marchionne manley fca

MANLEY IN ALTO! – FCA CHIUDE IL 2018 CON UN UTILE NETTO DI 3,6 MILIARDI, MA LE STIME PER IL 2019 NON PIACCIONO AGLI INVESTITORI CHE VENDONO IN MASSA: IL TITOLO CROLLA E PERDE IL 12%, PIÙ DI 2 MILIARDI DI CAPITALIZZAZIONE – PER USARE LA METAFORA CARA A MARCHIONNE: IL FORNAIO NON C’È PIÙ, E IL FORNO HA SMESSO DI FUNZIONARE…

1 – UTILE FCA A 3,6 MILIARDI MA «SBATTE» SULLE STIME E IL TITOLO CROLLA -12%

Pierluigi Bonora per “il Giornale”

 

MIKE MANLEY

Fca chiude un esercizio 2018 che l' ad Mike Manley definisce «eccezionale, con performance record» grazie anche al «ritorno, dopo un decennio, alla distribuzione della cedola». La Borsa, però, già scottata alla vigilia dei conti dalle difficoltà palesate da Toyota e Daimler, risponde con vendite massicce del titolo. Fca ha così chiuso la giornata con un -12,2% a 13,38 euro.

 

A non piacere al mercato sono state le stime di Manley su ebit e margini per il 2019; nel mirino anche il cash flow industriale previsto oltre 1,5 miliardi (4,4 miliardi di euro quello dell' esercizio appena concluso), dato sul quale incideranno gli investimenti del gruppo nella modernizzazione della gamma nonché i costi che hanno portato all' archiviazione del «dieselgate» negli Usa.

 

FCA CROLLA IN BORSA

Ma il mercato, alla luce della delicata fase di transizione che Fiat Chrysler Automobiles sta vivendo (investimenti sugli impianti, elettrificazione, debolezza del diesel, nuovi prodotti) forse si aspettava un «sacrificio» da parte degli azionisti, dirottando magari parte dell' extra-cedola (2 miliardi) derivata dalla cessione di Magneti Marelli proprio al nuovo corso.

 

Nel 2018 Fca (Magneti Marelli compresa) ha venduto più di 4,8 milioni di veicoli (+2%), totalizzando ricavi netti per 115,4 miliardi (+4%), un ebit adjusted di 7,3 miliardi (+3%), un utile netto adjusted di 5 miliardi (+34%) e un utile netto pure in aumento (+3%) di 3,6 miliardi.

La liquidità industriale si attesta a 1,9 miliardi, mentre quella disponibile ammonta a 21,1 miliardi (+0,7%), in miglioramento rispetto all' indebitamento di 2,4 miliardi di fine 2017. Per Manley c' è comunque la soddisfazione di aver portato a termine, nel modo migliore, la non facile eredità ricevuta a fine luglio da Sergio Marchionne.

richard palmer sergio marchionne john elkann

 

Toccherà a lui, come ha abituato il mercato il suo predecessore, cercare ora di infondere ottimismo reale e giocare la carta dell' effetto sorpresa. Intanto le stime al 2020 restano quelle fissate l' 1 giugno: ebit adjusted tra 9,2 e 10,4 miliardi e un margine tra il 7,5% e l' 8,5%.

 

Nei mercati mondiali, bene l' area Nafta; in sofferenza l' Emea, che include l' Europa; in ripresa l' America Latina; ancora problemi in Asia, anche per il rallentamento della Cina. Nel quarto trimestre 2018 il gruppo ha segnato consegne complessive per 1,177 milioni di unità (-6%), con ricavi pari a 30,6 miliardi (+6%), un ebit adjusted di 2,023 miliardi (+7%), l' utile netto adjusted di 1,63 miliardi (+49%) e profitti netti pari a 1,29 miliardi (+61%).

 

Manley, durante la tradizionale conference call, non è stato sollecitato sul piano di sviluppo delle fabbriche italiane dopo l' annuncio di inizio anno sulla revisione degli investimenti. Un chiarimento è dunque atteso i primi di marzo al Salone di Ginevra. Dall' ad è però arrivata la conferma che Fca è alla ricerca di partnership.

FCA - CHRYSLER

 

«In Europa - ha affermato - dobbiamo eliminare alcuni costi per essere più competitivi, senza dimenticare la questione delle economie di scala. Abbiamo già in atto alcune partnership (con Psa Groupe per i furgoni e Bmw nella guida autonoma, ndr): quello che vedremo nel prossimo decennio è un aumento di questi accordi per abbattere i costi. E vorrei trovare la migliore partnership per ogni particolare situazione».

