DIO, CHE CRAC! - LA MAGISTRATURA DI MILANO CACCIA DEFINITIVAMENTE DON VERZE’, CHE NEL PIANO ATTUALE AVREBBE ANCORA MOLTI POTERI, DIVIDENDO IL SAN RAFFAELE IN DUE: DA UNA PARTE, LA VECCHIA GESTIONE CON DEBITI E MAGAGNE E ALLA CORDATA DI BERTONE CON GEMELLI (TONIOLO) E MALACALZA LA PARTE SANA DELL’OSPEDALE - APERTA UN’INDAGINE PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA NEI CONFRONTI DELLA GESTIONE DON VERZE’ PER PROTEGGERE I CREDITORI…
Paolo Colonnello per "la Stampa"
«Non è prevedibile alcun miglioramento della situazione patrimoniale e finanziaria». Tempo scaduto: attese quasi due settimane dopo il termine ultimo che era stato imposto ai nuovi vertici della Fondazione Monte Tabor per presentare un piano di salvataggio (15 settembre), ieri pomeriggio la Procura di Milano ha chiesto, come prevedibile, il fallimento dell'ospedale San Raffaele, che, come si legge nelle sei pagine della richiesta, «presenta saldi negativi mensili pari a circa 100 milioni di euro». E contestualmente ha aperto un'inchiesta con ipotesi di bancarotta fraudolenta nei confronti dei vertici della passata gestione, stimando un default di circa un miliardo e mezzo di euro.
«Questa iniziativa è innanzitutto finalizzata all'intento di arrestare ulteriori dissipazioni patrimoniali, ma è altresì orientata a perseguire l'interesse pubblico nella sfera del quale rientra la posizione dei soggetti a vario titolo coinvolti in questo grave default, quali i creditori, i dipendenti, i collaboratori e gli stessi utenti del servizio sanitario gestito dalla fondazione».
Così spiega nel suo comunicato il Procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati. E s'intuisce, dietro l'usuale formalismo del Procuratore, che comunque andranno le cose, la caccia ai responsabili del dissesto miliardario di uno degli ospedali più famosi d'Italia è cominciata.
Venendo ai conti, a far lievitare le passività del gruppo di Via Olgettina che, secondo l'advisor Deloitte, a fine giugno sono salite a 1,476 miliardi (nel bilancio 2010 ammontavano a meno di un miliardo di euro), è stato il sistema di garanzie concesso dalla Fondazione per conto di alcune controllate, i cui nomi però non vengono resi noti. In particolare, di questa montagna di debiti 431 milioni sono legati al leasing, al factoring e alle garanzie concesse.
Si va dalla compagnia di aerei privati alle coltivazioni di uva senza semi in Brasile, fino a rapporti oscuri con personaggi non sempre specchiati del mondo degli affari. Ma si capisce che l'apertura dell'inchiesta della Procura è a questo punto soltanto un formalismo visti che i pm avrebbero già operato diverse iscrizioni sul registro degli indagati, essendo la vera indagine già iniziata da tempo, almeno fin dal suicidio di Mario Cal, il vecchio amministratore delegato e braccio destro di Don Verzè che in giugno si tolse la vita sparandosi un colpo di pistola nel suo ufficio in ospedale.
Una decisione tragica di chi temeva di finire nei guai pagando magari per colpe non soltanto sue e sulle quali adesso i pm vogliono vederci chiaro, scoperchiando un pentolone che si dice riserverà qualche sorpresa, tanto che la prima analisi dei documenti trovati durante la perquisizione dei suo ufficio «fa emergere ulteriori fatti di reato».
La mossa di ieri dalla Procura ha un triplice aspetto e non determina comunque automaticamente il fallimento e la chiusura dell'ospedale. Anzi. Da una parte l'iniziativa dei pm fissa una barriera temporale al nuovo board dell'ospedale per presentare una richiesta di concordato, procrastinata già un paio di volte, che impedisca la dichiarazione di fallimento.
L'amministrazione del nosocomio, che si avvale di personaggi "graditi" in via Freguglia, come l'ex ministro della giustizia Giovanni Maria Flick, ha annunciato che presenterà il suo piano per il 10 ottobre, ovvero appena due giorni prima che inizi l'udienza decisiva (fissata per il 12) davanti al presidente della fallimentare Filippo La Manna. In secondo luogo consente appunto ai pm di aprire l'inchiesta per bancarotta fraudolenta anche senza che il fallimento venga proclamato.
Infine consente loro di essere al tempo stesso "parti" della procedura, ovvero soggetti attivi nella valutazione del concordato che verrà presentato, quindi con un maggiore controllo "a garanzia" di eventuali parti lese. Di fatto, dopo l'ultimo incontro con Flick, avvenuto all'inizio di settembre, i magistrati avevano espresso alcune perplessità sia sulla congruità dei nuovi finanziamenti (Vaticano) sia sull'assetto attuale di gestione, che vede ancora una volta Don Verzè, nonostante una progressiva esautorazione, in grado di determinare, per esempio, la revoca dell'attuale board d'amministrazione. Ciò nonostante la partita sul futuro di quello che fu considerato un centro di eccellenza della città è ancora tutta da giocare.
Negli stessi corridoi della Procura si dice che la mossa di ieri è stata sostanzialmente prodromica ad accelerare un concordato che spezzi la continuità con la vecchia gestione. La soluzione che sembra profilarsi vedrebbe passare la gestione del San Raffaele nelle mani dal Gemelli di Roma e dalla famiglia Malacalza di Genova. Di fatto dovrebbe succedere come per Alitalia: alla vecchia gestione rimarrebbero debiti e magagne e alle nuova la parte sana dell'ospedale. Alla procura il compito di evitare che tutto ciò determini un bagno di sangue per i creditori che saranno comunque penalizzati.
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