SENZA EMILIO FEDE, MEDIASET NON È PIÙ LA STESSA: DOPO IL VOTO SULLA DECADENZA, PARTE UN TELEFILM

Antonio Dipollina per "La Repubblica"

Dov'è Emilio Fede quando serve davvero? In realtà c'è, ma lo hanno invitato a sera su Sky e dopo due minuti è finita a Ruby e a cene eleganti e precisazioni. E senza il faro ventennale di riferimento, la potenza di fuoco che Mediaset riusciva a produrre in casi simili diventa, nel giorno supremo del bisogno e dell'emergenza totale, un pulviscolo di presenze, berlusconiani di ferro dislocati ovunque e parecchio dispersi, mezze dirette su Retequattro (dove non sanno esattamente che fare subito dopo la votazione, e sul più bello parte un telefilm).

Come detto, il top dello schieramento giornalistico pro-B è schierato ovunque, ma ci vorrebbe ben altra forza e convinzione (forse), come ai bei tempi. E l'immalinconimento che prende molti italiani nella giornata di strazio (in molti sensi) ed esultanze (idem) finisce col coinvolgere anche la ex macchina da guerra che con Emilio ai comandi sapeva monopolizzare tutto e tutti.

Ma insomma, si fa con quello che c'è. A sera, da Del Debbio su Retequattro si rivede la clamorosa Biancofiore, quella che le donne vogliono i soldi, e stavolta infierisce su un anzianissimo militante piddino che festeggia la ritrovata legalità; oppure c'è il Giorgio Mulè di Panorama più che nervosetto dalla Gruber tentando di far innervosire lui Augias - finisce come ovvio. E nelle varie dislocazioni tv si rivedono volti e ghigni feroci
o ex feroci, nella bolgia di Paragone su La7 alla sera c'è Augusto Minzolini, dopo pochi minuti il direttorissimo attacca una tirata in cui c'entra il Piano Marshall (?).

Sono tutti tra il depresso e il tentativo di giocare all'ultimo giapponese, Nessuno, va da sé, può battere nella specialità Ale Sallusti che invece è perfettamente nel suo, corre come un levriero da un tg a un collegamento in diretta, ha individuato in Pietro Grasso il bersaglio
più alla portata e vulnerabile e gli vomita addosso di tutto, a base di piccoli uomini e vergogna epocale.

C'è, qui e là, anche chi si diverte, a Striscia giocano ai sornioni paraeccetera consueti, il finto Vespa ferma i politici per strada e chiede se è vero che Dudù abbandonerà Berlusconi in autostrada, in studio si compiange Vespa bidonato all'ultimo dal Cavaliere facendogli così perdere l'occasione storica di avere al tempo stesso in studio l'ospite e il suo plastico, eccetera. E insomma, quello che ha fatto impressione vera è stato l'abbandono del campo successivo alla sentenza, quasi identico al silenzio che ha accolto in Senato la dichiarazione definitiva di Grasso: cinque minuti dopo non c'era più nessuno collegato o che ne parlasse (a parte i canali all news, ovvio).

A sera, l'ufficialità del Tg5 dedicava tutta la prima parte schieratissima nel modo scontato («Inchieste che sono costate moltissimo agli italiani»), ma evidente il sollievo e il sorriso del conduttore quando il bloccone è finito e si è passati a temi altri e più leggeri.
L'epoca, dunque, dava l'impressione di essersene andata davvero, anche nel riflesso televisivo, ma c'è tempo per sbagliarsi di grosso: stasera da Santoro si attende una specie di apoteosi e poi chissà, o finisce davvero o si ricomincia nel giro dei talk show esattamente come prima, solo mimando e faticando un po' di più rispetto al passato.

 

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