 

john elkann presidente del gruppo fca

A questo punto, per Fca ci potrebbero essere accordi sui singoli marchi e nelle ragioni che allo stato dell' arte vedono il gruppo più in difficoltà: Europa e Asia. Confermate le prime novità del nuovo corso: all' inizio del 2020 saranno disponibili sia la Jeep Wrangler ibrida sia la Fiat 500 elettrica. La sfida più importante riguarda però il 2019, anno che nel quale Fca proporrà soprattutto restyling e serie speciali dell' attuale gamma. Il Salone di Ginevra sarà il primo banco di prova.

 

2 – FCA, LA DIFFICILE FINANZA D’IMPRESA SENZA PIÙ MARCHIONNE

marchionne

Paolo Bricco per www.ilsole24ore.com

 

Alla presentazione delle linee di sviluppo del 2019, il titolo di Fca è crollato e ha perso il 12,2% del suo valore. Oltre due miliardi di capitalizzazione sono andati persi. Il fornaio non c'è più. E il forno ha smesso di funzionare. Il fornaio è Sergio Marchionne. Il forno è la finanza di impresa della Fca. L'immagine venne adoperata per la prima volta dal manager italocanadese nel 2016: serviva a illustrare il delicato rapporto fra la finanza di impresa e il mercato, le risorse impiegate nella produzione e le risorse che arrivano dalle vendite e dal rapporto con le fonti di finanziamento.

 

Il forno, appunto, doveva ben funzionare, in un gruppo nato povero – perché frutto della fusione di una azienda semifallita come la Fiat del 2004 e di una impresa fallita come la Chrysler del 2009 – che ambiva a trovare una sua posizione autonoma, in particolare dopo la mancata fusione nel 2015 con la General Motors.

 

MIKE MANLEY JOHN ELKANN

In effetti, dal 2016 il forno ha iniziato a ben funzionare: e, grazie ad esso, poco alla volta si è realizzata – mese dopo mese, trimestre dopo trimestre - la strategia del raggiungimento di una posizione finanziaria netta industriale positiva: quello zero debiti – industriali, beninteso – la cui assenza, fino alla metà del 2018, aveva segnato negativamente il confronto di Fca con le altre case automobilistiche, tutte da tempo portatrici di una posizione finanziaria industriale ampiamente positiva.

SERGIO MARCHIONNE E DONALD TRUMP

 

A osservare la drastica flessione di Fca in Borsa, avvenuta appunto in concomitanza con la presentazione degli obiettivi aziendali per il 2019, viene in mente l'immagine del forno. Si, perché uno dei punti più deboli di uno scenario debole – per questo primo anno senza Marchionne – è rappresentato dal free cash flow netto industriale, stimato in 1,4 miliardi di euro. Nel 2018, questo indicatore era valso 4,4 miliardi di euro.

 

È vero che i vertici di Fca hanno annunciato – nella nota di accompagnamento – «maggiori investimenti ed esborsi per penali e altri costi in relazione alla definizione delle pendenze in materia di emissioni sul diesel negli Usa». Ma è altrettanto vero che una perdita secca di due terzi del cash flow netto industriale – e sottolineiamo industriale – costituisce un vulnus potenziale – una ferita – a un corpo manifatturiero che, in realtà, ha bisogno – avrà bisogno - di equilibrio e continuità – non di strappi e di ridimensionamenti – alla sua finanza di impresa.

 

SERGIO MARCHIONNE E JOHN ELKANN

Una finanza di impresa che, peraltro, è anche lo specchio di una tripartizione del gruppo: il Sud America, che ha non pochi problemi dopo essere stato per vent'anni – almeno fino alla Grande Crisi – il polmone che ha dato ossigeno ai suoi conti industriali e ai suoi bilanci consolidati; l'Europa, che è il grande punto interrogativo progettuale e reddituale, finanziario e commerciale; il Nord America, in cui i due perni finora solidi e di grande successo come Jeep e di Ram dovranno ora misurarsi con le incognite giuridico-finanziarie in merito alle emissioni. La finanza di impresa non è tutto. Ma, nella fisiologia di un gruppo industriale, è molto. Soprattutto quando questo gruppo industriale ha perso il suo demiurgo.

manley marchionne

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