PIANGIAMO PURE SUL LATTE VERSATO - A DIECI ANNI DAL CRAC PARMALAT, COSA RESTA? 300 MILA DOSSIER SEGRETI, I CIMELI DELL’EPOCA E LE MACERIE DELLA NOSTRA INDUSTRIA NAZIONALE (PARLA ENRICO BONDI)

Massimo Sideri per il "Corriere della Sera"

Dieci anni fa un comune di 14 mila abitanti, Collecchio, scopriva di essere l'epicentro del più grande crac della storia europea. I numeri del caso Parmalat furono catastrofici: 200 mila tra azionisti e obbligazionisti coinvolti e 14 miliardi di euro di buco - come l'intera legge di Stabilità 2013 - senza contare i due miliardi di capitalizzazione di Borsa andati in fumo. Ancora oggi è un record tristemente ineguagliato in termini finanziari anche fuori dai nostri confini.

Di quella stagione rimangono tre magazzini a San Michele Tiorre con 300 mila dossier segreti e i cimeli dell'epoca. Oggi non c'è persona che non sappia cos'è la Parmalat, non solo in Italia: il nome è un sinonimo di crac, ma anche di rinascita come l'Araba Fenice. Eppure - non va dimenticato - anche al tempo tutti la conoscevano: il gruppo di Collecchio era riuscito a presentarsi, seppure con molti sotterfugi, quale una vera multinazionale, nota dall'Australia al Brasile e giù fino al Sud Africa.

Campioni come Niki Lauda e Roberto Baggio sono stati testimoni dell'epoca d'oro in cui un latte italiano era famoso in buona parte del mondo. Il brand compariva anche nel documentario americano The corporation . Per certi versi la Parmalat è stato forse l'ultimo capitolo del sogno di una grande industria nazionale capace di dare un'identità e un passaporto al Paese.

Ed è in questo senso che il decennale dovrebbe farci riflettere sull'industria e la politica industriale del Paese. Certo, guardandoci intorno troviamo ancora le grandi società pubbliche come l'Eni, l'Enel e le Poste e i brand protagonisti della globalizzazione, come Ferrero e Luxottica.

E anche la Parmalat in definitiva, come ha ricordato il risanatore Enrico Bondi nel documentario realizzato per il Corriere.it, è la storia di un grande successo nella sua seconda vita, una rinascita che in molti dovrebbero invidiarci.

Il 7 dicembre del 2003, una domenica, poteva essere una data da scolpire su un epitaffio, ma in parte non è stato così. Con recuperi superiori per i piccoli obbligazionisti anche al 50% la rielaborazione del lutto, per quanto sofferta, ha creato un precedente che nemmeno gli Stati Uniti (si pensi a WorldCom o Enron) possono vantare.

Semmai, l'errore è non essersi accorti in tempo che una società risanata senza debiti e con un miliardo e mezzo di cassa investita in Bot e Btp sarebbe diventata facile preda di industrie straniere. A volere giudicare dalla scalata di Lactalis, magari mettendola in relazione con la recente conquista spagnola di Telecom Italia, si potrebbe giungere alla conclusione che il tema chiave sia quello dell'italianità, la difesa della bandiera sopra i tetti delle aziende. Ma questo è più l'effetto che la causa, alimentato dalla sindrome da figli di un dio minore di cui spesso soffriamo.

Tornare oggi a Collecchio può essere una lezione anche per questo: l'attaccamento del territorio per l'imprenditore che ancora oggi come emerge dal documentario è chiamato per nome, Calisto, nonostante le responsabilità accertate e i danni, si spiega anche con la mancanza di nuovi punti di riferimento. Il successo della fiction televisiva su Adriano Olivetti ne è un altro indizio importante, per quanto totalmente diverso in quanto relativo a un grande imprenditore illuminato.

