IL CORONAVIRUS COLPISCE LA BORSA DI MILANO: -4,5%, SPREAD IN CRESCITA A 145 PUNTI, RAFFICA DI SOSPENSIONI DI TITOLI, DA FERRAGAMO A FINECO - UNICREDIT A -4%, INTESA -4.6%: LE BANCHE ''SISTEMICHE'' SOFFRONO QUANDO SOFFRE IL PAESE - CON LE REGIONI PIÙ PRODUTTIVE D'ITALIA ''CHIUSE PER VIRUS'' LA CRESCITA DEL 2020 SARÀ AZZERATA. SE CI DICE BENE
- SPREAD BTP-BUND SCHIZZA A 145 PUNTI DOPO CORONAVIRUS
(ANSA) - La diffusione del coronavirus nel Nord Italia pesa anche sui titoli di Stato. Lo spread tra Btp Bund è schizzato a pochi minuti dall'apertura dei mercati a 145 punti base dai 134 della chiusura di venerdì scorso, con un tasso di rendimento per il decennale italiano dello 0,98%. I Btp fanno peggio dei titoli greci, a 139,8 punti base dal Bund, con un rendimento dello 0,93%.
- BORSA: A MILANO RAFFICA SOSPENSIONI, UNICREDIT -4%
(ANSA) - Asta di volatilità per eccesso di ribasso per molti titoli sul listino principale di Piazza Affari sulla scia dei contagi del coronavirus in Italia. Il Ftse Mib, che ha segnato una prima variazione pari al 3,45%, cede ora il 3,47% con Amplifon e Juve che segnano cali teorici del 10 e 9,9%, Azimut dell'8,7% e Pirelli del 7,6%. Sono finite in aste di volatilità Ferragamo (-7%), Fineco (-6,9%) e Saipem (-6,7%). Anche Unicredit, pur con l'ad Mustier che resta alla guida e non passa a Hsbc, scivola del 4%, Intesa del 4,6 per cento.
- BORSA: APERTURA PESANTE IN EUROPA, FRANCOFORTE -2,5%
(ANSA) - Avvio di seduta in forte calo per le Borse europee, dove prevalgono i timori per la diffusione del coronavirus. Londra alle prime battute lascia sul terreno il 2%, Parigi arretra del 2,55% mentre Francoforte perde il 2,56%.
- LA MINACCIA PER L'ECONOMIA: NEL 2020 CRESCITA AZZERATA
Roberta Amoruso per ''Il Messaggero''
È difficile fare i conti in tasca all'economia nelle ore in cui si cerca ancora di dosare misure di sicurezza e misure anti-panico. Non si sa nemmeno quanto durerà e quanto si estenderà lo stato di emergenza nei focolai italiani. Si spera poco. Ma qualche decimale di Pil è già da mettere in conto per l'Italia. A confermarlo è stato ieri il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, in un'intervista a Bloomberg da Riad a margine dei lavori del G20: l'impatto del coronavirus sul Pil dell'Italia potrebbe essere dello 0,25%. Come dire che è di fatto andata in fumo la speranza di un segnale di crescita per il Paese, visto che l'ultima previsione della Commissione Ue ha ridotto le stime sul Pil allo 0,3% nel 2020.
Numeri ben lontani dalle più ottimistiche stime del governo che soltanto pochi giorni fa difendevano un +0,6%, ma comunque non drammatici se si pensasse a una crescita zero con prospettive di ripresa veloce, com'è capace di fare un Paese come la Cina. Non a caso Visco parla della necessità di agire in modo coordinato se non si vedranno rapidamente gli effetti di una ripresa a V: «Dobbiamo usare le politiche di bilancio perché la politica monetaria è già molto accomodante a livello mondiale».
Va detto però chiaramente che gli economisti sono abituati a fare diversi scenari, da quello più ottimistico a quello più pessimistico.
GLI SCENARI
E non sono incoraggianti quelli che circolano in queste ore, seppure con la prudenza obbligatoria da utilizzare in questa fase. Si va dalla recessione data per certa, con due decimali sotto zero per il 2020, alla previsione più negativa con un -0,9%, fatta da Nomura ancora prima che scoppiasse il caso Italia. Nello scenario più grave con misure di blocco della Cina che proseguono per l'intero semestre 2020 e con l'infezione diventata pandemia, la paura, dicono gli analisti, è destinata ad aumentare drammaticamente in Europa. L'attività in tutti i settori della vita economica potrebbe risentirne in modo significativo. E allora, sia la Germania che l'Italia cadrebbero in recessione. Di qui l'ipotesi di un ulteriore allentamento della politica monetaria, compresi tassi di interesse più bassi e passi avanti nel programma di acquisto da parte della Bce.
L'EFFETTO NORD-EST
Ma facciamo un passo indietro. A spiegare i numeri della recessione possibile ci sono almeno tre aspetti da tenere sotto controllo: l'effetto sull'economia del Nord, oggi osservato speciale, i riflessi sui consumi interni, e il pesante effetto sul turismo, compresa l'appendice del settore eventi e fiere.
Dunque, per capire la posta in gioco basta dire che soltanto Lombardia e Veneto rappresentano il 40% dell'export italiano e oltre il 31% dell'economia del Paese. Con Emilia Romagna e Veneto arriviamo ben oltre il 48%, quasi la metà del Pil finora solo minacciata da congelamento temporaneo. Nel dettaglio, tra gli 11 comuni in quarantena, ci sono 1,5 miliardi di fatturato prodotto dalle imprese soltanto a Codogno e Casalpusterlengo.
A San Donato Milanese, poi, subito a nord di Codogno ci sono i quartier generali di Eni, Saipem e Snam. Sempre lì vicino c'è uno dei più grandi centri di logistica Amazon e c'è il cuore della meccanica piacentina, in Emilia Romagna, che brilla anche per l'industria alimentare. Milano, da sua ha già fatto i conti con i numeri in calo della settimana della moda. Ora si prepara alla prova più difficile: scongiurare il congelamento completo delle attività, dopo gli stop a scuole, cinema, teatri e musei. Grazie alla capacità di attrarre imprese e capitali (un terzo degli investimenti diretti esteri fatti nel Paese), negli ultimi cinque anni Milano è cresciuta il doppio del resto d'Italia: +9,7% contro il +4,6% del Paese. I rischi nel resto del Paese? Sono ancora tutti da valutare. ma se la psicosi finirà per dare un taglio alle prenotazioni anche in Italia, c'è solo da sperare che il Coronavirus sia cancellato presto come un brutto ricordo: il turismo vale il 13% del Pil del Paese.