GENTILONI FA BUON VISO A CATTIVO GIOCO – INCASSA LO SCHIAFFONE DA BOLLORE’ CON LA NOMINA DI GENISH, UN ISRAELIANO, COME AD DI TIM, MA RIMANDA DI 3 MESI LE SANZIONI ALLA COMPAGNIA E PUNTA AD UN POSTO COME GOVERNO NEL CDA DI SPARKLE: LA RETE SU CUI PASSANO DATI SENSIBILI DELL’INTELLIGENCE DI MEZZO MONDO. PURE QUELLI DEL MOSSAD
Alessandra Barbera per la Stampa
Per Palazzo Chigi la nomina di Amos Genish ai vertici di Telecom è importante per un dettaglio apparentemente secondario, e invece rilevante nella trattativa sul futuro della rete: la piena responsabilità a Giuseppe Recchi per le due attività sensibili del gruppo, Sparkle e Telsy. Il vicepresidente italiano aveva già l' incarico ad interim, perché del resto - così dice Palazzo Chigi - è la legge che impone di affidarlo ad un connazionale. Ma il governo aspettava l' ufficialità, soprattutto nel giorno in cui l' azionista di controllo Vivendi mette l' infrastruttura telefonica del Paese nelle mani di un manager che non è né francese, né italiano.
Non ci si faccia ingannare dalla notizia del giorno, ovvero la decisione del comitato strategico di Palazzo Chigi - dopo la Consob - di contestare a Vivendi la mancata notifica del controllo di fatto di Telecom: è un atto dovuto. Né bisogna dare troppo peso all' ulteriore iter di 90 giorni con cui l' Italia potrebbe (sulla carta) imporre a Vivendi una multa fino a 300 milioni di euro. Benché i due dossier viaggino da tempo su binari paralleli, l' accordo di Lione sui cantieri navali di Stx sta dissipando le interferenze Roma-Parigi sulle linee telefoniche.
Nei palazzi romani - fra Palazzo Chigi, ministero dello Sviluppo e Autorità per le comunicazioni - sono in pochi a credere che il governo si spingerà alle estreme conseguenze. La convinzione diffusa è che l' esercizio dei poteri speciali - il cosiddetto golden power - sull' azienda telefonica si stia allontanando. L' immagine di Gentiloni e Macron abbracciati davanti alla prefettura di Lione è troppo fresca per essere rovinata da quisquilie legali. Però il messaggio recapitato ai francesi è che una soluzione su Sparkle s' ha da trovare.
L' ipotesi di far acquisire allo Stato una quota della società che controlla i cavi sottomarini attraverso la Cassa depositi e prestiti resta in piedi, e del resto nel Pd (lo ha fatto di nuovo ieri Matteo Orfini) c' è chi lo invoca. Ma per Paolo Gentiloni - che gestisce il dossier in prima persona - l' obiettivo è anzitutto ottenere un paio di consiglieri di amministrazione di nomina pubblica, abbastanza per garantire al governo di avere un occhio vigile su quel che accade.
Sullo sfondo c' è l' idea di spingere per lo scorporo societario dell' attività Telecom dalla rete, ma nella consapevolezza che per i francesi non si tratta di una passeggiata. Per il patron di Vivendi Vincent Bolloré quel che conta è arrivare al dunque su ciò che è essenziale alla redditività Telecom: un accordo con Mediaset per fare dell' ex monopolista telefonico una grande media company europea.
Qui semmai l' ostacolo è il signor Berlusconi, e il suo ritrovato (e ingombrante per lui stesso) ruolo politico. Ma perché nell' epoca di Skype e Facebook è così essenziale per il governo mantenere il controllo dei cavi di Sparkle?
Per capirlo basta guardare la mappa delle reti che attraversano il Mediterraneo. Benché si tratti ormai solo di una delle tante, Sparkle resta un nodo strategico delle comunicazioni fra Continente europeo, sud ed est del mondo. Nel 2014 Le Monde raccontò - sulla base delle rivelazioni dell' ex funzionario Edward Snowden - che la National Security Agency americana usò un programma per avere l' accesso dei metadati che transitano dalle connessioni siciliane di Sparkle.
Quei cavi altro non sono che un pezzo del sistema linfatico che collega il mondo intero e nel quale transitano dati di ogni tipo. Basti qui un esempio: "SeaMeWe3" - una delle infrastrutture più lunghe - conta 39mila chilometri e collega la Germania all' Australia passando per Italia, Egitto, Indonesia, Cina e Taiwan. A Mazara del Vallo c' è per l' appunto il suo terminale "italiano". Ecco perché l' atto di ieri del comitato strategico - pur trattandosi di un pro forma - è anche l' ennesimo e amichevole avvertimento al signor Bolloré: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.