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GIUSTIZIA A BABBO MORTO - PERSE LE COMMESSE IN INDIA (560 MILIONI), E DOPO 80 GIORNI DI CARCERE PREVENTIVO, GIUSEPPE ORSI VIENE ASSOLTO PER LE TANGENTI SUGLI ELICOTTERI - “FU IL PM WOODCOCK AD AVVIARE L’ATTACCO AL COLOSSO”
Luca Fazzo per “il Giornale”
Tutti assolti, «il fatto non sussiste». Ieri il tribunale di Busto Arsizio stabilisce che non c'è mezza prova che Finmeccanica abbia conquistato a suon di tangenti gli appalti per vendere in India i suoi elicotteri. Due anni di manette e di rivelazioni eclatanti si sgonfiano nei pochi minuti che bastano al giudice Luisa Bovitutti per leggere la sentenza. Nessuna «corruzione internazionale». L'inchiesta che portò il pm napoletano Henry Woodcock a decapitare il colosso industriale di Stato era basata sul nulla.
Giuseppe Orsi, ex presidente e ad di Finmeccanica, viene condannato solo per fatture false, accusato di avere messo a bilancio come consulenze i soldi versati a un lobbista svizzero, tale Haschke: due anni con la condizionale per Orsi, e altrettanti per il suo omologo in Agusta Westland, Bruno Spagnolini. Ma del passo successivo teorizzato dalla accusa, l'approdo di quattordici milioni nelle tasche del clan di Sashi Tiagy, ex capo di stato maggiore dell'aeronautica indiana, i giudici non hanno trovato traccia nelle pur sterminate carte del processo.
E a botta calda un uomo generalmente pacato come Ennio Amodio, difensore di Orsi, riassume così questa storia: «È sorprendente che gli inquirenti abbiano potuto chiedere ed ottenere misure cautelari basate sul nulla, decapitando due grandi imprese e facendole precipitare nell'abisso delle black list internazionali: fino a quando il Paese dovrà tollerare i guasti delle approssimazioni investigative delle Procure?».
L'inchiesta era partita a vele spiegate sull'onda delle pirotecniche dichiarazioni di Lorenzo Borgogni, già portavoce di Finmeccanica, che parlava di tangenti al governo indiano per piazzare dodici elicotteri AW101 al prezzo di 560 milioni. Da Napoli l'inchiesta approda a Busto Arsizio, nelle mani del pm Eugenio Fusco che prende di buzzo le carte mandate da Woodcock, al punto da spedire in galera Orsi, che fino a quel momento era rimasto a piede libero.
Nel frattempo nel mondo succede di tutto, gli indiani ne approfittano per sospendere il pagamento degli elicotteri, la magistratura inglese apre un fascicolo, quella americana anche, il fatto che gli italiani si siano fatti beccare con le mani nella marmellata sollazza la community dei mercanti d'armi. Il governo indiano si costituisce parte civile. Finisce in galera, prima in Italia e poi in Svizzera, anche il mediatore Hashke, che si toglie dai guai patteggiando: ma spiega ai pm che lui di stecche in India non ne ha mai girate, tanto meno al maresciallo Tiagy, da tempo in pensione e fuori dai giochi.
Ma la Procura di Busto va avanti per la sua strada, nonostante questi scricchiolii. In aula il pm Fusco chiede la condanna di Orsi e Spagnolini rispettivamente a sei e a cinque anni. Gli scricchioli si fanno fragorosi prima dell'estate, quando Finmeccanica, anch'essa indagata come soggetto giuridico, viene prosciolta da tutte le accuse. Agusta invece (con una decisione che col senno di oggi può apparire frettolosa) sceglie di uscire di scena subendo la confisca di sette milioni e mezzo. Ma la possibilità che anche il processo ai due ex manager finisca in nulla comincia a salire nelle quotazioni dei bookmaker internazionali.
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Ieri, bastano poche ore di camera di consiglio al tribunale per tirare le somme, e non sono conclusioni destinate a scivolare via senza polemiche: perché anche questo processo, come quelli ad Eni, si è mosso sul terreno delicato dei grandi appalti statali in giro per il mondo, dove interessi strategici, lobby, tangenti e millanterie si mischiano in modo inestricabile. Davanti alle accuse di Borgogni era probabilmente difficile fare finta di niente, ma quello che - secondo i difensori e ora secondo i giudici - è emerso nel processo è la assenza di riscontri.
La Procura può vantare di avere portato a casa un risultato economicamente soddisfacente, visto che ai 7,5 milioni confiscati ad Agusta Westland ieri se ne aggiungono altri 3 e mezzo di risarcimento alle agenzie delle Entrate. Ma per un'azienda strategica come Finmeccanica sono stati anni di sofferenza, la cui fine viene festeggiata ieri dal nuovo capo, Mauro Moretti, in modo assai concreto: «Adesso vogliamo tornare a fare affari con l'India».