachs questa notte ha consigliato di comprare il titolo Telecom e questo vuol dire che il "guerriero" di Vipiteno è stato letteralmente mollato anche dai santuari internazionali nei quali è riuscito con un'operazione magistrale a introdurre Lilli Gruber.

Ormai i giochi sembrano fatti in favore di Massimo Sarmi, il manager dalle orecchie generose che ha attraversato la Prima e la Seconda Repubblica fino a trovare in Gianni Letta il suo ultimo protettore. I giochi "sembrano'' fatti ma non lo sono: Sarmi ha piagnucolato con Catricalà che, dopo aver parlato con il compagno di banco di Alierta, Gabriele Galateri, non ha avuto più notizie dagli spagnoli.

Avvisate Sarmi che Alierta ha altre rogne per la testa: la sua decisione di non cedere la Rete sta innescando un pesante nervosismo non solo con il governino Napo-Letta ma soprattutto con i Servizi Segreti guidati da Giampiero Massolo. Lo abbiamo scritto ieri: "E poi c'è un delicato problema di strategia internazionale che va affrontato con mano sicura. È la questione che riguarda il valore strategico della Rete e dei cavi sottomarini attraverso i quali passano anche i collegamenti verso Israele. Su questo aspetto ,che fa scattare la preoccupazione degli ambienti militari e dei servizi di sicurezza, italiani, americani e israeliani, anche Dagospia nella sua infinita miseria qualche tempo fa aveva richiamato l'attenzione".

Adesso tocca a Enrichetto Letta, il nipote del gran ciambellano di Berlusconi, digerire la scelta spagnola di Sarmi (il suo uomo era Caio) e provvedere alla nomina del nuovo capo delle Poste.

A quanto pare la spinta di chi vorrebbe una soluzione "interna" per l'azienda delle lettere (dove i sindacati hanno pascolato alla grande), non è destinata ad avere successo. Anche le quotazioni di Giovanni Ialongo, il presidente di Poste e Postel, sembrano non avere spazio.

Su questo aziendalista 69enne che ha percorso tutta la sua carriera dentro la società, sono in pochi a scommettere e qualcuno con malizia ricorda l'inchiesta dell'agosto dell'anno scorso quando dopo la scoperta su un'auto di servizio di Postel di fatture false per circa 30 milioni di euro, Ialongo e il suo braccio destro Claudio Sforza furono indagati.

Il vento per la successione a Sarmi tira decisamente in favore di Francesco Caio, l'ingegnere napoletano classe 1957 che farebbe la gioia dei disegnatori di fumetti per il suo look con tanto di baffi e di barba che attraversano il viso.

Su di lui corre la leggenda di un carattere incazzoso che gli ha creato molti nemici e lo ha costretto a un percorso professionale con rotture clamorose e un incessabile cambiamento di ruoli. Già a marzo dell'anno scorso Dagospia nella sua infinita miseria aveva con benevolenza definito la corsa di Caio su mille poltrone "un segno di vitalismo", ma questa è una definizione che si può rovesciare tranquillamente perché nel mondo dell'economia e della finanza chi saltella freneticamente da una poltrona all'altra è visto con sospetto.

Adesso è inutile far venire il mal di testa ricordando le tappe che hanno portato il barbuto manager napoletano dagli uffici dell'Olivetti a quelli della Stet e di Omnitel dove è approdato nel '91 come assistente di Carlo De Benedetti che a distanza di anni ha giudicato l'esperienza di Cairo in Olivetti "l'unico incidente di percorso che mi imputo". Di quest'uomo, che ha sposato la figlia di un ambasciatore e ha due figli, si ricorda lo scontro furibondo del 1996 con Marco De Benedetti, il figlio dell'Ingegnere, ma non si possono ignorare le tappe precedenti in McKinsey e quelle successive in Merloni, Netscalibur, e Cable & Wireless, dove resta fino all'aprile 2003 dopo aver lavorato per sistemare tre anni di perdite.

Si arriva così all'aprile 2006 e alla successiva nomina, cinque anni dopo, al vertice di Avio, la società leader nell'aerospazio presente in Italia e in cinque paesi stranieri. Oltre al curriculum professionale, c'è da considerare che Caio senza mai esporsi è rimasto sempre attaccato agli ambienti della sinistra Dc e del Partito Democratico.

Non a caso anche quest'anno si è ritrovato all'appuntamento di agosto di "VeDrò", il think tank fondato nel 2005 da Enrichetto Letta. E qui oltre a legare rapporti con Filippo Andreatta, Andrea Romano, Corradino Passera e Giulio Napolitano (figlio di Re Giorgio), il manager pelato e barbuto si è guadagnato la stima di Letta e di Franceschini che poi si sono spesi per nominarlo "Mr Agenda Digitale", una carica senza stipendio che risponde a Palazzo Chigi.

A chi gli chiede se andrà alle Poste Caio si schernisce e non più tardi di ieri ha rilasciato a un giornale del settore una lunga intervista sui temi della banda larga. Tra l'altro il manager multipoltrone è anche autore del libro "Banda stretta", e sarà questa con molta probabilità a farlo salire sulla poltrona delle Poste.

 

 

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