draghi euro bazooka bce

DRAGHI CHE NON SPUTANO PIÙ FUOCO - IERI IL CAPO ECONOMISTA DELLA BCE HA ANNUNCIATO LA FINE DEL QUANTITATIVE EASING, PROBABILMENTE ENTRO L'ANNO: PARTITO DA 80 MILIARDI AL MESE, RIDOTTO PRIMA A 60 E ORA A 30, SCADE IL 30 SETTEMBRE - SE GIOVEDÌ DRAGHI ANNUNCERÀ LA PROROGA SOLO FINO A DICEMBRE, LA CURVA DEI TASSI DI INTERESSE INIZIERÀ SUBITO A VIRARE. GLI SPREAD SARANNO ANCORA PIÙ SENSIBILI, E I RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO SALIRANNO ANCORA. COME FARANNO CON LA FINANZIARIA?

 

Alessandro Barbera per la Stampa

 

weidmann draghi

C'è un equivoco nel programma di politica economica giallo-verde. Lo spread fra Btp e Bund ieri è risalito sopra i 250 punti (per poi chiudere a 245 punti) e i rendimenti del titolo di Stato decennale hanno sfiorato il 3%. Un equivoco che potremmo riassumere così: da un lato un governo pronto ad aumentare la spesa in deficit, dall' altra l' annunciatissima stretta monetaria della Banca centrale europea. Da un lato Giuseppe Conte, che in aula alla Camera promette di sedersi ai tavoli europei per discutere di debito pubblico con «un indirizzo politico e la fermezza necessaria di essere ascoltati dai partner».

 

PETER PRAET BCE

Dall' altra il ministro del Tesoro Giovanni Tria, costretto a smentire i contenuti di un articolo in cui aveva minimizzato l' impatto degli investimenti in deficit sul debito stesso. «Opinioni accademiche elaborate prima di avere l' incarico di governo», fanno sapere dal Tesoro. Sfumature a parte, il problema è che lo spazio di manovra si sta rapidamente assottigliando, e non c' è trattativa politica che possa cambiare il quadro.

 

Sempre ieri, poche ore prima dell' intervento alla Camera di Conte, il capoeconomista della Banca centrale europea Peter Praet ha spiegato che nella prossima riunione dei governatori dell' area euro a Riga, giovedì 14, si deciderà il destino del programma di acquisto di titoli pubblici iniziato nel 2015. «È chiaro che dovremo fare una valutazione per consentire un graduale assorbimento dei titoli». È la prima volta che Francoforte parla così apertamente della fine del programma, e lo testimonia il rafforzamento dell' euro sul dollaro fin a quota 1,18.

giovanni tria e claudio borghi

 

Il piano Draghi, partito da ottanta miliardi al mese, ridotto prima a sessanta e ora a trenta, scade il 30 settembre. È probabile ci sia un' ultima proroga fino a dicembre con acquisti pari a dieci o quindici miliardi di euro al mese, poi si arresterà del tutto. Se giovedì Draghi annuncerà la novità, la curva dei tassi di interesse inizierà subito a virare. Gli spread saranno ancora più sensibili, e i rendimenti dei titoli di Stato saliranno ancora.

 

Il passo indietro della Bce, che ha gonfiato il proprio bilancio fino a superare in termini assoluti quello della Banca del Giappone, era ampiamente atteso. I complottisti ci vedono una volontà politica tedesca, peccato che queste decisioni vengano votate da 19 Paesi. Non solo: l' uscita è stata pianificata ben prima delle elezioni di marzo. Francoforte non può continuare a stampare moneta ad libitum, pena l' innesco di pericolose bolle finanziarie.

 

L' inflazione non è ancora vicina all' obiettivo del due per cento, ma le previsioni degli economisti Bce dicono che quel livello non si raggiungerà prima del 2019. Il senso del ragionamento che si ascolta nel palazzo di vetro adagiato sul Meno è più o meno il seguente: quel che era possibile per sostenere la ripresa europea lo si è fatto, oltre non si può andare.

QUANTITATIVE EASING DRAGHI

 

Il piano, che ha contribuito a tenere i tassi di interesse dei Paesi europei vicini allo zero, ha permesso all' Italia di risparmiare settanta miliardi in meno di tre anni. Il piano ha mantenuto entro limiti gestibili lo spread fra Btp e Bund tedeschi, anche nei giorni convulsi della crisi di governo.

 

Ora però - al più tardi all' inizio del 2019 - i tassi aumenteranno, e l' Italia non avrà più lo scudo protettivo su cui ha potuto contare finora. Non potrà permettersi di aumentare deficit e debito senza un accordo europeo. Non potrà esporsi al downgrade delle agenzie di rating senza aver chiare le conseguenze, soprattutto per chi ha in portafoglio oltre il 60 per cento di quel debito: le banche e le famiglie italiane.

 

Qui non si parla di intenzioni futuribili, ma dei margini a disposizione per nuove spese sin da oggi. La legge Finanziaria è dietro l' angolo, ma ciascuno dei partiti della maggioranza continua come se nulla fosse: Di Maio promette soldi ai pensionati, la Lega insiste su flat tax e mega-condono fiscale, nessuno pensa sia necessario far scattare gli aumenti Iva per compensare nuove spese o minori entrate.

 

klaas knot

Lo scarto fra le promesse da cento miliardi del contratto e il contesto internazionale è incolmabile. Il premier, il ministro del Tesoro Tria, ma soprattutto la Lega e il Movimento Cinque Stelle dicono di non voler uscire più dall' euro. Avranno dunque un atteggiamento più prudente?

Riusciranno a tenere i piedi in due staffe?

- Twitter @alexbarbera

 

 

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