Il problema è che, tramontata quella Prima Repubblica di cui il rapporto tra Ciriaco De Mita e Tanzi è stato espressione, il grande assente della storia italiana è stata la politica industriale: finito lo Stato "Pantalone" e venuta meno la stagione di rapporti diretti tra politici e imprenditori non sempre trasparenti, la politica ha perso la capacità di difendere l'esistente e di parlare una lingua convincente che fosse capace di sostenere una nuova idea di industria, sempre più erratica e per certi versi infedele alla nazionalità, come quella digitale.

L'Italia è stata risucchiata dalla politica «tout cour» o dalla sua ombra riflessa sul fondo della caverna. Ed è per questo che sfogliando il libro dei sogni dell'industria ci vengono ancora oggi in mente una Parmalat che prima del 2000 si poteva comprare il Brasile, una Telecom Italia che poteva osare un approccio per comprare la Apple di Steve Jobs e, ancora, una Olivetti che ci aveva visti in grado di competere per un attimo con colossi come l'Ibm sui personal computer. Una Spoon River della politica industriale.
Il problema rimane da dove ripartire.

 

parmalat GetContent asp jpegParmalattanzi cal 016 parmalatCALISTO TANZI MALATO IN TRIBUNALEENRICO BONDI Matteo Renzi e Ciriaco De Mita

Ultimi Dagoreport

donald trump paolo zampolli

DAGOREPORT - LA DUCETTA SUI TRUMP-OLI! OGGI ARRIVA IN ITALIA IL MITICO PAOLO ZAMPOLLI, L’INVIATO SPECIALE USA PER IL NOSTRO PAESE, NONCHÉ L’UOMO CHE HA FATTO CONOSCERE MELANIA A DONALD. QUAL È IL SUO MANDATO? UFFICIALMENTE, “OBBEDIRE AGLI ORDINI DEL PRESIDENTE E ESSERE IL PORTATORE DEI SUOI DESIDERI”. MA A PALAZZO CHIGI SI SONO FATTI UN'ALTRA IDEA E TEMONO CHE IL SUO RUOLO SIA "CONTROLLARE" E CAPIRE LE INTENZIONI DELLA DUCETTA: L’EQUILIBRISMO TRA CHEERLEADER “MAGA” E PROTETTRICE DEGLI INTERESSI ITALIANI IN EUROPA È SEMPRE PIÙ DIFFICILE – I SONDAGGI DI STROPPA SU PIANTEDOSI, L’ATTIVISMO DI SALVINI E LA STORIA DA FILM DI ZAMPOLLI: FIGLIO DEL CREATORE DELLA HARBERT (''DOLCE FORNO''), ANDÒ NEGLI STATES NEGLI ANNI '80, DOVE FONDÒ UN'AGENZIA DI MODELLE. ''TRA LORO HEIDI KLUM, CLAUDIA SCHIFFER E MELANIA KNAUSS. PROPRIO LEI…”

giorgia meloni donald trump joe biden

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN LABIRINTO. E NON SA DAVVERO COME USCIRNE. STAI CON NOI TRUMPIANI O CONTRO DI NOI? CI METTI LA FACCIA O NO? IL BRITANNICO NEO-MAGA NIGEL FARAGE HA DICHIARATO CHE AVREBBE PREFERITO CHE MELONI PRENDESSE POSIZIONI PIÙ DURE CONTRO L’UNIONE EUROPEA, ALTRO SEGNALE: COME MAI ANDREA STROPPA, TOYBOY DELL'ADORATO MUSK, SPINGE SU X PER IL RITORNO DI SALVINI AL VIMINALE? VUOLE PER CASO COSTRINGERMI A USCIRE ALLO SCOPERTO? OGGI È ARRIVATA UN'ALTRA BOTTA AL SISTEMA NERVOSO DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA LEGGENDO LE DICHIARAZIONI DI JORDAN BARDELLA, IL PRESIDENTE DEL PARTITO DI MARINE LE PEN, CHE HA TROVATO L’OCCASIONE DI DARSI UNA RIPULITA PRENDENDO AL VOLO IL "GESTO NAZISTA" DI BANNON PER ANNULLARE IL SUO DISCORSO ALLA CONVENTION DEI TRUMPIANI A WASHINGTON - E ADESSO CHE FA L’EX COCCA DI BIDEN, DOMANI POMERIGGIO INTERVERRÀ LO STESSO IN VIDEO-CONFERENZA?

marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT - L’INTERVISTA RILASCIATA DA MARINA BERLUSCONI AL “FOGLIO” HA MANDATO IN TILT FORZA ITALIA E SOPRATTUTTO TAJANI - IL VICEPREMIER HA REAGITO IN MODO SCOMPOSTO: “NON ABBIAMO BISOGNO DI NESSUNA SVEGLIA. MARINA FA BENE A DIRE CIÒ CHE PENSA MA NON CI HA MAI CHIESTO NÉ IMPOSTO NULLA. QUANTO DETTO DA LEI NON ERA RIVOLTO A FORZA ITALIA” - NEL PARTITO MONTA LA FRONDA VERSO LA FAMIGLIA BERLUSCONI E C’E’ CHI PENSA DI POTERSI EMANCIPARE UNA VOLTA PER TUTTE (MAGARI TROVANDO UN FINANZIATORE DISPOSTO AD ACCOLLARSI I 99 MILIONI DI FIDEJUSSONI GARANTITE DALLA DINASTY DI ARCORE) - AVVISO ALLA "SINISTRA" MARINA: NEL WEEKEND VERRA’ CONDOTTO UN SONDAGGIO RISERVATO PER TESTARE L’APPREZZAMENTO DEL SIMBOLO DI FORZA ITALIA SENZA LA PAROLA “BERLUSCONI”…

giuseppe conte elly schlein

LE INSOSTENIBILI DICHIARAZIONI FILO-TRUMP DI CONTE HANNO MANDATO IN TILT SCHLEIN - TRA I DUE SAREBBE PARTITA UNA TELEFONATA BURRASCOSA IN CUI LA SEGRETARIA DEM AVREBBE FATTO CAPIRE A PEPPINIELLO CHE SE CONTINUA COSÌ IL M5S CROLLERÀ AL 7% - ELLY DEVE FARE I CONTI CON L’AUT AUT DI CALENDA E CON LA MINORANZA CATTO-DEM IN SUBBUGLIO CONTRO CONTE – PEPPINIELLO TIRA DRITTO: PARLA ALLA PANCIA DEI 5 STELLE E ABBRACCIA LA LINEA ANTI-DEM DI TRAVAGLIO SU RUSSIA E TRUMP. MA "LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO" SA BENISSIMO CHE, SENZA UN ACCORDO COL PD, A PARTIRE DAL PROSSIMO VOTO REGIONALE, NON VA DA NESSUNA PARTE…

elon musk donald trump caveau oro

DAGOREPORT - ALTA TENSIONE TRA IL MONDO FINANZIARIO AMERICANO E KING TRUMP - PRIMA DI DICHIARARE GUERRA A WASHINGTON, I GRANDI FONDI E I COLOSSI BANCARI ASPETTANO CHE TRUMP E MUSK CACCINO IL PRESIDENTE DELLA FEDERAL RESERVE  PER IMPORRE I BITCOIN COME RISERVA NAZIONALE. UNA MONETA DIGITALE E SOVRANAZIONALE CHE AFFOSSEREBBE IL DOLLARO, E QUINDI L'ECONOMIA USA. E GOLDMAN SACHS SI PORTA AVANTI CONSIGLIANDO DI INVESTIRE IN ORO - LE RIPERCUSSIONI PER L'ITALIA: MELONI SA CHE I GRANDI FONDI, SE VOLESSERO, POTREBBERO MANDARE GAMBE ALL'ARIA IL DEBITO TRICOLORE...