economist financial times britaly

UN PO' DI ORGOGLIO, CAZZO: SIAMO MEGLIO DI COME CI RACCONTANO (E DI COME CI RACCONTIAMO) – CI VOLEVANO GLI INGLESI PER FARCI CAPIRE CHE L’ITALIA HA BASI ECONOMICHE MOLTO PIÙ SOLIDE DI QUANTO SEMBRI - IL “FINANCIAL TIMES”, RISPONDE CON UN SOSTANZIALE “BRITALY? CI PIACEREBBE” ALLA TREMENDA COPERTINA DELL’ECONOMIST CON LIZ TRUSS IN VERSIONE SPAGHETTI E PIZZA. E LO FA CON I DATI, A PARTIRE DAL SALDO PRIMARIO, PER NOI IN AVANZO DAGLI ANNI NOVANTA, PER POI PROSEGUIRE CON IL BASSO DEBITO PRIVATO E GLI OTTIMI NUMERI DI EXPORT E POSIZIONE FINANZIARIA…

Estratto dell’articolo di Luca Cifoni per “il Messaggero”

 

BRITALY? YOU WISH - LA RISPOSTA DEL FINANCIAL TIMES ALL ECONOMISTA

Britaly? Vi piacerebbe. O meglio, ci piacerebbe. La risposta all'Economist, che nella sua copertina aveva usato il paragone con l'Italia per descrivere gli attuali guai economici e politici della Gran Bretagna, viene sempre da Londra: è il Financial Times a evidenziare una fitta serie di dati che rendono il confronto decisamente sfavorevole per Londra, soprattutto in questa fase. [...]

 

E i numeri parlano, soprattutto quelli che invece di supportare le tesi dell'Economist, raccontano una storia un po' diversa. Tanto per cominciare: l'instabilità politica sarà una vecchia tradizione italiana, ma un governo costretto a dimettersi dopo 44 giorni come quello di Liz Truss non si trova nemmeno nel repertorio dei nostri ormai mitologici esecutivi balneari, che comunque avevano ottenuto la fiducia dalle Camere.

 

 

Welcome to Britaly - La copertina dell Economist che sfotte il Regno Unito paragonandolo all'Italia

[...] Il lassismo fiscale di cui si è resa protagonista Truss [...] si misura sul piano storico soprattutto in termini di saldo primario. Ovvero lo scarto tra entrate e uscite del bilancio pubblico, senza contare gli interessi sul debito.

 

A differenza di quanto è accaduto nel Regno Unito, quel saldo per noi è sostanzialmente in avanzo dagli anni Novanta, con limitate eccezioni in corrispondenza dell'esplosione della grande crisi finanziaria e di quella pandemica. Ma proprio nel 2020 il disavanzo primario britannico è stato quasi doppio di quello tricolore e anche quello assoluto è risultato superiore di oltre un terzo.

 

Certo, sui conti pubblici italiani pesa l'eredità del passato, ma proprio questa consapevolezza ha portato il nostro Paese su un percorso di rigore, probabilmente inevitabile ma in alcune fasi ovviamente penalizzante per la crescita.

 

Il fatto che i problemi italiani vengano da lontano è evidenziato dal primato sullo stock del debito pubblico (con l'eccezione della Grecia). É un indicatore rilevantissimo che nessun governo si può permettere di non tenere sotto controllo. Esiste però anche il debito privato, quello accumulato da imprese e famiglie.

 

liz truss mario draghi

Nel nostro Paese è tradizionalmente contenuto, il che di per sé è una risposta, almeno parziale, all'accusa tradizionalmente rivolta agli italiani di vivere al di sopra delle proprie possibilità.

 

Se questo è il metro, il rimprovero andrebbe più correttamente fatto ai sudditi di Sua Maestà: le sole famiglie britanniche hanno un indebitamento che in rapporto al Pil arriva all'85%, contro il 43% del Belpaese.

 

La solidità di una nazione non si misura solo dai conti pubblici.

L'Italia soffre da tempo di bassa crescita, è vero, e questo in parte dipende [...] dalla stessa necessità di tenere i Btp al riparo dalle tempeste. Guardando però all'economia reale, l'Italia resta la seconda potenza industriale europea, sebbene la Francia tenti di insidiarla. E la minaccia su questo fronte non viene certo da Londra, che ha partire dagli anni 80 ha rinunciato a una parte del proprio sistema manifatturiero per puntare le sue carte sui servizi.

economia sommersa Italia

 

[...]  Nel confronto con la Gran Bretagna, il nostro Paese si colloca meglio anche per quanto riguarda export e posizione finanziaria netta sull'estero. Indicatori di cui l'Economist non ha tenuto conto. Se osserviamo in particolare il peso delle due economie nel commercio mondiale l'Italia [...] si avvicina ancora ad una quota del 3%, decisamente più rilevante di quella del Regno Unito. La Brexit, che nel 2016 nella propaganda del leave doveva rappresentare la soluzione ai mali della nazione, si è rivelata finora una fase difficilissima da gestire. Forse anche dall'Italia si può imparare qualcosa.

 

 

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