IL RESTO? METTETEVELO IN SACCOCCIA – IL GIAPPONE FA SCUOLA: BASTA MANCE NEI RISTORANTI USA…

Massimo Vincenzi per "La Repubblica"

Alla fine vince Mr Pink, ovvero Steve Buscemi che nelle Iene di Quentin Tarantino dice: «Io non do mance». Poi ancora più netto affinché non ci siano dubbi: «Io non ci credo nelle mance». I compagni di pranzo, benché tutti criminali, sono allibiti da tanta cattiveria: «Ma sai quanto prende una cameriera?».

Ma lui niente: «E allora perché non se ne va?». Uno dei più grandi dialoghi della storia del cinema ora diventa realtà: l'America sta pensando di togliere l'extra sul conto destinato ai lavoratori. Prima ancora di una novità economica, è una svolta culturale tanto che la notizia dopo aver corso sul web approda sulla prima pagina del New York Times, con tanto di speciale online dove il dibattito rivaleggia per passione con quello sulla guerra in Siria.

La valanga parte da un locale di Midtown a New York, Sushi Yasuda, il cui proprietario Scott Rosenberg viene folgorato da una considerazione lapalissiana: «In Giappone fanno così, perché non provarci anche noi?». Così da poco di più di un mese sul menu appare la scritta: "In questo ristorante il personale di servizio è pienamente ricompensato delle sue prestazioni grazie allo stipendio e dunque non è richiesta alcuna mancia".

Sembra un caso isolato, ma lentamente la moda avanza, fa proseliti: altri esercizi di Manhattan si adeguano, poi tocca a Chicago e San Francisco. "È come se ripudiassimo la torta di mele o il baseball", si indigna il blogger esperto di temi economici Len Penzo che aggiunge: «Questo sistema garantisce da sempre la qualità del servizio: la paga varia a seconda della prestazione del lavoratore. Mi sembra giusto».

Ma un critico gastronomico, Steven Shaw replica: «È un metodo medievale, non ha niente a che fare con il capitalismo. Deve essere il titolare a decidere le retribuzioni, lui conosce il valore dei suoi dipendenti non i clienti che sono soggetti agli umori di una sera».

Umori influenzati da mille fattori, tanto che negli Usa si moltiplicano libri che alimentano la mitologia sulle mance. L'ultimo bestseller è di Ty Batirbek-Wenzel, si intitola
Behind Bars e racconta la sua esperienza da cameriera: "La paga settimanale è di 30 dollari, gli extra sono il vero capitale, si arriva anche a 300 dollari a sera. Sul bancone dove lavoro c'è un barattolo di latta con la scritta: mancia o muori".

Gli aneddoti oscillano tra il divertente e il drammatico. I camerieri di lunga esperienza sanno quale parte del ristorante scegliere (i tavoli sono divisi in zone) e soprattutto imparano a riconoscere i tipi umani: "Vanno bene le coppie dove lui è molto più anziano di lei: garanzia di grande ricompensa a fine serata. Pessima idea servire gli anziani, ormai non hanno interesse a mostrarsi generosi". E se uno obietta che questo è quasi razzismo, le vecchie volpi dei ristoranti di New York replicano: «È buon senso».

Come spesso accade, la rivoluzione parte dal basso. Gli chef da qualche tempo sono vere e proprie star, non si accontentano di in cucina, comprano i locali dove lavorano, scrivono libri e brillano in tv. Da Anthony Bourdain a Mario Batali sono industrie che fatturano milioni di dollari: l'accusa è non aver diviso la ricchezza con i loro dipendenti ancora inchiodati alla fluttuante generosità dei clienti. Sono arrivate proteste e critiche feroci, da qui il cambio di passo.

«Tutti ci guardano, dobbiamo anche dare il buon esempio», dice Tom Colicchio, altra star della gastronomia americana. E adesso sono in molti a chiedere che una legge regoli la materia: «Anche perché in questa rivoluzione sono coinvolti solo ristoranti di lusso, mentre il problema del salario minimo riguarda i lavoratori della fascia più bassa», spiega un'esperta al New York Times.

Ma non tutti i camerieri sono d'accordo. Basta leggere Ty Batirbek-Wenzel: "Io con quei soldi extra mi sono pagata il cibo, l'assistenza sanitaria e l'affitto. Soprattutto mi sono conquistata, dopo dieci ore di lavoro a scansare l'idiozia di clienti ubriachi, la pace della mente: e quella non ha prezzo. Guai a chi mi tocca la mancia".

 

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