ENI, UN'UDIENZA DRAMMATICA - AL PROCESSO SULLE TANGENTI IN NIGERIA L'EX MANAGER VINCENZO ARMANNA RITRATTA IN TRIBUNALE E ACCUSA IL CAPO DEL PERSONALE ENI, CLAUDIO GRANATA, DI AVER CHIESTO DI DEPISTARE PER CONTO DI DESCALZI E TRAMITE L'EX AVVOCATO ENI PIERO AMARA - ENI SMENTISCE TUTTO. E ORA GLI CHIEDE 30 MILIONI DI DANNI PER LA STORIA DEL COMPLOTTO FARLOCCO. CHE CONOSCEVA GIÀ DA 16 MESI….
1 - ENI, ARMANNA RITRATTA E ACCUSA LE URLA IN AULA
Luigi Ferrarella per il “Corriere della sera”
L'ex manager Eni Vincenzo Armanna ritratta in Tribunale la ritrattazione nel 2016 delle accuse nel 2014 al numero uno di Eni Claudio Descalzi al processo sulle tangenti Eni in Nigeria, e accusa il capo del personale Eni, Claudio Granata, di aver chiesto di depistare per conto di Descalzi e tramite l' ex avvocato Eni Piero Amara.
Un'udienza drammatica: di «minare i verbali su Descalzi nei passi sulla corruzione» asserisce di aver parlato con Amara, e «in due incontri con l' avvocato Michele Bianco», il capo staff processi di Eni, che - presente in aula - non riesce a trattenersi e gli urla «Ma quando? Ma dove? Ma cosa dice?».
Prima, Armanna indica «un colonnello del Mossad» e uno 007 italiano Aise come prove che un irrintracciabile 007 nigeriano (Victor) gli avesse parlato di due trolley con 50 milioni di contanti al manager Eni Casula. E sul milione incassato con certezza da Armanna, rivelatosi non l'«eredità del padre» da lui evocata, ripiega: «È vero che dichiarai una cosa parzialmente vera».
Ma la Procura investe su lui, confermato da Amara (3 anni per corruzione). A Roma nel 2016 con Granata e Amara alla «Rinascente», e sulla app Wickr di messaggi autodistruttisi (e dunque non provabili) con Gierre-Granata e Zorro69b -Amara, Armanna sostiene che gli furono dettati sia i 3 punti pro-Descalzi trasfusi quando ritrattò e cambiò il primo avvocato Santamaria, sia la propria mail all' origine dell' altrui carteggio con cui Eni valorizzò un farlocco complotto anti-Eni.
Ora lo querelano tutti: Descalzi, Granata, Eni. Lui replica: «Dico ora la verità dopo che in una cena di amici ho incontrato l' avvocato Staniscia», il terzo, «che mi ha spiegato che non farmi interrogare, come mi consigliava Siggìa» (il secondo), «era suicida». «Era un pensiero di Siggia?», chiede il pm De Pasquale, causando le proteste Eni. Tra le quali quasi si perde Staniscia che mormora: «Forse c' è confusione: lo conobbi in studio, io non ero a quella cena». Appena additata dal suo neocliente.
2 - ENI CONTRO AMARA. CHIESTI 30 MILIONI ALL'ACCUSATORE
Antonio Massari per il “Fatto quotidiano”
Danni per 30 milioni. È la richiesta avanzata da Eni nei riguardi di Piero Amara, suo ex legale esterno, l' uomo che nei giorni scorsi ha accusato l' amministratore Claudio Descalzi di aver fatto pressioni nei riguardi dell' ex manager Vincenzo Armanna affinché ammorbidisse le accuse nei suoi riguardi. Accuse rivoltegli nel processo che li vede entrambi imputati, per corruzione internazionale, a causa della presunta maxi tangente - circa 1 miliardo - versata in Nigeria per l' acquisto del giacimento Opl 245.
La richiesta dei danni in questione però non riguarda l' accusa rivolta da Amara - e confermata da Armanna - a Descalzi. Eni vuole essere risarcita per i gravi danni patrimoniali e all' immagine scaturiti da un' altra vicenda: quella sul fascicolo farlocco del finto complotto contro Descalzi, istruito a Siracusa, proprio su impulso di Amara.
Ma andiamo con ordine. Amara è un avvocato penalista siciliano specializzato in diritto penale dell' ambiente. E ha difeso Eni in più di un processo: dal 2005 al febbraio 2018, per quanto risulta al Fatto, gli sono state corrisposte parcelle per circa 16 milioni. È però anche l' autore degli esposti "anonimi" depositati presso la Procura di Trani che denunciavano - continua Eni - l' esistenza di un "preteso 'complotto' finalizzato a destabilizzare i vertici di Eni". Del complotto avrebbero fatto parte anche alcuni membri del cda dell' epoca: Katrina Litvak e Luigi Zingales, che Eni nell' atto non menziona. Ma non è finita.
"Nell' agosto 2015 - scrive sempre Eni - Amara decide di orchestrare anche l' apertura di un analogo procedimento" presso la Procura di Siracusa, che veniva istruito dall' ex pm Giancarlo Longo, il quale "percepiva somme per condurre le indagini secondo le istruzioni" di Amara.
Tutto vero. E tutto ormai noto da un bel po'. Quanto meno dal febbraio 2019, quando le dichiarazioni di Amara diventano pubbliche, un anno dopo l' arresto su richiesta delle Procure di Roma e Messina, con l' accusa di corruzione in atti giudiziari. Amara e Longo confessano. Quest' ultimo ha già patteggiato una pena di cinque anni di reclusione. Sul finto complotto contro Descalzi indaga da tempo ormai la procura di Milano - Eni s' è costituita parte offesa - che ne ipotizza gli scopi: delegittimare i consiglieri "scomodi" di Eni, Litvak e Zingales, e soprattutto indebolire l' inchiesta sulla presunta maxi tangente nigeriana che vede imputato Descalzi.
Secondo Eni, che riporta dichiarazioni dello stesso Amara, lo scopo del suo ex legale era un altro: "accreditarsi" con i vertici dell' ufficio legale del colosso petrolifero. Considerata la decina di milioni ricevuti in parcelle, tra il 2005 e il 2016, ovvero il momento in cui organizzava il fascicolo sul falso complotto, Amara doveva già essere piuttosto "accreditato".
Il rapporto di lavoro s' interrompe nel febbraio 2018, quando Amara viene arrestato e inizia ad ammettere quel che ha combinato. Ma Eni ha aspettato circa cinque mesi prima di chiedergli il risarcimento da 30 milioni di euro. L' ente petrolifero ha ovviamente il dovere, oltre che il diritto, di vedersi risarcito qualsiasi danno abbia subìto. Ed è altrettanto ovvio che ne sceglie legittimamente la tempistica. Resta il fatto che l' atto cita fatti noti dal febbraio 2018 ma segue di appena 24 ore l' udienza del 17 luglio scorso.
Quella in cui Armanna, nel processo sulla presunta maxi tangente, dichiara di essere stato avvicinato da Claudio Granata, braccio destro di Descalzi, proprio attraverso Amara, affinché ammorbidisse la sua posizione accusatoria sull' ad di Eni. Nello stesso giorno Il Fatto Quotidiano rivela che, in una memoria depositata alla procura di Milano, Amara dichiara che Descalzi in persona, con una videochiamata, dimostrò di essere al corrente delle operazioni da concludere con Granata nei riguardi di Armanna. Eni smentisce tutto. E annuncia che si rivolgerà in tribunale. E gli chiede 30 milioni di danni. Ma non per questo. Per la storia del complotto. Che conosceva già da 16 mesi.